Come sappiamo le informazioni sui media spesso seguono le correnti indicate dalla “politica dominante” e questo si verifica soprattutto quando è necessario preparare un popolo a “digerire” una scelta. Sabato 17 aprile il giornalista di nazionalità egiziana, Moataz Matar, che conduce un programma popolare denominato “With Moataz” sul canale televisivo “liberale” turco El-Sharq, noto per le sue critiche esplicite al regime del presidente egiziano Abdel Fattah al-Sisi, ha annunciato che si sarebbe posto in “congedo illimitato”. Tale dichiarazione è scaturita dopo che i responsabili della strategia comunicativa di Ankara hanno chiesto/ordinato ai media che si occupano delle questioni egiziane, operanti in Turchia, di moderare i giudizi su ciò che accade in Egitto.

Ricordo che le relazioni tra i due Paesi si erano drasticamente deteriorate nel 2013, dopo la destituzione operata dai militari guidati dal generale al-Sisi di Mohamed Morsi che era stato eletto presidente. Morsi era sostento dai Fratelli Musulmani e dalla Turchia. La sua deposizione ha portato un gran numero di sostenitori dell’opposizione egiziana dei Fratelli Musulmani a rifugiarsi in Turchia, dove hanno potuto fare apertamente una politica di critica alle attuali autorità egiziane.

Così il ministro degli Esteri turco, Mevlut Cavusoglu, mercoledì scorso sul canale turco Ntv ha affermato che le relazioni tra Turchia ed Egitto sono entrate in una “nuova era di distensione”, dopo 8 anni particolarmente tesi. Pertanto, le relazioni diplomatiche, da tempo interrotte, sono state riprese su iniziativa di Ankara, che ora conduce un’operazione di “seduzione diplomatica” per riaprire i contatti con il Cairo. Secondo Cavusoglu, resta da decidere la nomina di un ambasciatore turco in Egitto, ma è già previsto un incontro bilaterale a livello di viceministri e diplomatici, non fornendo tuttavia data certe su un eventuale vertice. Alla domanda postagli da un intervistatore sulla possibilità di organizzare visite reciproche di funzionari tra i due Paesi, Cavusoglu ha risposto: “Perché no?”.

Da parte sua l’Egitto conferma l’esistenza di contatti con la Turchia e pone le condizioni per avviare le nuove relazioni. Il quotidiano pubblicato in Egitto, Akhbar Al-Youm, citando una dichiarazione del ministro degli Esteri egiziano, Sameh Shoukry, riporta che il ministro ha confermato l’esistenza di contatti diplomatici con la Turchia, ma ha aggiunto che “le parole da sole non bastano” per ripristinare pieni rapporti tra i due Paesi, aggiungendo: “Se troviamo che c’è un cambiamento nella politica, nell’approccio e negli obiettivi turchi per essere in linea con le politiche egiziane e con ciò che ripristina le normali relazioni a beneficio della regione, questo potrebbe essere un motivo per ristabilire le condizioni normali”.

Ma quali sono le condizioni che il Cairo pone per migliorare i rapporti tra le due potenze regionali? I due potenti Paesi hanno, oltre che una diversità di “rapporti” con i Fratelli Musulmani, che per quanto riguarda l’Egitto non è solo una questione politica, ma di “ordine pubblico”, anche altri “dossier” aperti: tra questi la “questione” libica, dove la Turchia ha sostenuto il governo di Tripoli, mentre l’Egitto e gli Emirati hanno sostenuto il Governo cirenaico di Khalifa Haftar. Intorno alla questione libica ovviamente non c’era solo uno schieramento politico, ma tutto quell’indotto legato alla annosa guerra civile, che vede nel contrabbando globale il punto più critico. Inoltre, l’area del Mediterraneo orientale, dove gli accordi tra Tripoli ed Ankara hanno causato tensioni internazionali, è un altro delicato tema sul piatto dei negoziati, in quanto la Turchia, che ha occupato a scopo estrattivo “acque” non sotto la propria sovranità, subisce un isolamento diplomatico da parte dei Paesi rivieraschi che si accordano sullo sfruttamento di questa area marittima.

Tuttavia, la riconciliazione tra i due Paesi non sembra facile, ricordando le dure dichiarazioni rilasciate negli ultimi anni da Ankara nei riguardi del governo egiziano, ma soprattutto perché l’Egitto è nelle condizioni di imporre un “aut aut” sulla questione libica. In breve, o Recep Tayyip Erdogan smobilita le sue “variegate” milizie ancora presenti sul territorio libico, con tutto il connesso, condividendo magari con l’Egitto gli accordi che sta prendendo con Tripoli, o al-Sisi potrebbe complicare ogni speranza di riconciliazione tra il Cairo ed Ankara, con tutte le conseguenze sulle alleanze, anche alla luce del raffreddamento dei rapporti tra Egitto e Qatar (vicino alla Turchia e finanziatore dei Fratelli musulmani), dopo la ripresa delle relazioni diplomatiche tra i due Paesi.

Aggiornato il 21 aprile 2021 alle ore 09:06