Turchia e Tripolitania, tra mercenari e giacimenti di gas

Che la situazione libica sia complessa da risolvere o forse non si vuole risolvere, lo dimostra l’ennesimo “azzardo turco”, immemore della recente “azione” anti curda in Siria, “risolta” dalla Russia.

Storicamente l’”antenato” della Repubblica di Turchia, l’impero Ottomano, dopo una delle più strategiche battaglie della storia, la Battaglia di Vienna del 12 settembre 1683, si trasforma all’osservazione europea, da “minaccia d’Europa” a “malato d’Europa”. Questa “trasformazione di Profilo” denotò , fino al trattato di Sèvres del 1920, sottoscritto tra le potenze alleate della Prima Guerra Mondiale per la spartizione dell’impero Ottomano, la consapevolezza che la presenza islamica nell’ambito territoriale europeo era “incompatibile”.

Il laicismo del primo presidente della Repubblica di Turchia Mustafa Kemal Atatürk, assopì questa percezione disarmonica nel contesto dei “confini” della “cultura europea” per tutto il suo mandato (1923-1938) e radicò nei futuri Presidenti turchi, come Mustafa İsmet İnönü, Ali Adnan Ertekin Menderes ed altri, i principi di laicità che proseguirono e svilupparono, non senza difficoltà, ma furono in grado di mantenere le basi del pensiero laico ataturkiano. L’ingresso nella politica turca di Recep Tayyip Erdoğan, sindaco di Istambul dal 1994 al 1998, iniziò a demarcare una involuzione di quella laicità che aveva “fatto ipotizzare” a miopi o ottimisti o interessati burocrati europei, che la Turchia potesse entrare nel carosello degli Stati dell’Unione Europea. Tuttavia frasi pronunciate da Erdogan, già come primo cittadino di Istanbul, fecero subito capire che il “ciclo laico” era terminato: La democrazia è un prodotto della cultura occidentale e non può essere applicata al Medio Oriente, che ha un diverso background culturale, religioso, sociologico e storico”, oppure: “La democrazia è come un tram quando si arriva alla fermata si scende” e quindi, coerentemente, che la Turchia con la cultura Ue aveva poco a che fare.

Nei giorni scorsi Recep Tayyip Erdogan, dopo una serie di concrete e commerciali “presenze” in Tripolitania, ha sottoscritto un accordo di sicurezza e cooperazione militare con il Governo di Unità Nazionale (Gna) imposto e riconosciuto dalle Nazioni Unite; Faïez Sarraj ha ora un “particolare” alleato contro la leadership naturale cirenaica del generale ex agente della Cia Haftar; la Turchia, quindi, potrà essere così pericolosamente coinvolta nel conflitto in Libia con l’invio, su richiesta del Gna (ma anche no come sta accadendo), di una forza di reazione rapida. Il 27 novembre Erdogan aveva già elevato il livello di “tensione” siglando un controverso accordo marittimo con Sarraj, sulla delimitazione marittima turco-libica” alzando le tensioni nel Mediterraneo orientale. La scoperta di giacimenti di gas in questa area sta alimentando le controversie tra diversi stati, tra cui Grecia e Turchia, già in conflitto da decenni sulla condivisione di risorse, come le “acque”, l’altopiano continentale, lo spazio aereo e non ultimo Cipro, parzialmente occupata dai turchi nel 1974.

L’intervista ad Erdogan trasmessa lunedì 9 dicembre dalla televisione pubblica turca Trt è indicativa: Con questo accordo, abbiamo spinto al massimo il territorio sul quale abbiamo autorità. Questo ci consentirà di svolgere attività congiunte di esplorazione”, aggiungendo di essere pronto a inviare nuove navi perforatrici nel Mediterraneo orientale, nel Mar Nero e anche in acque internazionali, palesando la volontà di “tracciare” una “nuova mappa politica” delimitante una ampia “striscia marittima” che congiunge la Turchia alla Libia .

In questa ottica di espansione politica e commerciale, la Grecia, la Cipro greca, Israele ed Egitto, manifestano grandi dissensi e una forte opposizione ai “programmi energetici” turchi. Ankara sta da tempo fornendo al Gna droni, armamenti vari e artiglieria pesante nonostante l’embargo sulle armi imposto dalle Nazioni Unite dal 2011. Erdogan, afflitto dalla “sindrome di Sèvres” (accerchiamento), ormai sente la fine del suo ciclo e come tutti gli “antidemocratici naturali” è ossessionato dal mostrare la “muscolatura” del potere militare; è anche conscio della sua debolezza politica e, l’invio delle truppe di terra in Libia, può dargli una dose di “doping politico”. Tuttavia anche se l’accordo prevede: consulenza, formazione, passaggio di competenza, sostegno materiale, pianificazione e l’istituzione di una forza di reazione rapida con responsabilità di polizia e militare, l’intervento fisico sarà affidato a milizie mercenarie “filo-turche”, come annunciato dalle autorità militari di Ankara e come già risulta siano in procinto di presentarsi sul suolo libico, a fianco di Tripoli, gruppi di contractors formati prevalentemente da ex ribelli siriani anti Assad.

La strategia di Erdogan si allinea con quella dell’”amico”, Vladimir Putin, che ha autorizzato il gruppo di sicurezza privata russo Wagner, dei super contractors, a supportare incisivamente l’esercito di Haftar, fornendogli un’élite di mercenari, cecchini infallibili ed esperti militari. La scelta “di fronte” turca (ma non solo quella turca) pecca di lungimiranza ed è ricca di contraddizioni e soprattutto ha “poca memoria”; sarebbe bastato un veloce “sguardo in dietro” per capire che la scelta di affiancare Sarraj con un esercito di terra, poteva essere più ponderata.

Intanto Recep Tayyip Erdogan il giorno di Natale ha incontrato il neo presidente della “sentinella d’Europa” il tunisino Kaïs Saïed; nell’incontro ha offerto la sua collaborazione e spiegato, quasi giustificandosi, la sua “scelta di campo” in Libia. Nella riunione a sorpresa di Tunisi Erdogan, commentando le notizie sulla presenza di mercenari sudanesi e russi accanto alle forze pro-Haftar, ha dichiarato: “Mi chiedo cosa stiano facendo in Libia e a quale titolo si trovino li questi 5.000 sudanesi e altri 2000 della compagnia russa Wagner. Cosa devono fare e quali sono i loro collegamenti? Se la Turchia viene invitata a inviare truppe in Libia, accetteremo l’invito perché almeno abbiamo un accordo con il Gna”; in questa affermazione incuriosisce l’osservanza dell’”aspetto burocratico”. Ma intorno “all’azzardo turco” orbitano progetti con altri fini: l’abbraccio di Ankara su un’area “promettente” e “l’accordo marittimo con tripoli” potrebbero complicare il progetto di costruzione del gasdotto EastMed (pipeline), Israele, Cipro, Grecia, Italia, destinato a distribuire Gas del Mediterraneo verso l’Europa.

In conclusione, una semplice lettura dell’”accordo turco-tripolino” a scopo militare, si potrebbe anche configurare come uno strategico, ma banale “depistaggio politico” per avere libero campo su interessi energetici molto più redditizi e cruciali.

 

 

Aggiornato il 30 dicembre 2019 alle ore 11:14