Kurz attacca l’Italia: “Non diventi seconda Grecia”

Sebastian Kurz ha cambiato radicalmente strategia. Il cancelliere austriaco si è scoperto, d’un tratto, europeista e anti-sovranista e ha abbracciato la causa di un Ppe convintamente moderato. “Abbiamo bisogno – sostiene – di una grande forza centrista, non di un caos di destra o di sinistra che vuole distruggere l’Europa”. Così, dopo la bocciatura della proposta avanzata dal premier ungherese Viktor Orbán di un accordo tra il Ppe e i sovranisti, Kurz invoca rigore nei confronti dei Paesi “irresponsabili” nelle politiche sul debito. A partire dall’Italia. Nel corso di un’intervista alla Stampa, Kurz ha dichiarato che “ci sono troppe poche sanzioni nella Ue, ad esempio contro chi sfora le regole del debito o lascia passare i migranti irregolari da uno Stato all’altro”. Secondo il cancelliere, “ci libereremo dalla crisi solo se esisteranno sanzioni chiare verso i membri che creano indebitamento. Tutti dobbiamo lavorare per ridurre il nostro rapporto deficit-Pil e rispettare le regole del Patto di stabilità”.

Kurz cita chiaramente il nostro Paese. L’obiettivo è “impedire che l’Italia, ad esempio, finisca per diventare una seconda Grecia attraverso una politica del debito irresponsabile. Questo aspetto deve essere disciplinato in un nuovo trattato Ue. Solo così potremo evitare che l’Italia metta in pericolo l’intera zona euro”. Rispetto alla questione migranti Kurz sostiene che “chi parte illegalmente non deve poter arrivare nell’Europa centrale, ma deve essere soccorso, fermato e rimandato alle frontiere esterne”.

Per Kurz, “se i popolari vinceranno le Europee occorrerà abbandonare il Trattato di Lisbona e scriverne uno nuovo. Con lo scopo di aiutare i Paesi che si trovano ai confini dell’Unione, come Italia o Grecia. In ogni caso, se gli Stati membri continuano a lasciar entrare immigrati clandestini verso l’Europa centrale e non rispettano i loro obblighi, saranno necessarie sanzioni chiare”.

Il cancelliere non ha dubbi: “è necessario collaborare con i Paesi nordafricani e allo stesso tempo bisogna fornire assistenza in loco e migliorare i programmi di integrazione in Europa, per portare qui i più deboli tra i deboli, che provengono dalle zone di guerra”.

Aggiornato il 06 maggio 2019 alle ore 17:09