Macron ha rinunciato a combattere il radicalismo

1 novembre 2020. Didier Lemaire, un insegnante liceale che insegna a Trappes, una cittadina a ovest di Parigi, ha pubblicato una lettera aperta nella rivista di Sinistra Le Nouvel Observateur, in cui parlava dell’omicidio di Samuel Paty, un altro insegnante, selvaggiamente decapitato due settimane prima da un estremista musulmano. Lemaire ha denunciato la sottomissione delle autorità francesi all’intimidazione religiosa e l’impossibilità per il sistema scolastico francese di essere in grado di trasmettere qualsiasi conoscenza reale della storia o di fornire agli studenti i mezzi intellettuali per pensare liberamente. Inoltre, Lemaire ha affermato che in pochi anni la situazione nella città in cui ha insegnato è notevolmente deteriorata. Nella lettera aperta si legge: “L’anno in cui sono arrivato al liceo dove insegno, la sinagoga della città era appena stata incendiata e le famiglie ebree erano state costrette ad andarsene. Dopo gli attacchi del 2015 e del 2016 in Francia, mi sono impegnato in azioni di prevenzione. (...) Nel 2018, vedendo che i miei sforzi si sono scontrati con forze molto più potenti di me, ho scritto al Presidente della Repubblica per chiedergli di intervenire tempestivamente per proteggere i nostri studenti dalla pressione ideologica e sociale esercitata su di loro, una pressione che li allontana gradualmente dalla comunità nazionale. Purtroppo, però, non è stata intrapresa alcuna azione (...)

“A Trappes ci sono circa 400 persone radicalizzate, schedate con una fiche S [pericolosi per la sicurezza dello Stato] che vagano liberamente. (...) Migliaia di ideologi sono al lavoro (...) incoraggiando un sentimento di vittimismo [al fine] di incitare all’odio. Questi ideologi non sono affatto ‘separatisti’: non vogliono limitarsi ad allontanare la gente dai territori nazionali, vogliono distruggere la Repubblica, la democrazia e il sistema scolastico. (...) La loro strategia è quella di evitare una guerra frontale e moltiplicare gli atti di terrore per logorare il nemico. (...) Neutralizzano la consapevolezza del pericolo utilizzando la cattiva coscienza dei ‘progressisti’ e parlando di ‘razzismo’, ‘ingiustizia’ o di ‘violenza della polizia’. (...) Vogliono ridurre le donne in schiavitù. S’infiltrano nelle scuole, nelle università, nella sfera politica locale e nazionale, diffondendo ovunque (...) l’ingiunzione di ‘accettare la differenza dell’altro’. Paralizzano la volontà di rispondere agli omicidi se non con parole, candele e fiori...

“Siamo all’inizio di una guerra del terrore che si amplierà perché gran parte dei nostri concittadini preferisce non vedere che è il nostro patrimonio a essere minacciato. Se fossero disposti a vedere cosa sta succedendo, dovrebbero combattere con coraggio. Questo coraggio, Samuel Paty l’ha avuto. Senza dubbio, perché amava la nostra eredità. Ma non è stato protetto dalle istituzioni, che hanno sottovalutato la minaccia, come fanno i nostri rappresentanti politici e la maggioranza dei nostri cittadini”.

Sebbene la lettera non abbia ricevuto alcuna reazione da parte delle autorità francesi, Lemaire, subito dopo la pubblicazione, ha ricevuto però minacce di morte. È stato altresì contestato in modo aggressivo dalle persone per strada che gli hanno detto che avrebbe subito la stessa sorte di Paty. Quando il ministro dell’Interno lo ha messo sotto protezione della polizia, Lemaire è stato duramente criticato dalla divisione amministrativa, accusandolo di creare disordini. “È irresponsabile”, hanno detto. “Getta benzina sul fuoco.” Gli altri insegnanti del liceo dove ha insegnato lo hanno accusato di voler attirare l’attenzione, mettendoli così in pericolo. Il sindaco della città, Ali Rabeh, membro di un partito di estrema Sinistra, Génération.s, lo ha accusato di aver infangato la città e ha intentato una causa per diffamazione contro di lui. Lemaire ha deciso di licenziarsi.

