Stranieri attaccati in Etiopia e in Burkina Faso

In alcuni Paesi africani si sta manifestando un forte sentimento di intolleranza nei confronti degli stranieri occidentali che vi risiedono.

Dopo che è stato documentato il primo caso di Coronavirus in Etiopia, ad Addis Abeba cittadini statunitensi e britannici sono stati minacciati e presi a sassate dalla popolazione timorosa della possibile diffusione del virus nel Paese.

Ai cittadini stranieri è spesso rifiutato il passaggio nei taxi e l’ingresso nei luoghi pubblici. L’ambasciata degli Stati Uniti in Etiopia sta ricevendo numerose denunce in proposito ma al momento non è in grado di valutare se i propri cittadini siano in pericolo tale da prevederne l’evacuazione. Dai rapporti si legge che sempre più numerosi locali rincorrono i non residenti gridando “foreigners coronavirus”, “stranieri con il coronavirus” e invitandoli ad andarsene.

In Burkina Faso si sono registrati analoghi fenomeni, finora isolati ma seguiti dalle locali rappresentanze diplomatiche.

Al momento non risulta che cittadini italiani abbiano subito aggressioni nel senso.

In Africa ad oggi sono confermati poco più di 150 casi dopo che era stato scoperto il primo caso in Egitto a metà febbraio e a fine febbraio un altro in Nigeria. Pochi giorni fa i primi casi in Kenya ed Etiopia. In tutti i Paesi coinvolti, Tunisia, Algeria, Burkina Faso, Congo, Gabon, si parla fortunatamente di poche unità poichè la minaccia rappresentata per le persone in Africa sarebbe drammatica, tenendo conto del numero di abitanti del continente e della precarietà dei sistemi sanitari già peraltro gravati da epidemie di altro genere .

I dati sicuramente suscitano perlpessità in relazione alla differenza numerica rispetto ad altre aree del mondo e potrebbero non corrispondere al vero. La situazione è comunque monitorata dall’Oms il cui responsabile delle operazioni di emergenza in Africa, Michael Yao, ha posto allo studio di concerto con i singoli ministeri della Salute ogni sistema valido ad effettuare diagnosi precoci avvalendosi soprattutto di una campagna di educazione per operatori sanitari.

I Paesi del Maghreb si sono affrettati a chiudere le frontiere agli italiani già dal primo insorgere del fenomeno in Lombardia.

Le preoccupazioni territoriali sono pertanto sicuramente comprensibili ma si auspica che non mascherino un più latente sentimento antioccidentale che un tempo noto come Westernophobia o “anti-imperialismo” si riferisce alle più svariate opposizioni a politiche, persone e valori occidentali, a prescindere.

Samuel Huffington nel suo celebre “Scontro di civiltà” prevedeva che nel post guerra fredda i conflitti si sarebbero combattuti non più tra Paesi ma tra culture , non più per motivazioni economiche ma per ragioni ideologiche e religiose.

Bisogna ora aggiungere quelle sanitarie sperando che siano ragionevolmetne tali.

Aggiornato il 19 marzo 2020 alle ore 13:01