India, sei morti durante le proteste nel Nord Est

Sono salite a sei le vittime degli scontri tra studenti e polizia in India. La protesta nasce contro la legge sulla cittadinanza, il Citizen Amendment Bill. La norma, proposta dal partito nazionalista hindu Bharatiya Janata Party (Bjp), garantisce la cittadinanza ai migranti irregolari arrivati nel Paese da Pakistan, Bangladesh e Afghanistan prima del 2015. Da questa misura sono stati però esclusi i musulmani.

Gli studenti universitari dei campus indiani hanno manifestato a Mumbai, Kolkata, Bangalore. Il sito online Firstpost ha scritto che ai quattro morti confermati dalle autorità nei giorni scorsi a Guwahati, la capitale dell’Assam, se ne sono aggiunti altri due: un autista di camion, morto in ospedale per le ferite riportate negli scontri di sabato, e un manifestante, ucciso dalle pallottole sparate dalla polizia lo scorso 12 dicembre, durante una delle manifestazioni più violente.

Una grande manifestazione contro la legge sulla cittadinanza, promossa dal Trinamool Congress Party, il partito della governatrice del West Bengala Mamata Banerjee, è in corso in queste ore a Kolkata. Ieri, a Delhi, a seguito di violenti scontri con manifestanti sulle strade, che protestavano contro la recente legge sulla cittadinanza, che penalizza i musulmani, la polizia ha invaso il campus della Jamia Millia Islamia University, picchiando i guardiani. Gli agenti hanno picchiato ragazzi e ragazze con i manganelli, lanciato gas lacrimogeni, distrutto la biblioteca e la moschea in cui era in corso una preghiera e arrestato 35 studenti.

Najma Aktar, vicerettore del campus, parlando alla stampa, ha condannato l’azione della polizia e ha annunciato che l’università chiederà un’indagine ad alto livello sul suo operato. Il premier Narendra Modi è intervenuto con due tweet, cercando di placare gli animi. Nel primo tweet Modi ha scritto che “il dibattito, la discussione, il dissenso sono elementi essenziali della nostra democrazia: azioni che danneggiano le proprietà pubbliche e stravolgono la vita normale non fanno parte della nostra etica”. Nel secondo tweet il premier ha provato a tranquillizzare i musulmani, esclusi dal semaforo verde previsto dalla legge: “Assicuro in modo inequivocabile i miei compatrioti che la legge non avrà nessuna conseguenza su nessun cittadino indiano di nessuna religione. Gli indiani non hanno nulla di che preoccuparsi: la legge riguarda solo chi ha subito anni di persecuzioni all’estero e ha solo l’India dove rifugiarsi”.

Intanto, la Corte Suprema indiana terrà domani un’udienza urgente su quanto accaduto. Secondo quanto scrive l’agenzia di stampa Ians i giudici hanno anticipato che non si faranno ricattare mentre le proprietà pubbliche vengono distrutte. “Con questo”, ha aggiunto il presidente “non stiamo affermando che gli studenti siano responsabili e che la polizia sia innocente. Valuteremo a sangue freddo, ma solo se le proteste d’ora in poi saranno pacifiche”.

Aggiornato il 16 dicembre 2019 alle ore 17:29