L’intelligence turca dilaga nel Corno d’Africa

La liberazione di Silvia Romano ha acceso le luci, oltre che sulla reazione della rapita alla sua prigionia manifestata con una palese confusa conversione all’islam, e con la condivisione dei precetti salafiti jihadisti di Al-Shabaab, visto “l’abito” ostentato, anche sul ruolo avuto dai servizi segreti turchi, che subentrati a dicembre agli omologhi italiani nei negoziati con i jihadisti, si sono resi artefici della “liberazione” della ragazza. I jihadisti di Al-Shabaab, che in arabo significa “la gioventù”, condividono l’ideologia del salafismo jihadista che appartiene alla confessione sunnita e osserva la corrente della scuola del diritto coranico Hanhbalit (la più tradizionalista) e che geograficamente “opera” nell’area del Corno d’Africa, aderendo, inoltre, ideologicamente al wahabitismo di provenienza saudita.

Il gruppo terroristico di Al-Shabaab è presente in modo radicale in Somalia; ad oggi consta di oltre 11 mila miliziani e fino al 2011 ha avuto un ruolo sociale pregnante in Somalia, in quanto aveva attecchito nelle varie comunità tribali, dando speranze di pace e di equilibrio “politico”, ma deludendo al momento che, in piena carestia, si rifiutò di accettare aiuti alimentari provenienti dalle organizzazioni umanitarie internazionali. Tale atteggiamento oltre a causare morte e disperazione nella popolazione, disilluse i somali appartenenti alla massa, da questa ipotesi di “guida”. Oggi Al-Shabaab è legato al gruppo jihadista di Boko Haram presente in Nigeria e ad Al-Qaeda presente nel Maghreb islamico, ma rifiutò un legame organico con l’Isis; la sua sede è nell’area sahariana. Detto questo il presidente Recep Tayyip Erdoğan, più che la Turchia, ha ottenuto un risultato “pieno” nell’operazione della “liberazione” della Romano, rafforzando alcuni aspetti della credibilità internazionale della Turchia, tramite l’operato dei suoi servizi segreti, e “coprendo con un velo” momentaneamente le problematiche politiche interne.

È evidente che per avere questa longevità politica, Erdogan ha avuto ed ha bisogno di contare su servizi segreti abili, leali ed efficienti, e soprattutto più fedeli possibile, come sembra dimostrarlo l’attuale capo riconosciuto dell’intelligence turca, Hakan Fidan. Che la Turchia possa essere considerata uno Stato con tendenze verso un islam più radicale o possa essere ricordata come una Repubblica con radici laiche, i servizi segreti turchi hanno sempre avuto la missione di lavorare per la protezione dell’unità nazionale e per la difesa dello Stato. Potremmo osservare che l’intelligence turca, più che un “semplice” servizio di spionaggio, è una struttura occulta al servizio della Repubblica in generale e del suo presidente in particolare. Da questo punto di vista non si scosta molto dall’organizzazione spionistica che operava nell’Impero Ottomano dal XVI secolo fino alla sua dissoluzione nel 1920, infatti il ruolo dello spionaggio non era organico al sistema Impero, ma era legato a relazioni personali proprie di un sistema patrimoniale che si basava sul sultano e sulle famiglie ad esso legate. In ciò differiva da tutti gli altri sistemi di intelligence, come Venezia, l’Impero Austriaco o il Regno Spagnolo. Solo per ricordare alcune circostanze, prima della dissoluzione dell’Impero, i servizi segreti ottomani, composti da giovani ufficiali abili nel lavorare in clandestinità, sotto la guida di Enver Pasha e sotto la sigla “Organizzazione Speciale” in turco Teskilat-i Mahsusa (1884-1915), agirono anche nelle retrovie italiane in Libia nel 1911, come anche nel drammatico genocidio del popolo armeno (1915-1916), infiltrandosi tra le larghe maglie della resistenza armena, soprattutto nella zona di Musa Dagh, la “Montagna di Mosè”. Dopo la dissoluzione dell’Impero Ottomano, la neo Repubblica di Turchia conscia della delicata e strategica collocazione geopolitica, utilizzò i servizi segreti residui dell’Impero, facenti capo all’O.S. (Organizzazione Speciale), per fare fronte soprattutto alla minaccia sovietica ed alla Guerra fredda. Mustafa Kemal Atatürk, primo presidente della Repubblica di Turchia, eredita e riorganizza l’intelligence, che diventerà poi il Mah, Milli Emniyet Hizmeti (Servizio di sicurezza nazionale), principalmente in funzione del pericolo russo; istituisce servizi segreti gerarchici e funzionanti all’interno dello Stato, una sorta di Derin Devlet (Derin=profondo, Devlet=Stato) o Deep State. Internamente, fino al 2002 data dell’arrivo al potere dei conservatori dell’Islam dell’Akp (Adalet Kalkinma Partisi - Partito della Giustizia e Sviluppo) vicino ai Fratelli Musulmani, i nemici erano il separatismo, l’ideologia di sinistra e le frange religiose; ricordo la frase di Atatürk: “V’è chi afferma che l’unità religiosa sia il fondamento d’una nazione. Ma noi vediamo nello Stato turco da noi fondato esattamente il contrario. Successivamente al 2002, e mutata la compagine politica, la minaccia sono diventati soprattutto i Kurdi e i Servizi segreti venivano riorganizzati all’interno del Mit, Millî İstihbarat Teşkilâtı (Servizio di intelligence Nazionale) subentrato nel 1965 al Mah.

Brevemente, una delle rarissime regole universali dello spionaggio, consiglia ai servizi segreti stranieri di non praticare omicidi in altrui Nazioni; questo è accaduto invece quando il 9 gennaio 2013, a Parigi, tre dirigenti del Pkk, Partito dei lavoratori del Kurdistan, Leyla Söylemez, Sakine Cansiz e Fidan Dogan, furono assassinati “sembra” dal controspionaggio turco; le successive conseguenze giudiziarie sono ancora aperte. Il Mit ed il Mossad, fino al 2010 risulta che avessero buoni rapporti di collaborazione, le aree d’interesse comune erano molteplici, per prima Siria e Libano, ma anche Iraq e Libia. Oggi una delle aree critiche per il controspionaggio turco oltre la Siria è la Germania, dove esiste una comunità Turca radicata, numerosa ed inserita, anche politicamente, tale situazione crea spesso attriti tra i rispettivi servizi segreti. Anche “l’affaire” Fethullah Gülen, il fallito pseudo colpo di Stato contro Erdogan, ancora ha i suoi effetti “epurativi” sui sospettati e complici in tutta la Turchia.

Tuttavia l’area nella quale l’intelligence turca ha obiettivamente influenza è il Corno d’Africa, in particolare per i loro strategici rapporti con formazioni jihadiste; non è una novità che proprio la Turchia intratteneva relazioni commerciali con lo Stato islamico (Isis), ed il semplice “trasferimento” di Silvia Romano in compagnia degli agenti dei Servizi turchi, da un accampamento di Al-Shabaab situato a trenta chilometri da Mogadiscio alla capitale somala, è un’ulteriore conferma.

Aggiornato il 18 maggio 2020 alle ore 17:46