Numerosi insegnanti in Francia si trovano nella stessa situazione. Anche se alcuni osano parlarne, chiedono di mantenere l’anonimato quando parlano con i giornalisti. Senza dubbio, sono terrorizzati: lo stato d’animo che presumibilmente le decapitazioni dovrebbero creare. Ci sono anche insegnanti che, forse perché impauriti, scelgono di chinare il capo, di rinunciare a insegnare certi argomenti e – quando gli studenti gridano insulti antisemiti e anti-occidentali – preferiscono agire come se non li sentissero. Nella maggior parte delle scuole superiori francesi, è diventato quasi impossibile parlare di Israele o della Shoah.

La maggior parte dei giornalisti sembra voler evitare ogni discussione sull’avanzata dell’Islam radicale in Francia. Sanno che coloro che lo fanno vengono subito definiti “razzisti” o “islamofobi“ e vengono spesso minacciati, perseguiti, condannati a pagare pesanti multe o licenziati dal loro posto di lavoro.

I leader politici, sia di Destra sia di Sinistra, forse per una cecità intenzionale o perché si preoccupano dei voti elettorali, evitano l’argomento.

Éric Zemmour, uno dei pochi giornalisti in Francia che ancora parla liberamente del problema, viene portato in tribunale almeno una volta all’anno. Le multe che gli vengono inflitte arrivano ogni volta a 10.000 euro (11.800 dollari). Nonostante i numerosi appelli a licenziarlo, il canale televisivo CNews continua a concedergli ammirevolmente una piattaforma quotidiana. Qualche settimana fa, il Conseil supérieur de l’audiovisuel (Csa), un’istituzione preposta a regolamentare e controllare le comunicazioni su radio e televisioni in Francia, ha multato CNews di 200.000 euro (238.000 dollari). Ad esempio, quando un uomo inizialmente chiamato Ali H., 18 anni, e che godeva dello status di “minore straniero non accompagnato” – che poi si è rivelato avere 25 anni e si chiamava Zaheer Hassan Mehmood – attaccò con una mannaia due persone davanti agli ex uffici della rivista satirica Charlie Hebdo, Zemmour disse: “Ogni anno la Francia accoglie senza controlli sul suo territorio migliaia di persone provenienti dal mondo musulmano che dovrebbero essere minori isolati, e che non sono né minori né isolati, e spesso commettono rapine e omicidi”.

Sebbene quanto affermato da Zemmour fosse accurato e verificabile, il Csa ha dichiarato che esporre certi fatti costituisce un “incitamento all’odio razziale”.

Solo un partito politico osa parlare chiaramente dei pericoli derivanti dall’islamizzazione della Francia e dall’Islam radicale, e questo partito è Rassemblement National (Rn). Anche la sua presidente, Marine Le Pen, viene spesso convocata dai giudici e condannata. Nel 2015, un giornalista francese paragonò Rn allo Stato Islamico. La Le Pen rispose postando su Twitter due foto di crimini commessi dallo Stato Islamico e aggiunse: “Questo è lo Stato Islamico”. Il 10 febbraio scorso, la leader del Rassemblement National è dovuta comparire dinanzi a un tribunale per rispondere a una denuncia presentata contro di lei dal Ministero della Giustizia francese per “diffusione di messaggi violenti che ledono gravemente la dignità umana, che potrebbero essere visti da un minore”. In aula, il giudice ha chiesto a Marine Le Pen in tono accusatorio: “Ritiene che queste foto ledano la dignità umana?” La leader di RN ha replicato: “È il crimine che lede la dignità umana e non la sua riproduzione fotografica”.

La Francia è il principale Paese musulmano in Europa (ufficialmente, l’8,8 per cento della sua popolazione è musulmana). L’Islam è la seconda religione in Francia, ma viene considerata la prima, se si conta il numero di praticanti attivi. Le chiese sono spesso vuote e il numero dei fedeli sta diminuendo (dal 2000, 45 chiese in Francia sono state rase al suolo). Le moschee, invece, sono piene e più numerose. Il numero di musulmani che vogliono praticare l’Islam è così elevato che in diverse città, ogni venerdì pomeriggio i musulmani pregano in strada e bloccano il traffico durante l’orario di preghiera, mentre la polizia non osa intervenire.

