Tra Jihad e Voltaire: la Francia al bivio

L’Islamofobia? Palesemente, un cavallo di Troia per distruggere dall'interno il nemico crociato ( andare a vedere l’ultima pronuncia del sultano turco, Recep Tayyip Erdoğan), grazie all’affermazione e all’implementazione in molti luoghi e quartieri urbani della Francia, del Belgio, della Germania e parzialmente dell’Italia, di un doppio Stato, l’uno adiacente all’altro che si ignorano ed evitano di interagire tra di loro, impossibilitati al mutuo riconoscimento per l’assoluta incompatibilità dei valori cui si ispirano. Il primo, governato di fatto dalla sharia; l’altro che fa riferimento al secolo dei Lumi, a Jean Jacques Rousseau e Voltaire e aspira laicamente alla tolleranza religiosa. In Francia, lo Stato ha da tempo rinunciato, per pavidità e opportunismo, a far rispettare quei valori fondanti a una sua consistente minoranza di cittadini magrebini, immigrati di religione musulmana, e ai loro figli turbolenti di seconda e terza generazione. Costoro, noti come beurs, hanno riscoperto l’Islam radicale e politico in forma virulenta, rivendicativa e identitaria. Le stesse forze dell’ordine francesi si tengono a debita distanza da quei loro isolati demuniti, che ribollono di rabbia, delinquenza marginale e disoccupazione, afflitti come sono da allarmanti abbandoni scolatici e dai traffici illeciti di ogni tipo. Grandi isolati urbani sciatti, squallidi e mostruosamente alienanti nelle loro orripilanti architetture da Hlm (Habitation à loyer modéré, o case popolari), privi di servizi e di punti qualificanti di aggregazione che non siano ballatoi comuni, piazzette male illuminate, giardini incolti e disseminati di spazzatura.

Moderne Suburre, queste pompose ville nouvelles si blindano in un odio irriducibile e sordo verso i valori sacri della vituperata patria francese, come liberté -egalité- fraternité, in cui la misoginia è la regola e la guerra per bande giovanili fa vittime silenziose in famiglie sempre più spesso monoparentali e non accudenti, devastate dalla crisi economica. Su questo terreno fertile del discontento della violenza giovanile, calano i due demoni della predicazione islamica incendiaria e della geopolitica, terreno storico di scontro tra le due più grandi e popolose religioni del Libro. L’Islam radicale penetra grazie alle molte falle esistenti nella diga della difesa a oltranza dei valori della democrazia, come farebbe un virus sfruttando i punti deboli delle difese immunitarie di un organismo complesso. E sono gli stessi istituti democratici della tolleranza, del multiculturalismo e dei diritti di cittadinanza, come quelli delle libertà di espressione, di associazione e della scelta religiosa, ad avere permesso, al pari della proteina spike del Coronavirus, l’infezione dilagante in Europa dell’Islam politico e fondamentalista. Il suo naturale bersaglio è rappresentato dalla moltitudine delle consistenti minoranze musulmane residenti, aggredite prima dal wahhabismo fondamentalista saudita (colpevole di aver investito un fiume di miliardi di dollari per il finanziamento massivo delle madrasse e delle scuole islamiche in giro per il mondo), poi, dal fondamentalismo dell’Isis e dei Fratelli Musulmani alla cui dottrina sono stati formati all’estero (Turchia, in particolare) parecchie centinaia di imam, poi paracadutati in massa qui da noi per gestire i centri islamici, ufficiali o semiclandestini, in Francia e negli altri Paesi europei, che rappresentano una vera fucina di fanatismo e di destabilizzante antioccidentalismo.

Ma, forse, la più stupida delle libertà democratiche, difesa a spada tratta dal politically correct macroniano e dalle élites occidentali in generale, è quella di blasfemia, in quanto inutile insulto al sacro e all’inviolabile nei sentimenti religiosi di un miliardo e mezzo di fedeli, nel caso che ha dato origine alla nuova ondata di terrorismo fondamentalista in Francia. Storicamente, infatti, le guerre di religione hanno mietuto molte più vittime di quelle di conquista ed è bene trarre utili lezioni dal passato, tenendo rigorosamente fuori dalla satira Dio e i suoi profeti. Non c’è nulla di meglio, per far risorgere demoni sopiti e sconfitti come l’Isis e Al Qaeda, che agitare dinnanzi all’opinione pubblica mondiale musulmana il drappo rosso dell’insulto iconoclastico a Maometto e all’Islam. Mettiamocelo, quindi, da soli quel bavaglio, noi democratici occidentali, continuando contestualmente a chiedere con la massima forza e decisione il mutuo rispetto dei nostri valori inalienabili. Dobbiamo però noi stessi accentuare la separazione tra Stato e Chiesa, se vogliamo davvero obbligare gli altri credenti a rispettare e aderire ai valori e agli istituti dello Stato laico e democratico. Inutile stigmatizzare lo Hijab (velo leggero islamico indossato dalle donne musulmane), quando non pochi cittadini cattolici ostentano in pubblico crocefissi d’oro e rosari esposti come teste d’aglio contro la iella.

Non è vero che il Coronavirus è un nemico invisibile: dopo gli asintomatici ci sono sintomatici, malati e rianimati. Come non è vero che l’Islam è il nemico mortale delle nostre società laiche. La verità è che il problema è divenuto intrattabile perché noi, a differenza dei regimi fondamentalisti, non siamo stati in grado, presi intrappola dalle nostre Costituzioni, di dire e fare quello che gli Stati arabi impongono agli ospiti cristiani di rispettare: levarsi le scarpe se si vuole entrare in una moschea e, per le donne, indossare il velo e non dare scandalo in pubblico evitando di indossare in strada costumi discinti. Sta a noi dire: io non ti discrimino per la religione che professi, garantendoti pari opportunità e condizioni di una vita pacifica e dignitosa. Ma tu, in compenso, accetti le mie regole, i miei codici civili e penali che un Parlamento democratico ha votato. Mandi i tuoi figli a scuola, paghi il dovuto di tasse e rispetti l’ordine e la scurezza pubblica. Altrimenti, verrai sanzionato alla stregua di chiunque altro e non ti sarà consentito, anche con la forza se necessario, di vivere e imporre le tue regole come se tu fossi uno Stato nello Stato. Ecco: patti chiari.

Aggiornato il 03 novembre 2020 alle ore 11:40