Venezuela, strage alla frontiera brasiliana: 25 morti

I due giorni che hanno decretato il caos. In Venezuela nelle ultime 48 ore si è registrata una strage di 25 persone e il ferimento di almeno 84 a Gran Sabana, alla frontiera brasiliana. Sono state le forze di sicurezza e gli irregolari chavisti ad aprire il fuoco lungo il confine. È quanto ha denunciato il sindaco della località, Emilio Gonzalez, che si è rifugiato in Brasile, attraversando il confine clandestinamente. Ieri, il presidente ad interim Juan Guaidò ha detto che chiederà alla comunità internazionale di mantenere “tutte le opzioni aperte” nella lotta per cacciare il presidente Nicolas Maduro. L’appello di Guaidò è giunto dopo una turbolenta giornata in cui una campagna di aiuti umanitari sostenuta dagli Stati Uniti da inviare in Venezuela ha incontrato una forte resistenza da parte delle forze di sicurezza, che hanno sparato lacrimogeni sui manifestanti lasciando almeno due morti e circa 300 feriti. Sabato sera il leader dell’opposizione proclamatosi presidente ad interim ha twittato: “Gli eventi di oggi mi hanno obbligato a prendere una decisione: proporre in modo formale alla comunità internazionale di mantenere tutte le opzioni disponibili per liberare questo Paese, che lotta e continuerà a lottare”.

Guaidò ha detto che incontrerà oggi il vicepresidente degli Stati Uniti, Mike Pence, nel vertice d’emergenza dei ministri degli Esteri del gruppo di Lima sulla crisi del Venezuela nella capitale colombiana Bogotà. Sono ore drammatiche in Venezuela. La “valanga umanitaria” di aiuti, annunciata da Guaidò e destinata alla popolazione stremata del Venezuela, è stata bloccata con la forza alle frontiere da Nicolas Maduro. Le sue forze di sicurezza hanno lanciato una brutale repressione contro i manifestanti al confine con la Colombia, mentre i “colectivos” (gruppi irregolari chavisti) fedeli al presidente hanno sparato vicino a quello con il Brasile. Guaidò, che venerdì aveva attraversato il confine colombiano, aveva annunciato in mattinata l’inizio dell’operazione coordinata per l’ingresso degli aiuti umanitari depositati in Brasile, Colombia e Curazao dai Paesi che hanno risposto alla sua richiesta di assistenza. Poche ore dopo, però, lo stesso Guaidò ha ammesso che “solo una parte” dell’assistenza è riuscita ad entrare in Venezuela. Il leader oppositore, riconosciuto presidente ad interim da numerosi Paesi occidentali, ha accusato “un piccolo gruppo della polizia nazionale” e i ‘colectivos’ di “massacrare il popolo a San Antonio de Tachira, sul confine con la Colombia, con cariche e lacrimogeni, e a Santa Elena de Uarein, sul confine col Brasile, dove secondo Alfredo Romero, responsabile della ong Foro Penal, almeno 4 persone sono morte e altre 18 sono rimaste ferite. Un camion di aiuti proveniente dal Brasile è effettivamente entrato in territorio venezuelano, almeno formalmente, come ha annunciato Guaidò e confermato il ministro brasiliano degli Esteri, Ernesto Araujo, ma a metà pomeriggio restava comunque parcheggiato a una certa distanza dal posto di blocco della Guardia Nazionale, senza che apparentemente siano stati scaricati gli aiuti.

Aggiornato il 25 febbraio 2019 alle ore 13:36