Nel Sahel l’Islam combatte contro il jihad

La strage dei 71 soldati nigerini, uccisi la settimana scorsa dalle milizie jihadiste, è stata commemorata venerdì tredici durante una solenne cerimonia, dove i corpi delle vittime, avvolti nella bandiera nigerina, hanno avuto il riconoscimento di “martiri”.

Sull’asfalto della base aerea 101 a Niamey, il Presidente del Niger, Mahamadou Issoufou, ha dichiarato che: “Ho deciso di venire a testimoniare la riconoscenza della Patria, inconsolabile ma in nessun modo sconfitta, a questi uomini, nostri eroi e nostri martiri”. “La vostra morte è gloriosa”, ha continuato il presidente Issoufou: “Avete sacrificato la vita per proteggere il Niger dalla barbarie di coloro che amano i vampiri aspirano solo a bere sangue, quelli che distruggono non solo le vite ma la nostra religione”; aggiungendo: “L’Islam non ha mai conosciuto un’arma di distruzione così massiccia e formidabile come il terrorismo. L’Islam viene distrutto dall’interno in nome dell’Islam”.

L’affermazione del presidente nigerino è decisamente “forte” e sorprendentemente lucida, tale “chiarezza”, su ciò che si sta verificando nell’area del Sahel - Sahara, è sicuramente “aiutata” dal rischio reale che parte degli Stati dell’area possano essere stabilmente occupati dal nuovo Stato islamico. Infatti lo scontro sta assumendo connotazioni non più tra Stati-Nazione e guerriglia jihadista, ma tra Stati e Stato islamico. L’opinione pubblica degli Stati del Sahel da molti mesi sta contestato la presenza dei militari francesi nella regione, contestazioni guidate dall’utopistico e “vetero-dogmatico pensiero” anticolonialista; ma la realtà e non l’utopia, ha indotto Mahamadou Issoufou ed il suo Ministro della Difesa Issoufou Katambe, ha dichiarare di promettere: “di rafforzare ulteriormente le nostre alleanze e il coordinamento delle nostre forze per combattere insieme contro i nemici della libertà, contro l’ignoranza e l’oscurantismo”. In questa ottica la forza militare internazionale del G5 Sahel, gli oltre 4500 soldati francesi del Barkhane, le milizie statunitensi e le Forze regolari locali, stanno assumendo non più un ruolo ufficiale mascherato dalla “missione” di “stabilizzazione territoriale”, ma una fisionomia ed una funzione decisamente ed unicamente antiterroristica.

Gli attacchi con modalità da “guerriglia”, hanno dimostrato che i gruppi jihadisti hanno acquisito capacità offensive tali da potersi confrontare con postazioni militari “regolari”. La battaglia di martedì dieci ad Inates (Niger - già ricordati oltre settanta morti), ha palesato che le strategie militari delle milizie dello Stato islamico del Grande Sahara possono confrontarsi con truppe addestrate ed equipaggiate con efficaci armamenti; risulta altresì che il “confronto bellico” sia stato a parità di capacità offensiva, con un fattore determinante a favore delle milizie jihadiste che è quello dell’utilizzo degli “attentatori suicidi”. La “strafottenza spregiudicata” del jihadismo africano è quotidianamente ostentata: martedì 17 circa 14 persone sono state uccise in un villaggio di pescatori nel Ciad occidentale da membri “anarchici” del gruppo jihadista Boko Haram, che si sta consolidando ed espandendo oltre i “tradizionali confini” del nord della Nigeria, dilagando anche in Ciad, Niger e Camerun.

I pescatori ciaddiani provenienti dal villaggio di Kaiga, sono stati attaccati in un area del lago Ciad, in fase di grave prosciugamento, dichiarata zona rossa per la pericolosità ad accedervi. In queste enormi aree lacustri sono disseminati numerosi isolotti molti dei quali occupati da gruppi jihadisti che creano delle piccole enclavi autogestite su “base rigidamente shaariticha”. Come è prassi in queste aggressioni, i sequestri di giovani uomini e donne sono un fattore determinante: infatti i primi subiscono “forzate conversioni al jihadismo” che li porta ad incrementare le fila dei miliziani dell’Isgs, le seconde entrano nel “girone” delle “schiave”.

Inoltre, anche l’immane “palude sociologica” africana è stata contagiata dalle “usanze più raffinate” dell’area del Vicino oriente, infatti come l’Isis assoldava disertori delle varie “Legioni straniere”, sia francesi che britannici, anche l’Isgs (Stato islamico del Grande Sahara), come risulta dall’ultimo rapporto del Cat, Centro d’Analisi del Terrorismo, presieduto da Jean-Charles Brisard inerente “Les militaires et le djihad”, “gode” di tali “fenomeni”.

Il rapporto “Cat” rivela le preoccupanti defezioni di militari appartenenti alla Légion étrangère, di cittadinanza francese, ma di origine centro nord africana e di religione islamica, che transitano nei gruppi jihadisti. E’ evidente che in questo caso non è solo il fattore numerico che preoccupa, alcune decine di disertori accertati e dichiarati, ma la qualità: paracadutisti, assaltatori, abilissimi combattenti e strateghi, che raggiungono facilmente i vertici delle milizie terroristiche.

Come ricorda il presidente nigerino Issoufou, l’espansione di un Islam salafitico-jihadista in Africa, e non solo, sta condizionando la sopravvivenza di un Islam che a fatica cerca di “preservare” le condizioni necessarie per non piombare in un isolamento che condurrebbe ad una possibile autodistruzione.

Aggiornato il 20 dicembre 2019 alle ore 13:05