La “questione” libica si colloca all’interno della più complessa “seconda Questione d’Oriente”, così da me definita perché scaturita dalla volontà, soprattutto statunitense, di “resettare” quanto i vincitori della Prima guerra mondiale avevano stabilito riguardo alle spoglie dell’ex Impero Ottomano.

Dal due agosto del 1990 (l’Iraq invade il Kuwait) inizia un processo che porterà nel 2003 alla deposizione di Saddam Hussein. Le accuse al “tiranno”, basate su una ormai innegabile menzogna, portarono l’Iraq in un baratro da cui ancora non è uscito; come la deposizione di Muammar Gheddafi ha portato la Libia in un baratro dal quale ancora non ne è venuta fuori. L’auspicato, “riassetto globale” del Vicino oriente, e parte del Nord Africa, non solo obiettivo principale voluto dagli attori della geopolitica, ma anche da alcune “comparse”, si sarebbe compiuto solo se la Siria di Bashar al-Assad avesse ceduto, congiuntura che non si è verificata, potendo così mantenere almeno un punto fermo in un’area geografica ora estremamente fragile.     

Aggiornato il 22 aprile 2021 alle ore 10:56