Libia: il coronavirus non frena l’azione della Turchia

Il coronavirus, in questi ultimi mesi, ha catalizzato le attenzioni internazionali, ponendo in secondo piano “fatti” di interesse geostrategico “puro”. La “questione libica”, che aveva occupato le attenzioni dei media mondiali e dei principali “attori” della geopolitica, ha tuttavia proseguito il suo “percorso” nonostante la minaccia pandemica. Cosi le schermaglie politico-militari che a fine 2019 vedevano la Turchia assumere “posizioni” geostrategiche con fisionomia “Imperialista ottomana”, hanno potuto, visto il quasi distolto interesse mediatico e non solo sull’area, sortire effetti favorevoli al Gna (Governo di Accordo Nazionale) del tripolino Fayez al-Sarraj, che oggi sta ottenendo opinabili successi militari. Infatti in questi ultimi giorni le forze fedeli al Gna hanno fatto importanti progressi riprendendo alcune aree ad ovest di Tripoli, facendo ipotizzare un “cambiamento di direzione” per le sorti della capitale libica e della Tripolitania.

Proprio un anno fa, ad aprile 2019, il Generale cirenaico Khalifa Haftar, lanciò l’offensiva per la conquista di Tripoli, che sarebbe dovuta durare poche settimane; dopo momenti di netta supremazia militare, supportata da varie organizzazioni armate anche mercenarie (Wagner filorussi e sudanesi), in questa ultima settimana le truppe cirenaiche stanno subendo una serie di battute d’arresto, che hanno permesso alla coalizione di Tripoli con il supporto turco, di riprendere il controllo delle città di Al Ajaylat, Al-Jameel, Zalatan, Surman, Rikdalin e Sabratha ad ovest della capitale.

Le forze fedeli al Gna hanno ora il controllo dell’intera costa libica a ovest di Tripoli, fino a Ras Ajdir, al confine con la Tunisia. Quello che sta accadendo è l’ennesima dimostrazione dei (più volte ipotizzati) voluti fallimenti delle operazioni di pacificazione internazionali. Ultima in ordine di tempo è l’operazione “Irini” (“pace” in lingua greca), lanciata dall’Unione europea il 31 marzo, con l’obiettivo di concretizzare e rafforzare gli accordi stabiliti al Vertice di Berlino 2020, nell’intenzione di far rispettare l’embargo sulle armi in Libia ed evitare l’interferenza di Paesi stranieri. Proprio l’Alto rappresentante dell’Ue per gli affari esteri e politica di sicurezza Josep Borrell, aveva dichiarato a fine marzo, che le Nazioni Unite dovevano imporre una pace duratura per stabilizzare l’area nord africana e che l’Operazione Irini poteva essere lo strumento giusto. La pubblicizzazione dell’ennesima “operazione di controllo” fu ostentata con trionfanti dichiarazioni di utilizzo droni e sistemi satellitari di raffinata tecnologia, accompagnati dall’impiego di risorse navali ed aeree, fondamentali per il controllo del traffico delle armi, in entrata e uscita dalla Libia. Ma il governo del Gna, tramite il presidente dell’Alto Consiglio di Stato tripolino, Khalid Almishr, leader islamista e per molti “osservatori” appartenente ai Fratelli Musulmani, ha evidenziato, in un comunicato ufficiale, forti critiche all’operazione Irini, sollevando dubbi sulle reali motivazioni di tale “operazione”, aggiungendo perplessità circa le “doppie norme europee” ravvisabili in tale “azione”. Tuttavia le perplessità e le critiche di Tripoli alla operazione Irini, non hanno impedito al Gna di sbloccare l’ormai fragile assedio che l’esercito cirenaico dell’Lna (Esercito Nazionali libico) imponeva da circa un anno. Queste prime vittorie delle forze turco-tripolitane, stanno consentendo anche di allentare la pressione di Haftar sulle città di Zawiya e Zouara. La controversa decisione turca, contestata dalla maggior parte degli “attori internazionali”, di intervenire più direttamente a sostegno del Gna, a fine dicembre, ha rimescolato le carte. La decisa campagna di attacchi con droni turchi, ha reso possibile, a marzo, l’eliminazione di decine di veicoli corazzati dall’Lna ed ha causato la morte di diversi militari ed ufficiali cirenaici. Il generale Haftar sta ritirandosi da molte postazioni intorno a Tripoli, esclusivamente a causa dell’intervento turco, del suo supporto aereo e tecnico al Gna e grazie al contributo dei mercenari siriani distaccati dal “deludente fronte” siriano. Alcuni fattori vanno accennati: il supporto qualitativo e quantitativo di Ankara è stato assolutamente decisivo; come è stato decisivo un apparente momentaneo “allentamento” della pressione di Mosca sullo “scacchiere” di Tripoli, comunque sotto controllo dell’intelligence moscovita impegnata anche ad evitare il riemergere di azioni terrori­stiche ed a bloccare i piani criminali, che sfruttano la pressione migratoria in quello che definisco il “collo di bottiglia africano”, appunto la Libia. Tuttavia poche ore fa Mohamed al-Fakhiri, generale dell’Esercito Nazionale libico (Lna), ha dichiarato di aver respinto un tentativo, delle forze del Gna e turche, di attacco alla città di Tarhuna.

Comunque la guerra il Libia continua. La pandemia del nuovo coronavirus non ha avuto alcun effetto sull’intensificazione dei combattimenti intorno a Tripoli, nonostante gli appelli internazionali a porre fine alle ostilità per combattere meglio il virus.

La Guerra civile libica ad un anno dall’assalto lanciato dalle forze del maresciallo Khalifa Haftar, contro il Governo di Accordo Nazionale di Tripoli, di al-Sarraj, ha causato lo sfollamento di 160mila persone dalla regione. La perseveranza degli scontri ostacola la mobilitazione sanitaria contro il virus, minacciando una bomba a orologeria pandemica. Ad oggi gli inattendibili dati ufficiali sulla contaminazione, data la totale disorganizzazione del sistema sanitario, parlano di una cinquantina di casi ed un decesso, ma tali dati potrebbero interessare solo Tripoli e non risulta ci sia la minima volontà di monitorare l’epidemia.

Ad oggi possiamo riscontrare la defezione dei negoziatori di Algeri, e l’indebolimento dei sistemi di controllo aereo degli Emirati Arabi, che prima dell’intervento turco “governavano” il cielo al servizio di Haftar; i droni turchi, così come i sistemi di difesa antiaerea che Ankara ha installato in Tripolitania, ora hanno l’effetto di impedire all’aviazione degli Emirati di raggiungere Tripoli o Misurata.

Non mi stancherò mai di affermare che la “partita libica” è un perfetto manuale per come rendere instabile e saccheggiare uno Stato “stabile”, governato in epoca gheddafiana, da una “fisiologica” “antidemocrazia naturale”; rammentando quella che ho definito “la Seconda questione d’Oriente”, come il quadro storico di ciò che sta verificandosi nel Vicino Oriente e Nord Africa, dall’invasione irachena del Kuwait, 2 agosto 1990 e la deposizione di Saddam Hussein, aprile 2003, in poi.

Aggiornato il 20 aprile 2020 alle ore 12:14