La Francia è anche una nazione in cui più di 150 moschee sparse in tutto il Paese ospitano imam che pronunciano sermoni estremamente radicali e invitano all’azione contro l’Occidente. Il numero di giovani musulmani sotto i 25 anni che antepongono la legge islamica a quella francese continua a crescere e ha raggiunto il 74 per cento. Durante l’ultimo decennio, gli islamisti che hanno perpetrato attacchi mortali in Francia erano per lo più musulmani nati in Francia. Questo valeva per Mohammed Merah, il quale, nel 2012, uccise soldati e bambini ebrei a Tolosa; per Said e Cherif Kouachi, i quali, nel 2015, massacrarono dodici persone nella sede della rivista Charlie Hebdo; per Amedy Coulibaly, autore di un attacco letale in un supermercato di Saint Mande, pochi giorni dopo l’attentato alla sede di Charlie Hebdo, e per Samy Amimour, uno dei tre terroristi che trucidarono 90 persone nel novembre 2015 al teatro Bataclan. Ciò rende l’Islam radicale e il terrorismo islamico un problema francese.

Un’ampia maggioranza, il 61 per cento della popolazione francese è consapevole che la società francese deve affrontare un problema grave e crescente, e considera l’Islam incompatibile con i valori francesi.

Il programma televisivo quotidiano di Zemmour, nonostante le multe, sta battendo tutti i record di audience da più di un anno. Quando la rivista Valeurs Actuelles ha pubblicato un sondaggio condotto per vedere quante persone avrebbero votato per Zemmour, se lui avesse deciso di candidarsi alle prossime elezioni presidenziali francesi, è emerso che il giornalista francese avrebbe ottenuto il 17 per cento delle preferenze.

I sondaggi indicano che la Le Pen, che è ufficialmente una candidata, otterrebbe più del 26 per cento dei voti e sarebbe al primo posto dopo il primo turno delle elezioni presidenziali del 2022, davanti all’attuale presidente francese Emmanuel Macron. Al secondo turno, Macron, sempre secondo i sondaggi, potrebbe vincere, ma con un piccolo margine. Nell’entourage del presidente francese crescono le preoccupazioni. Nel 2017, Macron utilizzò la paura del “fascismo” per spingere i francesi a non votare per Marine Le Pen, ma vari sondaggi mostrano che questa strategia potrebbe non funzionare più.

Prima della pandemia di coronavirus, molti in Francia avevano bocciato Macron. Aveva espresso osservazioni sprezzanti nei confronti dei meno privilegiati. Aveva violentemente represso la rivolta dei “gilet gialli”. Un lungo sciopero dei trasporti pubblici aveva bloccato il Paese poco prima che il governo francese imponesse un rigoroso lockdown, paralizzando completamente l’economia del Paese per diverse settimane. Per mesi, è stato imposto all’intera popolazione francese un coprifuoco, dalle 19 alle 6 del mattino. A più di un anno dall’inizio della pandemia, è stato nuovamente decretato un lockdown rigido. Dal 17 marzo 2020, più di un anno fa, è stato vietato qualsiasi assembramento di più di sei persone. I bar, i ristoranti e la maggior parte dei negozi rimangono chiusi. Le conseguenze economiche sono state catastrofiche: nel 2020, l’economia francese ha subito una contrazione di oltre l’8 per cento, uno dei dati peggiori in Europa.

Il disappunto espresso dai cittadini nei confronti di Macron resta alto: il 60 per cento dei francesi si dice insoddisfatto o molto insoddisfatto di come governa il Paese.

Per mesi, Macron ha cercato una soluzione. Può vedere che il successo di Marine Le Pen deriva dalle posizioni ferme da lei assunte di fronte al pericolo islamico. E così Macron ha deciso di agire. Dopo aver parlato più volte, lo scorso anno, della creazione di un “Islam di Francia”, ha annunciato che avrebbe preso di mira quello che ha definito il “separatismo islamista“. Con tale espressione, il presidente francese sembrava voler dire che sempre più musulmani francesi rispettano solo le leggi islamiche e vivono in quartieri che i non musulmani hanno abbandonato, pertanto, ora queste zone sono soggette a regole islamiche. Il 2 ottobre 2020, Macron ha dichiarato che presto sarebbe stata approvata una legge per risolvere il problema.

