Sposa dell’Isis aiutò Cia a cercare al-Baghdadi

Per anni è stata al centro della dirigenza dell’Isis, in quanto moglie di Abu Sayyaf, “ministro del petrolio” del califfato fino a quando è stato ucciso in un raid delle forze Usa, nel maggio del 2015, e lei è stata catturata da un commando della Delta Force.

Da allora, Umm Sayyaf ha deciso di collaborare con la Cia e con l’intelligence curda nella caccia al califfo dello Stato islamico, Abu Bakr al-Baghdadi, arrivando a dare indicazioni determinanti, poi purtroppo sprecate. Lo rivela il quotidiano britannico Guardian, che ha avuto modo di parlarle. Nel febbraio 2016 Umm Sayyaf indicò una casa a Mosul dove per vari motivi si riteneva che si trovasse al Baghdadi. Tuttavia, secondo autorevoli fonti curde, i comandanti delle forze Usa esitarono ad effettuare un raid aereo contro quell’edificio, soprattutto per una intensa attività aerea nei cieli iracheni e per il timore di “vittime collaterali” in un quartiere densamente popolato. In un secondo momento, ammisero però che il leader dell’Isis poteva in effetti essere stato davvero lì. “Gli dissi dove era il rifugio”, ha raccontato Umm Sayyaf al Guardian, aggiungendo che “quella era una delle case che gli erano state fornite e una delle sue preferite”.

L’intelligence la mise sotto controllo e quel giorno notò che la zona era stata insolitamente disseminata di sentinelle e guardie del corpo. Umm Sayyaf aveva avuto la possibilità di assistere alle riunioni tra suo marito e al Baghdadi, che a volte insieme registravano i messaggi audio che poi il califfato diffondeva via internet. “Succedeva nel nostro salotto a Taji”, una città nel centro dell’Iraq. “Mio marito era capo della comunicazione (dell’Isis) e Baghdadi veniva spesso da lui”. Quando succedeva, lei serviva loro il te. Per molte ore, la donna ha avuto riunioni con agenti americani, identificando persone e luoghi con l’ausilio di fotografie, filmati e mappe geografiche e altri strumenti. Gli americani, ha affermato, “erano molto garbati e corretti. Indossavano abiti civili. Ho detto loro tutto ciò che sapevo”.

Secondo un alto funzionario dell’intelligence curda Umm Sayyaf ha dato “un’immagine molto chiara della struttura della famiglia di al-Baghdadi e delle persone che più contavano per lui. Abbiamo imparato a conoscere le mogli delle persone che lo circondano in particolare, e questo è stato molto utile per noi. Ha identificato molte persone e le loro responsabilità”. Umm Sayyaf, 29 anni, al secolo Nisrine Assad Ibrahim, è stata condannata morte in Iraq. Tra le tante accuse che le sono state rivolte c’è quella di aver fatto da carceriera alla cooperante american Kayla Mueller e numerose donne e ragazze yazide, che poi venivano stuprate da alti esponenti dell’Isis, compreso al Baghdadi. Di lei si è occupata anche l’avvocato per i diritti umani Amal Clooney, che a chiesto che venga portata davanti alla giustizia degli Stati uniti, affinché risponda dei suoi crimini.

Aggiornato il 31 maggio 2019 alle ore 18:19