La difficile situazione dei libici nelle mani di Mosca e Ankara

La “svolta turca” nella crisi libica ha mostrato la concretizzazione di nuovi scenari nel teatro geopolitico dell’Africa orientale. Il massiccio intervento di Ankara in Tripolitania ha posto sul piatto della bilancia del conflitto oltre settemila mercenari siriani filo-turchi, una corposa batteria di droni armati e sistemi antiaerei schierati contro l’esercito dell’Anl di Khalifa Haftar. Tale operazione, oltre che sbilanciare le forze a favore di Fayez al-Sarraj, ha anche fatto contrarre le brame di conquista del generale della Cirenaica.

Se l’osservazione degli sviluppi militari può essere analizzata misurando le capacità offensive nel suo complesso, ad un esame “geostrategico” si rivela la possibilità sia di una definizione di forze straniere all’interno della Libia, che una estromissione dell’Europa e degli Stati Uniti dall’influenza su questa parte dell’Africa. Mosca ed Ankara stanno attualmente disegnando una seconda fase del conflitto che li vede riposizionarsi con parametri di peso politico-militare diversi da prima e forse “prendendo atto” del fallimento del progetto di Haftar di unire la Libia sotto un’unica bandiera.

I contatti tra Putin ed Erdogan sono continui: si articolano tra un nulla di fatto, come alcuni giorni fa ad Istanbul, ed un apparente tacito assenso, da parte russa, a procedere, come avvenuto nei giorni passati dove l’esercito del Gna ha ripreso la parte occidentale della Tripolitania. Anche se è ancora troppo presto per sapere i loro progetti, potendoli tuttavia intuirli, i colloqui proseguono. Nonostante la complessità delle relazioni tra Mosca e Ankara, che ricordo sono i principali antagonisti anche in Siria, grazie soprattutto alla convincente strategia diplomatica mostrata dal presidente Vladimir Putin verso il suo omologo turco Recep Tayyip Erdoğan, le due potenze, che non hanno nessuna “passione” per un confronto diretto sul terreno libico, potrebbero trovare un utile compromesso. Le articolate relazioni russo-turche, come quelle presenti nel teatro siro-libico, non impediscono a queste due potenze di avere contatti estremamente stretti, dove condividono divergenze ma anche interessi. Nei molti incontri che si sono verificati da gennaio ad oggi, l’unico ostacolo che è sembrato al momento insormontabile è stato l’opposizione di Haftar a scendere a compromessi sul suo progetto di accorpare la Tripolitania alla Cirenaica e con modalità diverse, la sociologicamente articolata regione del Fezzan. I disordini predominati sono a carattere diplomatico, gli aspetti militari sono “effetti collaterali”, il desiderio di Russia e Turchia è quello di giungere ad un accordo, tuttavia sussistono molte circostanze di difficile controllo, nelle quali hanno peso i patrocinatori regionali ed attori politici locali che complicano la situazione.

L’internazionalizzazione del conflitto come sappiamo non si limita ai russi ed ai turchi; il Qatar sostiene Fayez al-Sarraj, mentre l’Egitto e gli Emirati Arabi Uniti appoggiano il maresciallo Haftar; c’è poi l’ambigua presenza dei “Giocatori occidentali” come la Francia e gli Stati Uniti, la cui influenza è in calo sullo scenario libico. Tuttavia Emad Badi, ricercatore di geopolitica libica e consulente presso il Consiglio Atlantico, intervistato dall’Afp (Agence France Press), ha affermato che i turchi e i russi potrebbero dividersi la Libia osservando sfere di influenza: ad ovest del Paese Ankara e ad est Mosca. Tale affermazione, in extremis condivisibile, si rende plausibile anche alla luce degli ultimi accadimenti che vedono le forze del Anl (Esercito Nazionale Libico) di Haftar nell’impossibilità di riguadagnare il controllo di tutta la Libia orientale prima dominata. Altra teoria, ma potremmo toccare i confini della geostrategia, potrebbe essere che i due Paesi concordino su una condivisione più globale e internazionale, ipotizzando che la Russia lasci le mani libere alla Turchia in Libia, in cambio di avere campo libero in Siria. Alcuni canali di informazione libici hanno riferito che Ankara potrebbe stabilire due basi in Libia, una a sud-ovest di Tripoli e l’altra nella città portuale di Misurata, da dove dovrebbero però cacciare Haftar. Nonostante il mancato incontro a Istanbul, annullato all’ultimo minuto senza una spiegazione ufficiale, dove sarebbero dovuti essere presenti i ministri Sergei Lavrov e Sergei Choigou rispettivamente Esteri e Difesa, i negoziati non si fermano.

Tale nuova circostanza, che va a rendere ancora più complessa una mediazione nella quale gli attori “occidentali” potrebbero essere esclusi od avere ruoli marginali, Christopher Nixon Cox, amministratore della Nixon Foundation e nipote dell’ex presidente statunitense Richard Nixon, sul settimanale francese Express, ha messo in guardia la “politica” europea sui pericoli della situazione in Libia. È opinione di Nixon che la Russia e la Turchia stiano approfittando del disimpegno occidentale per piazzare le loro pedine in questo vasto paese petrolifero.

Mentre gli americani guardano altrove e gli europei cercano di dialogare, Russia e Turchia si dividono la Libia; verosimile questa “sintesi” favorisce chiaramente i calcoli strategici di Vladimir Putin e Recep Tayyip Erdoğan che potrebbero trovare le condizioni per poter controllare il fianco meridionale del Mediterraneo, limitrofo alle coste dell’Unione europea, il che disegnerebbe un grande cambiamento geostrategico, con enorme dispiacere anche dell’Unione Africana.

Aggiornato il 19 giugno 2020 alle ore 11:00