Nuove accuse contro la Cina, “gravi abusi su Uiguri”

Centinaia di uomini incatenati fra loro con le mani legate dietro alla schiena, bendati e con le teste rasate di fresco, allineati in ginocchio e caricati a forza a gruppi su un treno per essere deportati: queste immagini-shock, riprese dall’alto da un drone, si riferirebbero al trattamento riservato dalle autorità cinesi alla minoranza musulmana degli Uiguri nello Xinjiang e arrivano come una sassata sui già tesi rapporti fra Cina e Occidente.

“È chiaro che sono in atto violazioni gravi e significative dei diritti umani”, ha accusato il ministro degli Esteri britannico Dominic Raab, che ha rispolverato le vecchie accuse di deportazioni in “campi di rieducazione” e di “sterilizzazioni di massa” delle donne nei confronti della riottosa minoranza etnica.

“Noi - ha aggiunto Raab - stiamo lavorando con i nostri partner internazionali su questo. È profondamente, profondamente inquietante”, ha detto alla Bbc:

“Qualcosa che non vedevamo da molto, molto tempo”. A Raab ha risposto l’ambasciatore cinese a Londra, Liu Xiaoming, già interpellato sulla doccia gelata di questi giorni sul dossier Huawei-5G e su Hong Kong. Il diplomatico è stato invitato alla Bbc, dove in diretta il giornalista Andrew Marr nel suo programma gli ha mostrato il video dello scandalo, chiedendogli di commentarlo. Gli Uiguri vivono “in pacifica e armoniosa coabitazione con altri gruppi etnici. Non so dove abbiate preso queste immagini”, ha detto il diplomatico. Le immagini sono state postate alcuni giorni fa su YouTube dal canale “War on Fear”, ma sono state autenticate dai servizi di intelligence australiani. Un esperto australiano, interpellato dall’emittente Abc, sulla base dei confronti topografici eseguiti su Google Earth, anche sulla base delle luci e delle ombre, ha ipotizzato che le immagini dal drone risalirebbero all’agosto del 2018 e il luogo sarebbe la stazione di Korla, cittadina dello Xinjiang centrale.

“A volte ci sono trasferimenti di detenuti, come in ogni Paese”, si è difeso l’ambasciatore Liu nel confronto alla Bbc, aggiungendo che “noi trattiamo qualsiasi altro gruppo etnico allo stesso modo”. La presunta persecuzione degli Uiguri - che molti, specie fra le organizzazioni dei diritti umani vorrebbero fosse riconosciuta come “genocidio” - è da molti anni uno dei motivi di attrito fra le cancellerie occidentali e Pechino, che su questa faccenda è da tempo in rotta di collisione anche con la politica di difesa pan-turca di Ankara. Gli Uiguri sono infatti una minoranza musulmana che parla una lingua di ceppo turco e vive nella regione nord-occidentale dello Xinjiang in Cina, un territorio che nelle pulsioni nazionalistiche locali viene chiamato con l’antico nome, dal sapore ottocentesco, di Turkestan. Negli ultimi anni sono stati sottoposti ad un pesante giro di vite da parte delle autorità di Pechino, dopo una rivolta nel 2009. In massa sono fuggiti e molti si sono rifugiati in Turchia, dove la lingua e la cultura sono simili a quella dello Xinjiang.

Aggiornato il 20 luglio 2020 alle ore 17:41