Libia: fosse comuni a Tarhouna

La Libia continua a mostrare i tragici effetti collaterali causati dagli errori commessi, volutamente o meno, dal cinismo internazionale durante e dopo la caduta di Mouammar Gheddafi avvenuta nel 2011.

È della settimana scorsa la scoperta nell’area di Tarhouna, città situata a 65 chilometri da Tripoli e appena riconquistata dal Gna di Faïez al-Sarraj alle forze di Khalifa Haftar, di fosse comuni sulle quali si sta indagando per capire il numero e l’identità delle vittime.

L’intervento turco a supporto del Gna ha permesso all’esercito di Sarraj di riprendere il controllo di una vasta aerea della Tripolitania situata nella parte orientale del Paese; un trionfo quasi insperato contro gli uomini del maresciallo Haftar, capo della Cirenaica sostenuto, in questo frangente forse non adeguatamente, dall’Egitto e dalla Russia. Proprio la ripresa del controllo di questa zona da parte del Governo di Tripoli riconosciuto dalle Nazioni Unite, ha permesso ai membri della Missione di Sostegno delle Nazioni Unite in Libia (Manul), di recarsi nei luoghi del ritrovamento delle fosse comuni e rendere noto, tramite un comunicato stampa ufficiale, lo sconcerto sulla gravità del rinvenimento dei resti umani in otto fosse a sud-est di Tripoli. Nel complesso sembra siano stati scoperti circa 160 corpi, ora trasferiti dalla Mezzaluna Rossa libica all’obitorio di Tripoli. Una testimonianza fonte Afp, Agence France-Presse, ha affermato di avere avuto la possibilità di vedere una di queste fosse comuni a Tarhouna, che è stata identificata grazie all’individuazione in superfice di parti di abbigliamento semi ricoperti da terra smossa di recente.

Il ministro degli Interni del Gna Fathi Bachagha, che giovedì si è recato a Tarhouna, ha affermato che: “Attualmente stiamo cercando tutte le fosse comuni, per identificare i resti e restituirli alle loro famiglie, ed è necessario ristabilire l’ordine nella città, cercando di evitare interferenze esterne che potrebbero inquinare i fatti”. A tale scopo è stata istituita in loco una forza di sicurezza e sorveglianza; inoltre il Governo tripolino ha programmato l’istituzione da parte del Ministero della Giustizia libico, di una commissione di inchiesta che svolga indagini efficaci e trasparenti sulle cause delle morti.

Dopo la riconquista di Tarhouna, il Governo di Tripoli ha ordinato alle truppe di astenersi da qualsiasi atto di saccheggio o rappresaglia contro la popolazione locale rientrata sotto il controllo del Governo di Unità Nazionale, minacciando procedimenti penali verso i trasgressori, esortandoli a proteggere ed aiutare la popolazione, le loro proprietà e le loro vite.

Le vittorie di al-Sarraj di queste ultime settimane stanno spingendo, sulla linea dell’entusiasmo, le truppe tripoline e filo-turche (mercenari dell’opposizione siriana) a dirigersi verso la città di Sirte situata a 450 km a est di Tripoli, uno spazio strategico in direzione est dove sono presenti le più importanti installazioni petrolifere del Paese, che sono ancora oggi sotto il controllo dell’Esercito di Haftar. È dal 6 giugno che le truppe del Gna hanno lanciato una controffensiva verso Sirte; secondo i media libici, hanno dovuto, nonostante l’euforia delle recenti vittorie, rallentare la loro avanzata verso questa città, soprattutto a causa delle incursioni aeree dell’aviazione Cirenaica che, come sappiamo, ha avuto di recente una fornitura di una decina di Mig russi provenienti dalla Siria e pilotati, sembra, dai mercenari filo-russi dei Wagner.

Il progetto di Haftar di assediare Tripoli per conquistare la Tripolitania, iniziato nell’aprile del 2019 e fallito verosimilmente a causa dell’imponente intromissione turca a fianco di Sarraj, ha indotto il Generale cirenaico a porsi sulla difensiva, anche se il rafforzamento dell’aviazione cirenaica ha mitigato questo fallimento.

Ankara, giovedì scorso, spinta dalle Nazioni Unite, ha dichiarato di essere favorevole ad un cessate il fuoco, l’intervento dell’Egitto che affianca Haftar, ha ulteriormente mosso per il “silenzio delle armi”, come anche gli Stati Uniti hanno invitato i belligeranti a riprendere il dialogo più velocemente possibile sotto l’egida delle Nazioni Unite. Così anche l’Alto Rappresentante dell’Unione europea voce del governo francese, tedesco ed italiano, ha chiesto un cessate il fuoco. Va ricordato che dall’aprile 2019, tutti i tentativi di porre fine alle ostilità in Libia sono falliti e si sono consumati in un vortice di crescente coinvolgimento di potenze straniere.

Aggiornato il 15 giugno 2020 alle ore 11:26