Tunisia: una lotta per la libertà di stampa

Il ruolo della stampa è notoriamente determinante nel forgiare l’opinione pubblica, soprattutto in periodi storici come quello che stiamo vivendo, dove molta parte della società ignora il concetto di critica e di analisi, immersa come è nel dogmatismo più profondo. In alcuni sistemi politici, o regimi, dove la stampa è maggiormente canalizzabile, il condizionamento informativo acquisisce ancora maggiore peso, soprattutto se “l’agenzia di stampa ufficiale” è guidata da personaggi notoriamente legati ad un “potere”. Ciò si è verificato, e ha destato (e desta) notevole preoccupazione, nella vicina Tunisia, quando il capo del Governo, Hichem Mechichi, ha nominato Kamel Ben Younes a capo dell’Agenzia di stampa tunisina (Tap).

L’investitura di Ben Younes a Ceo (Chief executive officer) della Tap (Tunis afrique presse), avvenuta il 6 aprile, ha dato inizio ad una serie di proteste che hanno alzato i livelli di tensione nel Paese. Ben Younes appartiene ad una cerchia di professionisti, che orbitano intorno ai circoli dell’ex presidente Zine El-Abidine Ben Ali e che hanno mantenuto un ruolo anche dopo la sua cacciata, avvenuta nel 2011. Tali personaggi raccolgono ancora un consenso, non tanto per essere nostalgici del vecchio regime, ma come figure inserite, con varie modalità, nel contesto sociale tunisino.

Un aspetto degno di riflessione lo ha espresso il caporedattore del servizio multimediale della Tap, Mustapha Fradi, il quale durante la manifestazione di protesta di giovedì 15, davanti ai locali dell’Agenzia di stampa ufficiale, ha dichiarato: “In venticinque anni di carriera, non avevo mai visto gli agenti di polizia caricare e maltrattare i giornalisti davanti al proprio posto di lavoro”. Le violenze sono esplose quando, in due occasioni, un centinaio di giornalisti hanno tentato di impedire a Ben Younes di entrare nella sede dell’Agenzia; per risposta, la polizia ha aperto un varco con la forza, permettendo al nuovo capo di prendere possesso delle redini dello strategico servizio.

Al di là del fatto di cronaca, è indicativa la percezione del rischio che l’indipendenza dell’informazione in Tunisia, acquisita a caro prezzo con la rivoluzione del 2011, possa perdersi in subdole operazioni supportate dal “fattore politico”. È noto che il giornalista 64enne Kamel Ben Younes sia stato vicino al regime di Ben Ali, ma ancora più preoccupante, per la ancora libera stampa tunisina, è che sia vicino al partito islamista Ennahda. Ben Younes è stato negli anni Ottanta un attivista inserito in un sindacato studentesco con inclinazioni ideologiche islamiste. Inoltre risulta che avesse trascorso un periodo, sembra alcuni anni, anche in prigione. L’avvicinamento al regime di Ben Ali “sdoganò” la sua persona, ricostruendogli un profilo filo-governativo.

È su questi trascorsi che sono nate le maggiori perplessità e preoccupazioni da parte dei giornalisti tunisini; e come sostiene anche Nedra Boukesra, giornalista della Tap, “l’operazione Ben Younes” si è configurata come una nomina puramente faziosa che rivela la volontà di controllo del partito islamista di Ennahda e del governo sui media. Tuttavia, nonostante le proteste, il capo del governo, Hichem Mechichi, aveva confermato che non avrebbe revocato la nomina di Ben Younes, ribadendo che l’indipendenza della linea editoriale dell’agenzia è solo di responsabilità dei suoi 150 giornalisti. Sulla stessa linea i rappresentanti di Ennahda, che hanno respinto le accuse di “controllo della stampa” spiegando che il partito non ha influenzato il Governo nella nomina del nuovo Ceo.

L’agitazione di un potere forte come quello della “stampa” non ha lasciato indifferente il protagonista. Infatti il quotidiano in lingua araba Assabah lunedì 19 aprile ha comunicato che, solo dopo quattordici giorni dalla sua nomina a Ceo dell’agenzia Tunis Afrique Presse, Kamel Ben Younes ha rassegnato le sue dimissioni al capo del governo. L’informazione è stata poi confermata dal consigliere per la comunicazione del capo del governo, Mofdi Mseddi, durante una puntata del Midi Show trasmessa su Mosaïque Fm, che è la principale stazione radio privata della Tunisia.

Ben Younes ha espresso il suo rammarico per essere stato il bersaglio di una campagna di demonizzazione, riservandosi il diritto di avviare azioni legali contro coloro che hanno tentato di infrangere il suo onore, la sua credibilità professionale, la sua indipendenza e integrità. Il giornalista ha espresso la volontà di evitare di impegnarsi in liti politiche. Ha anche sottolineato che la gestione della Tap richiede un piano di riforma globale, in cui dovranno essere coinvolti amministratori, specialisti in gestione, giornalisti ed esperti, nel massimo rispetto della professione. Infine, il giornalista, negando l’appartenenza ad un partito politico, ha sostenuto che “il lavoro giornalistico richiede indipendenza ed è incompatibile con una fedeltà parziale o politica”.

Un gesto, quello di dimettersi, sconosciuto in contesti sociali dove, in teoria, la “stampa” è più libera e la politica meno oppressiva. Un fatto che tuttavia sorprende, perché avvento in un Paese giudicato dalle nazioni dell’altra sponda, dove le dimissioni da incarichi governativi o para-governativi non sono applicate in nessun caso, tendenzialmente liberticida.

Aggiornato il 26 aprile 2021 alle ore 10:08