Niger: Boko Haram, una nuova strage con connotazioni anticristiane

Dopo la strage di oltre cento civili, avvenuta il 28 novembre e rivendicata dal gruppo jihadista Boko Haram, il drammatico scenario si è ripetuto sabato scorso, quando la medesima fazione terroristica si è attribuita la responsabilità dell’eccidio di una trentina di civili avvenuto nel Niger sud-orientale, nel villaggio di Diffa confinante con la Nigeria. Il sanguinoso attacco jihadista contro un agglomerato urbano dove la popolazione già sopravviveva in condizioni estreme, ha portato anche alla distruzione di molta parte del villaggio, disorientando la popolazione che oltre al terrore di uccisioni, violenze e rapimenti, si trova ora anche senza un minimo riparo.

La città di Diffa, capoluogo della omonima regione, a pochi chilometri dal confine con la Nigeria, si trova in un’area dove il gruppo Boko Haram esercita la massima pressione terroristica. In questo villaggio sono sfollati, secondo le Nazioni Unite, 300mila rifugiati nigeriani fuggiti dal proprio paese a causa delle violenze dei gruppi jihadisti e che hanno cercato rifugio oltre confine, ma come vediamo il terrorismo non osserva confini politici. La violenza dei Boko Haram ha colpito anche il piccolo villaggio di Toumour, abitato da poco più di mille persone, situato a nord-est di Diffa; dalle informazioni locali sembra che sia stato per la maggior parte distrutto. L’assalto di sabato a Toumour è avvenuto poche ore prima dell’inizio delle elezioni municipali e regionali in Niger; un forte segnale del gruppo jihadista alla popolazione ed ai governati. Lo stesso segnale fu mandato dal leader di Boko Haram, Abubakar Shekau, all’inizio di dicembre, quando durante le elezioni locali ha rivendicato l’omicidio di almeno ottanta agricoltori nel nord-est della Nigeria.

È evidente che la disperazione degli abitanti è totale in quanto c’è un’assenza assoluta dello Stato e una presenza dei terroristi che, in questo caso, non operano con finalità di occupazione e gestione dell’area, come i colleghi della fazione dello Stato sslamico in Africa occidentale, Iswap, ma con lo scopo di una destabilizzazione globale. Inoltre, la popolazione nigeriana già sfuggita a Boko Haram e rifugiatasi in Niger, non ha riscontro dai propri governati alla richiesta di essere aiutati a rientrare nella propria nazione. Le doglianze della popolazione di quest’area di confine sono anche dovute all’impossibilità sia di esercitare la coltivazione e l’allevamento, sia di commerciare, riducendo così le loro possibilità di sopravvivenza ai minimi termini. La strage è seguita, come ormai di prassi, da un video di propaganda trasmesso su alcuni social locali domenica sera, dove un jihadista con il volto coperto da un turbante mimetico delirava: “Noi, combattenti del Jama’atu Ahlissunnah lid D’awati Wal Jihad, al comando di Abubakar Shekau, informiamo il mondo che siamo responsabili dell’attacco alla città di Diffa, nella Repubblica del Niger”. Il proclama è continuato facendo riferimento alle imminenti festività natalizie e cristiane, spesso mortali nel nord-est della Nigeria: “Questo per avvertirvi che con l’avvicinarsi dei festeggiamenti degli infedeli, non ci sarà pace”.

Da circa quattro anni il gruppo Boko Haram si è scisso in due fazioni: quella di Abubakar Shekau, leader storico del gruppo, e lo Stato islamico in Africa occidentale (Iswap), guidato da Abu Musab Al-Barnawi, figlio di Yusuf, affiliato alla più capillare e vasta organizzazione dello Stato islamico (Is), ubicato soprattutto intorno al lago Ciad. L’Iswap punta maggiormente i suoi attacchi contro obiettivi militari e, con modalità più articolate, contro le organizzazioni umanitarie internazionali. Il virus del terrorismo jihadista nei Paesi vicini al bacino del lago Ciad, come Camerun, Ciad, Niger e Nigeria, ha causato circa 36mila vittime e oltre due milioni di sfollati in questi ultimi anni; in tutta l’Africa il Covid-19 ha causato, secondo l’Oms (Organizzazione mondiale della sanità) circa 40mila vittime; detto questo, è difficile poter negare che il Coronavirus è forse l’ultimo problema dell’Africa.

Aggiornato il 16 dicembre 2020 alle ore 09:47