Bielorussia, l’ultima antidemocrazia europea

Se osserviamo una cartina geopolitica, dove vengono indicate le antidemocrazie, si nota che la Bielorussia è individuata come l’ultima dittatura del Continente europeo. Infatti nulla è veramente cambiato dalla caduta del comunismo nel 1991. I ventisei anni passati da quando Alexander Lukashenko, un ex responsabile di un’azienda agricola statale, salito al potere dopo la caduta dell’Unione Sovietica, segnano i tempi di una dittatura, quella bielorussa, che oggi potremmo analizzarla più come un fenomeno strettamente sociologico più che genericamente politico vista la diversa storia che le altre ex repubbliche sovietiche hanno avuto. Quindi non sorprende che l’ultimo dittatore “di ruolo” presente in Europa abbia proclamato, il 9 agosto scorso, la sua vittoria alle presidenziali con una percentuale dell’80,2, contro la sua avversaria Svetlana Tsikhanovskaya, alla quale viene attribuito solo il 9,9 per cento delle preferenze, ma che ha affermato, invece, di avere ottenuto la maggioranza. Ad agosto si è celebrata l’ennesima farsa elettorale, seguita da una conferenza del “radicato presidente” che con maldestro fare paternalistico ha cercato di farsi digerire da una società che lo ritiene da anni indigesto.

I bielorussi, la cui maggior parte conosce l’Europa e la società mondiale, che hanno un profilo sociale curioso, molti anche colto, operoso, desideroso di essere libero quantomeno come i popoli confinanti, magari non escludendo i pericolosi amici russi, stanno vivendo da sudditi in un paese oppresso ed infelice dove il sedicente padre del popolo, Lukashenko, regna come fosse un presidente di uno Stato antidemocratico africano; un burocrate della polizia, un dittatore con caratteristiche di altri tempi per l’Europa, falsamente paternalista e affatto bonario, che sta cercando, dopo avere ottenuto negli anni pieni poteri, di avere, come alcuni suoi colleghi africani, un mandato presidenziale illimitato.

La Bielorussia è troppo lontana dall’essere il modello democratico ipocritamente rivendicato oggi da chi è al potere; tale “inadeguatezza democratica” attualmente è difficilmente sostenibile, quantomeno nel Continente europeo, anche a causa di una globalizzazione che rende le “nicchie sociologiche”, come la Bielorussia, un colabrodo di stimoli e di informazioni sia in entrata che in uscita dalla Nazione. Come sappiamo, lì, la democrazia è solo un esercizio puramente teorico, le libertà fondamentali sono negate, la giustizia è asservita al potere ed i diritti umani sono umiliati ed ignorati. Così i sindacati non di regime vengono annichiliti, gli oppositori sono stati per anni o eliminati o rinchiusi in manicomi, al meglio imprigionati come i giornalisti che vengono arrestati o condannati ai lavori forzati e spesso “cancellati”. La diplomazia occidentale presente in Bielorussia è spesso espulsa perché giudicata troppo invadente e vigile. Infine le minoranze sono cronicamente perseguitate, le associazioni non governative vengono sciolte, ed ogni espressione di dissidenza, anche di funzionari pubblici, finisce negli inquietanti tribunali del regime. L’anacronismo di tale atteggiamento si dimostra con il fatto che questa oppressione politica e questa stagnazione economica sono simili a quelle che regnarono nell’Urss degli anni ‘70 al culmine dell’epoca del “buon” Leonid Il'ič Brežnev, cinquanta anni fa, ma per Lukashenko il tempo politico è stagnante.

A Minsk, sabato 19 e domenica 20 settembre, migliaia di donne hanno manifestato contro il presidente Lukashenko, le forze antisommossa bielorusse vergognosamente incappucciate ed in uniforme nera così come la polizia in uniformi color cachi ed agenti di polizia in borghese, tutti segni di debolezza governativa e timore della globalizzazione dei media, hanno arrestato centinaia di persone durante le proteste. Le manifestanti hanno sventolato la bandiera bianca e rossa dell’opposizione. L’organizzazione per i diritti umani Viasna ha rilasciato online i nomi di 317 donne arrestate a Minsk. Uno dei cartelli esposti dai manifestanti proclamava: “La nostra protesta ha un volto di donna”, un riferimento al titolo di un’opera del premio Nobel per la letteratura Svetlana Aleksievich che ha sostenuto la causa dell’opposizione. Tra le donne arrestate c’era Nina Baguinskaya, di 73 anni, una delle attiviste più note del movimento di protesta contro Lukashenko, poi rilasciata.

Svetlana Tsikhanovskaya, leader dell’opposizione rifugiatasi in Lituania prima di un sicuro arresto, ha incoraggiato tramite un comunicato le “donne coraggiose della Bielorussia che stanno manifestando nonostante le minacce e le pressioni permanenti”, aggiungendo che “La polizia ha arrestato brutalmente in maniera massiccia donne belle e coraggiose che stavano manifestando legalmente e pacificamente”. Il consiglio di coordinamento dell’opposizione istituito dagli alleati della Tsikhanovskaya, ha definito gli ultimi arresti “una nuova fase nell’escalation della violenza contro manifestanti pacifici”.

Come previsto Svetlana Tsikhanovskaya lunedì 21 settembre si è recata a Bruxelles dove ha incontrato i ministri degli esteri degli Stati membri dell’Unione europea ed il capo della diplomazia dell’Ue, Josep Borrell; ai leader europei ha chiesto di mostrarsi “più coraggiosi” esortandoli ad approvare le sanzioni anche contro i funzionari bielorussi coinvolti nella repressione delle proteste. Tuttavia la portavoce del ministero degli Esteri russo Maria Zakharova sabato aveva già criticato l’ipotesi dell’incontro di Bruxelles definendolo inutile in quanto “flirtare con un rappresentante auto-nominato dell’opposizione bielorussa”, aggiungo io, non ha alcun valore negoziale. Visto il quadro generale, geo-strategicamente abbastanza monotono, ritengo che Svetlana Tsikhanovskaya oltre che con l’Europa, che già di suo da tempo sanziona inutilmente la Bielorussia, dovrebbe trovare il modo di negoziare con Vladimir Putin; in quel caso potrebbe ottenere, se convincente, eccellenti risultati dato che solo Putin ha strumenti per convincere il decadente dittatore bielorusso che “nullo potentio perpetuo manet” (cit. Enea Silvio Piccolomini, 25 settembre 1453).

Aggiornato il 22 settembre 2020 alle ore 16:19