Macron e il governo francese si sono rapidamente scontrati con vari leader del mondo musulmano che hanno boicottato i prodotti francesi. In Turchia, sono state organizzate manifestazioni di protesta contro la Francia, e le immagini di Macron sono state bruciate. Il ministro degli Esteri francese, Jean-Yves Le Drian, è stato immediatamente inviato in Egitto per incontrare il grande imam dell’Università al-Azhar, Ahmed al-Tayyeb, e a novembre il ministro francese ha detto pubblicamente che “la Francia ha un profondo rispetto per l’Islam”.

Ai redattori della nuova legge è stato chiesto di prestare la massima attenzione. Nel dicembre 2020, una prima bozza del testo è stata presentata al Parlamento francese. Organizzazioni musulmane e movimenti antirazzisti hanno definito il testo “islamofobico“. Da allora la legge è stata quasi interamente riscritta e svuotata di sostanza.

L’espressione “separatismo islamico”, che sembrava comunque ambigua, è scomparsa dal testo, ed è scomparso anche ogni accenno all’Islam e “all’islamismo”. Molti islamisti, come documentato dal sociologo Bernard Rougier nel suo recente libroLes territoires conquis de l’islamisme – e da coloro con cui ha parlato e che sono aperti riguardo ai loro obiettivi – sembrano non voler “separare”, quanto piuttosto desiderano impadronirsi di più territorio e controllare un maggior numero di non musulmani.

Anche la parola “laicità”, originariamente contenuta nella proposta di legge, è stata eliminata. Piuttosto, come recita la nuova versione, una “legge che conferma i principi della Repubblica“. In altre parole, la nuova legge afferma principi già sanciti nelle leggi esistenti: i servizi governativi devono essere neutrali dal punto di vista religioso e la poligamia e i matrimoni forzati in Francia sono proibiti. La nuova legge promette sanzioni contro l’incitamento all’odio sui social media, anche se una legge approvata sei mesi fa lo aveva già promesso. La nuova legge vieta altresì l’istruzione domiciliare, praticata da pochi musulmani, ma da numerosi cristiani.

Non appena la legge è stata approvata, Zemmour ha dichiarato che Macron aveva rinunciato a combattere l’Islam radicale e che la legge era “stata concepita per non turbare o minacciare nessuno, per non identificare l’avversario e per non dire che l’Islam costituisce un problema perché è tanto una religione quanto un progetto giuridico e politico”. La legge, ha aggiunto Zemmour su Le Figaro, non “affronta la realtà”.

“Questa”, ha ribadito Marine Le Pen, “è una legge del tutto inefficace che mina la libertà di tutti i genitori di scegliere l’educazione da fornire ai propri figli, e che dimostra che il governo è incapace di attaccare coloro che combattono la Repubblica francese”.

Insieme alla presentazione della legge, Frédérique Vidal, ministro francese dell’Istruzione Superiore, ha chiesto di avviare un’indagine su “l’islamo-gauchisme” nelle università francesi. Le sue osservazioni hanno suscitato aspre critiche e hanno portato a una petizione firmata da seicento professori universitari che la accusavano di usare un “vocabolario di estrema Destra” e di “diffamare una professione”. Macron ha sostenuto la petizione e ha affermato la sua “adesione assoluta all’indipendenza dei professori e dei ricercatori”. La Vidal ha protestato dicendo che lei voleva soltanto “verificare tutte le ricerche che si svolgono nel Paese”. Il dibattito sul sostegno che molteplici organizzazioni di Sinistra stanno offrendo all’Islam radicale – e la crescente presenza di questo sostegno in seno alle università francesi – si è concluso prima di iniziare.

