Le elezioni in Congo e i giochi del potere straniero

L’indipendenza del Congo risale al 1960: nell’ondata indipendentista africana il Belgio dovette abbandonare, almeno relativamente, i propri interessi sulle ricchezze del Congo (in particolare il rame). È evidente che ci fu il tentativo di proseguire nello sfruttamento delle riserve congolesi, e sempre negli anni Sessanta fu fatto uccidere, tramite una regia internazionale pregna di spirito vendicativo e probabilmente con prospettive miopiche Patrice Lumumba, il leader della lotta per l’indipendenza economica. Tale assassinio tutt’oggi mina la fiducia del Congo anche verso il Belgio, bene espressa nel libro di Ludo De Witte “De Moord op Lumumba” del 1999. Alla morte di Patrice la sua eredità culturale e politica, purtroppo, non fu ne coltivata ne portata avanti da altri esponenti della società congolese, lasciando un vuoto senza eredi ed interrompendo una continuità costruttiva politica e sociale autoctona frutto della sofferta indipendenza dal Belgio. La suddetta situazione giustifica le enormi difficoltà che il Congo ha affrontato nel corso degli anni, fino ai giorni nostri, passando per la lunga dittatura di Mobutu notoriamente appoggiata dai Paesi occidentali.

Il Paese il 30 dicembre ha affrontato le elezioni presidenziali ma anche il rinnovo del Parlamento e del Senato: la mano lunga degli interessi stranieri non si ritrae, mentre in Congo agisce una classe politica matura centrata sulla filosofia politica del padre dell’attuale presidente Joseph Kabila, Laurent-Désiré Kabila. Nel 2001 Laurent-Désiré fu assassinato, la sua profonda eredità ideologica fu raccolta e portata avanti dal figlio, il quale è attualmente pronto ad abbandonare il potere infatti nonostante vari tumulti si è adoperato affinché le elezioni fossero “trasparenti”, appoggiando un suo delfino Emmanuel Ramazani Shadary come candidato. Ramazani è stato a lungo consigliere politico ed economico del presidente uscente oltre avere rivestito cariche ministeriali. L’opposizione si concentra intorno a Martin Fayulu e a Felix Tshisekedi, quest’ultimo figlio dell’oppositore storico di Mobutu, Etienne, fondatore nel 1982 del principale partito d’opposizione, l’Udps, Union for Democracy and Social Progress.

Al di là di chi possa essere il vincitore delle elezioni, per comprendere gli interessi in gioco basta citare, tralasciando oro, diamanti e litio, due minerali: il coltan e il cobalto. Il coltan è l’elemento base per la produzione dei telefoni cellulari, il cobalto è cruciale per le batterie nelle industrie automobilistiche che trasmigrano verso l’alimentazione elettrica. Di recente, il Parlamento congolese ha deciso di aumentare il dazio sul cobalto dal due al dieci per cento circa, e ha perciò irritato le industrie straniere che sfruttano le miniere di questo minerale. Le elezioni sono un punto fondamentale per la continuità della politica di Kabila, cioè nella volontà di mantenere e rafforzare una forte indipendenza economica del Paese, opponendosi al rischio di una nuova sudditanza dalle politiche coloniali.

Non dimentichiamo che nell’ombra delle “manovre”, inevitabili, esiste la Cina, che si è già appropriata di buona parte del rame congolese, offrendo in cambio un sostegno al governo di Kabila soprattutto nello sviluppo delle infrastrutture come strade e aeroporti. Non si può negare che il governo di Kabila abbia arricchito le infrastrutture, ma il Paese è esteso circa sei volte rispetto all’Italia, quindi il lavoro da fare è ancora tanto. L’esempio della Cina ha trascinato altri Paesi come la Turchia, il Giappone, il Marocco ad affacciarsi nell’area economica congolese. Esiste la necessità di sviluppare lo Stato sociale, in modo particolare sanità e scolarizzazione. L’Italia ha avuto un ruolo nello sviluppo del Congo: ricordiamo la costruzione della diga di Inga, con la potenziale distribuzione di energia a quasi tutti i Paesi limitrofi del Congo.

Il risveglio dell’Africa, quindi anche del Congo, rappresenta sicuramente una innegabile opportunità per l’esportazione della tecnologia occidentale e l’Italia ha un eccellente know-how, quindi potrebbe essere parte attiva in queste operazioni commerciali in tutti i settori, in particolare quello energetico. Le elezioni sono centrali, anzi cruciali, per il Congo, ma anche per gli interessi di molta parte dell’Occidente e non solo. L’Africa ha bisogno di cooperazioni, non di sfruttamento; solo così potrà esprimere il massimo di sé e l’Italia è storicamente poco incline alla colonizzazione e molto più predisposta per la collaborazione, ricordando che il Congo ha l’85 per cento della popolazione cristiana, e che la seconda confessione è protestante.

Aggiornato il 02 gennaio 2019 alle ore 13:11