Libia: l’Egitto contro la Turchia

L’inconcludenza, voluta o meno, della diplomazia internazionale sta favorendo una probabile resa dei conti nell’area del Vicino oriente. Così il conflitto tra Tripolitania e Cirenaica-Fezzan, si proietta verso il più complesso conflitto tra Egitto e Turchia, due pesi massimi all’interno del ring musulmano.

Il parlamento egiziano dopo chiara presa di posizione a favore del fisiologico successore del sempre più rimpianto Muammar Gheddafi, il maresciallo Khalifa Haftar e dopo avere avvertito Tripoli ed Ankara di non varcare la linea rossa Sirte–Joufra, il 20 luglio ha approvato l’eventualità di un intervento armato in Libia se le forze del governo di Tripoli, supportate dalla Turchia, dovessero continuare ad avanzare verso l’est del paese. La decisione della Camera egiziana è stata approvata all’unanimità nei termini che autorizza l’invio di ”…elementi dell’esercito egiziano in missioni di combattimento al di fuori dei confini dello stato egiziano, per difendere la sicurezza nazionale”; tale nulla osta ad agire è stato comunicato con una dichiarazione ufficiale del Parlamento del Cairo.

Va detto che a quanto risulta dalla dichiarazione ufficiale del portavoce del Parlamento cairota, il documento approvato non cita mai direttamente la ”Libia”, infatti i dibattiti si sono incentrati sui pericoli che corrono i desertici e permeabili confini ovest del paese, “…minacce per lo stato…”, con la Libia in guerra.

La riunione dei parlamentari si è svolta senza la presenza degli organi di stampa, a porte chiuse; il giorno prima, il 19 luglio, si era tenuto un vertice tra il presidente egiziano Abdel Fattah al-Sissi con il Consiglio di Difesa Nazionale, i cui membri sono: il presidente del Parlamento, il ministro degli Affari Esteri, il ministro della Difesa e i vertici delle Forze Armate. Durante l’incontro è stato deciso che “L’Egitto non risparmierà alcuno sforzo per sostenere la Libia”, ma lasciando un pertugio di pace affermando un “impegno per una soluzione politica”.

La Libia si sta macerando dal 2011 data della fine dell’epoca gheddafiana, in una guerra civile che vede il Governo di Unità Nazionale (GNA), inventato dalle Nazioni Unite e con sede a Tripoli, supportato dalla Turchia, scontrarsi con l’Anl (Esercito Nazionale libico) del maresciallo Khalifa Haftar, che governa nella parte est e sud del paese sostenuto dal vicino Egitto, Emirati Arabi Uniti, Russia, Francia ed altri più o meno operanti occultamente.

L’intervento egiziano ha assunto un valore ancora più capillare giovedì scorso quando il presidente al-Sissi ha dichiarato di avere incontrato i rappresentanti delle tribù della Libia orientale, anche della regione del Fezzan, a conferma che il blocco anti Tripolitania (Sarraj) è composto dalla Cirenaica e Fezzan, affermando che l’Egitto non rimarrebbe ”inerte” di fronte ad una ”minaccia diretta” per la sua sicurezza nazionale e quella della Libia. Tale presa di posizione va a complementare quanto deliberato la scorsa settimana dal parlamento cirenaico retto da Khalifa Haftar che aveva comunicato di aver accettato l’intervento militare egiziano in caso di minaccia alla sicurezza dei due paesi.

Circoscrivere alla “questione Libia” le tensioni turco-egiziane è limitativo se si considera che le relazioni tra il Cairo ed Ankara hanno presentato gravi crepe già dal 2013, quando in Egitto il generale Abdel Fattah al–Sissi, allora capo di stato maggiore dell’esercito egiziano, licenziò il governo islamista di Mohamed Morsi, legato ai Fratelli musulmani e sostenuto dalla Turchia. Quindi le divergenze turco-egiziane vanno lette soprattutto dal punto di vista politico nella opposta e categorica diversità nei “rapporti” con i Fratelli musulmani.  

Da giugno, dopo l’avanzata delle forze del Gna contro quelle del maresciallo Haftar, verso Sirte, l’Egitto ha proposto diplomaticamente il cessate il fuoco, il ritiro dei mercenari siriani filo-turchi oltre lo smantellamento delle milizie in Libia, ma Erdogan e Sarraj hanno respinto ogni accordo.

Il Gna di Tripoli ha definito la posizione egiziana una ”dichiarazione di guerra” . Tuttavia il Cairo considera la linea Sirte al-Joufra invalicabile dalla coalizione turco-tripolina, in quanto considerata la porta di accesso ai giacimenti petroliferi libici.

Fonte egiziana riferisce che lunedì scorso c’è stato un contatto telefonico tra il Presidente al-Sissi ed il presidente degli Stati Uniti Donald Trump; secondo il portavoce della presidenza egiziana i due leader hanno concordato di ”mantenere il cessate il fuoco in Libia ed evitare un’escalation, al fine di poter avviare negoziati per una soluzione politica” .

La complessità della “questione libica” dopo la deposizione di Gheddafi nel 2011, ha condotto la Libia in un baratro nel quale si sono mescolati vari interessi e conflitti, e dove la crescente presenza di attori internazionali ha acceso insaziabili appetiti e contaminato, con il virus dell’instabilità, un area geografica troppo vicina ai confini europei.

Aggiornato il 22 luglio 2020 alle ore 14:12