Dopo la decapitazione di Paty è stata chiusa una sola moschea: la Grande Moschea di Pantin, nella periferia nord di Parigi. La sua chiusura è durata solo tre mesi. Inoltre, è stata sciolta un’associazione islamica radicale: Baraka City. Ci sono, tuttavia, molte altre associazioni islamiche radicali in Francia e non vengono toccate. La principale organizzazione musulmana in Francia continua ad essere Musulmans de France (ex Union des Organisations Islamiques de France), che è il ramo francese dei Fratelli Musulmani. Musulmans de France gestisce l’unica scuola francese che forma imam: “l’Institut Européen des Sciences Humaines”, a Saint Leger-de-Fougeret, un piccolo villaggio della Borgogna.

A Strasburgo, un’organizzazione turca, Millî Görüş (che in turco sta per “Visione nazionale”) – un’organizzazione vicina al Partito turco al potere dell’Akp e al presidente turco Recep Tayyip Erdogan – sta costruendo quella che sarà la più grande moschea d’Europa. Il consiglio comunale di Strasburgo ha erogato 2,5 milioni di euro (2,94 milioni di dollari) per i lavori di costruzione (il costo complessivo ammonterà a 32 milioni di euro, 37,6 milioni di dollari). Nel gennaio scorso, il Conseil Français du Culte Musulman (Cfcm), un’istituzione creata nel 1989 per rappresentare i musulmani francesi, ha chiesto alle nove organizzazioni di cui è composta, di firmare una “carta dell’Islam di Francia“. La carta prevede che “nessun credo religioso può essere invocato per sottrarsi agli obblighi civici”. Quattro organizzazioni, tra cui Millî Görüş, hanno rifiutato di firmarla. Diversi anni fa, l’Union des Organisations Islamiques de France aveva lasciato il Conseil Français du Culte Musulman e quindi non ha nemmeno firmato la carta.

Il ministro dell’Interno Gerald Darmanin ha dichiarato che la costruzione della moschea di Strasburgo costituisce “un’interferenza straniera” in Francia e che, sebbene fosse contrario alla decisione della città di Strasburgo di finanziarla, lui non aveva gli “strumenti giuridici“ per impedire la decisione o la costruzione. Non ha criticato Millî Görüş. Il 26 gennaio scorso, ha annunciato più fermamente la decisione di mettere al bando un’associazione – Génération Identitaire – che combatte con mezzi pacifici l’avanzata dell’Islam radicale in Francia. Darman ha affermato che l’associazione “mina la Repubblica”.

Un anno fa, Bruno Retailleau, membro del Senato francese, aveva già avvertito che il numero in rapida crescita di islamisti in seno a una popolazione musulmana con una rapida espansione demografica implica che la Francia sta “perdendo la lotta contro l’islamismo. Presto,” ha ammonito, “sarà troppo tardi”.

L’editorialista Ivan Rioufol ha scritto: “La colpa di Génération Identitaire: denunciare, con azioni non violente, l’ascesa dell’islamismo in Francia e l’incremento dell’immigrazione non controllata. (...) La criminalizzazione del pensiero dissidente è qualcosa che non dovrebbe avere il suo posto in una democrazia avanzata. Sono rari coloro che protestano contro il muro di silenzio che proibisce di affrontare serenamente questioni legate all’Islam e all’immigrazione. Decidendo di interdire Génération Identitaire, Darmanin vuole mettere a tacere le voci dissonanti accusandole di razzismo. L’arma risulta ancor più intellettualmente disonesta dal momento che il ministro dell’Interno non osa indicare l’Islam politico come un vero pericolo”.

Il 22 marzo, il quotidiano Le Monde ha pubblicato un editoriale in cui si afferma che la questione dell’Islam sarà probabilmente al centro delle elezioni presidenziali del 2022 e che Marine Le Pen ha buone possibilità di vincere: “Quattordici mesi prima delle prossime elezioni presidenziali del 2022, (...) l’ipotesi è che (...) Marine Le Pen, sarà presente al secondo turno elettorale e che colui che l’affronterà non avrà la vittoria garantita”. 

(*) Tratto dal Gatestone Institute

Traduzione a cura di Angelita La Spada

Aggiornato il 28 aprile 2021 alle ore 09:42