Il 23 febbraio il tabloid quotidiano “Global Times”, voce ufficiale in lingua inglese del Partito Comunista Cinese, ha pubblicato una notizia che ha fatto trasalire i lettori più attenti che vivono sull’isola di Taiwan.
Pechino ha ordinato l’acquisto di 1,4 milioni di armature militari di altissima qualità che verranno consegnate nell’arco dei prossimi due anni. L’ordine d’acquisto è stato effettuato per consentire all’Esercito popolare di Liberazione di far fronte ai possibili conflitti che potrebbero sorgere a causa, sostengono gli organi governativi cinesi, delle pulsioni secessioniste taiwanesi o per le provocazioni statunitensi.
Stando a quanto è stato riportato dal sito web per l’approvvigionamento di armi e attrezzature per l’esercito cinese, è in fase di organizzazione la gara d’appalto per la fornitura di 930mila unità di piastre per giubbotti antiproiettile universali e 467mila unità di piastre per giubbotti antiproiettile potenziati. Un investimento notevole da un punto di vista economico quantificato in 1,85 miliardi di dollari, ma a Pechino quando si tratta di minimizzare i rischi per i soldati non si bada a spese.
E a confermare che in cima ai pensieri di Pechino c’è la riduzione dei rischi per i militari, vi è la dichiarazione del commentatore televisivo ed esperto militare cinese, Song Zhongping. Interpellato dal “Global Times” ha affermato che l’idea è quella di ridurre al minimo il numero di vittime aggiungendo che l’Esercito popolare di Liberazione sta aumentando il numero di esercitazioni sempre più orientate al combattimento reale e che le stesse, per rendere le simulazioni più veritiere, prevedono l’utilizzo di armature.
Pechino aveva già profuso sforzi notevoli nella ricerca di soluzioni sofisticate per la protezione dei soldati come dimostra un articolo apparso nel novembre del 2019 sul quotidiano cinese “Science and Technology Daily”, in cui si narravano i pregi di una fibra simile al kevlar denominata, “seta dorata”, leggera, ignifuga e antiproiettile da utilizzarsi anche in ambito militare.
Non sono passati inosservati i commenti di alcuni navigatori cinesi su internet circa la tempistica di questo acquisto. Osservano come la validità di queste armature sia piuttosto lunga e insinuano che un acquisto così cospicuo, in un lasso di tempo ridotto, possa rappresentare un passo per la preparazione di un attacco contro Taiwan con l’obiettivo di conquistarla.
Il ricercatore americano Ian Easton, membro dell’istituto Project 2049 e autore del libro “The Chinese Invasion Threat” (La minaccia dell’invasione cinese), in un commento alla notizia afferma che “Questa dovrebbe essere una storia di primaria importanza per Taiwan e invece è passata sotto traccia, è molto probabile che il Coronavirus stia distraendo l’opinione pubblica. È certamente una mossa provocatoria da parte del Partito Comunista Cinese, specialmente in un momento in cui chiedono alla comunità internazionale di inviare loro maschere, supporto medico e denaro per combattere il Coronavirus. Come possiamo fidarci che il denaro degli aiuti non verrà incanalato nel budget dell’esercito cinese?”.
Le tensioni tra Pechino e Taiwan sono andate crescendo fin dal 2016, anno in cui Tsai Ing-Wen ed il suo partito Partito Progressista Democratico (Ppd) sono saliti al potere a Taipei. Il discorso del presidente Xi Jinping nel gennaio 2019 in cui proclamò che non escludeva l’uso della forza per riportare Taiwan sotto il controllo cinese, è una dimostrazione dell’aria tesa che si respira sullo stretto. La recente riconferma (gennaio 2020) di Tsai Ing-Wen, renderà la geopolitica dell’area piuttosto effervescente.
Aggiornato il 28 febbraio 2020 alle ore 13:32