Come l’Africa fa barriera al Coronavirus

Come sta affrontando il coronavirus quell’Africa spesso giudicata sempliciotta, approssimativa e superficiale? La Costa d’Avorio ed il Congo stanno imitando la Cina; applicano l’auto isolamento e la quarantena sistematica, anche se ogni Stato adotta modalità diverse di screening dei viaggiatori in funzione dell’area da cui provengono; è forse proprio questo il loro punto di forza, l’”imitazione”, la pluralità di azione in funzione delle variabili, delle strategie e delle “tradizioni sanitarie” nazionali.

Per i viaggiatori provenienti dalla Cina, il Congo ha messo in atto misure di controllo e di contenimento; sono stati formati, da “esperti” dell’Oms (Organizzazione mondiale della Sanità), circa 60 operatori che hanno la responsabilità del controllo della salute delle persone che vengono confinate nei propri domicili per i canonici 14 giorni di quarantena.

L’ambasciata di Cina, al fine di supportare le Strutture sanitarie locali, ha prospettato ai responsabili sanitari congolesi l’allestimento in edifici già esistenti nelle città di Brazzaville e Pointe-Noire, di “posti letto” idonei a somministrare le cure adeguate; queste strutture saranno destinate alla quarantena dei cittadini cinesi. E’di poche ore fa la notizia che tale iniziativa è stata estesa anche ai cittadini di nazionalità italiana, sud coreana ed iraniana, non è chiaro se tramite le stesse modalità proposte dai cinesi, o per iniziativa delle autorità sanitarie locali.

A Brazzaville, nel vicino complesso sportivo dell’hotel Concorde, il Ministero della Sanità, ha approntato un centinaio di posti letto per l’emergenza virus; risulta che gli “spazi” sono occupati per più della metà da autoctoni, ma anche da alcuni francesi ed una libanese.

Anche l’ospedale universitario di Brazzaville e quello di Pointe-Noire, capitale economica del paese, stanno operando come unità di contenimento, attuando un protocollo, probabilmente di suggerimento cinese.

Tre giorni fa è stato rilevato il primo caso di infettato da covid-19; Eteni Longondo, Ministro della Salute del Congo, laureato a Kinshasa, con un Master in Sanità Pubblica conseguito all’Università di Washington, ha ordinato che tutti viaggiatori provenienti da Francia, Italia, Cina, Iraq ed Iran, con qualsiasi mezzo arrivino nella Rdc, debbano osservare i 14 giorni di quarantena. Coloro che presentano sintomi influenzali vengono messi in isolamento nella struttura sanitaria già predisposta per l’Ebola, che è ubicata nei pressi dell’aeroporto di Ndjili a Kinshasa.

Inoltre, tutti i viaggiatori provenienti dai paesi a rischio, hanno l’obbligo di compilare una scheda anagrafica con dati e contatti e restare isolati per due settimane. Su di essi gli operatori sanitari esercitano un controllo informandosi quotidianamente sul loro stato. Dalla stampa locale risulta che il medico responsabile, Aruna Abed, ha dichiarato che: “la quarantena è un gesto di fiducia in quanto, non abbiamo gli strumenti idonei, stiamo ancora lavorando a una strategia, perché il volume dei viaggiatori è molto elevato e non possiamo mettere in quarantena 500mila persone al giorno”.

Il Burundi, l’Uganda ed il Ruanda non applicano quarantene sistematiche ai viaggiatori provenienti dai paesi a rischio, anche se ad oggi non sono stati rilevati casi di infettati sul territorio; le autorità hanno comunque adottato ulteriori misure di prevenzione. I visitatori, appena giunti negli aeroporti, vengono sottoposti a screening e ad un questionario sanitario. Quelli con sintomi influenzali sono considerati casi sospetti e portati nell’ospedale più vicino in isolamento per accertamenti e test di laboratorio, ed anche in caso di test negativi, i casi sospetti continuano a essere osservati.

Il Camerun non applica nessun controllo sui passeggeri dalla Francia e dall’Italia; il porta voce del Ministero della Sanità, Clavère Nken, ha dichiarato: “Vogliamo evitare qualsiasi stigmatizzazione, tuttavia facciamo controlli di temperatura negli aeroporti e nei porti”.

Il Sudafrica, nonostante che abbia un attrezzato laboratorio di diagnosi per il coronavirus, non ha ancora adottato misure di controllo nei confronti dei passeggeri europei, solo misurazioni termiche al momento dello sbarco all’aeroporto di Johannesburg.

In Burkina Faso non sono in vigore misure speciali per gli arrivi dalla Francia e dall’Italia. Ha dichiarato il Ministro della Salute, che sulle persone che provengono da aree a rischio si effettua il controllo della temperatura e un monitoraggio sulla eventuale comparsa di “sintomi respiratori”.

Anche il Ciad ha organizzato, per primo, nell’ospedale provinciale di Farcha a N’Djamena, un “centro di controllo” specializzato, con quindici posti letto. La Francia ha messo a disposizione la struttura del Liceo francese Montaigne, ma mentre le autorità ciadiane hanno accettato le disponibilità francesi, altrettanto non si può dire per le autorità burkinabé, dove anche lì è presente una importante comunità transalpina.

Alla luce di quanto esposto l’Africa centrale sta facendo, con i suoi protocolli sanitari applicati per il Covid-19, da “locomotore sanitario” al resto del continente, che si sta muovendo velocemente nella stessa direzione.

Aggiornato il 13 marzo 2020 alle ore 12:35