Thank you, Donald. Ci voleva lui, il presidente degli Stati Uniti, per sbattere sul grugno di Angela Merkel quella verità sulla Germania, e sulla sua volontà di potenza, che a noi italiani, finora in Europa figli di un dio minore, non è stato consentito di pronunciare.
Alla vigilia del vertice a Bruxelles, Trump si è fatto precedere da una serie di dichiarazioni critiche nei confronti degli alleati. Ma il dito l’ha puntato dritto verso la cancelliera alla quale contesta una sfacciata ambiguità non più tollerabile riguardo alla politica di contenimento dell’espansionismo economico della Russia. “The Donald” pone all’ interlocutore, il Segretario Generale della Nato Jens Stoltenberg, una semplice domanda, che è la medesima che arrovella anche noi da anni: “È molto triste che la Germania abbia fatto un enorme accordo sul petrolio e sul gas con la Russia… la Germania avrà quasi il 70 per cento del Paese controllato dalla Russia, tramite il gas naturale: e mi dica, è corretto?”.
Trump si riferisce al gigantesco volume d’affari che Russia e Germania hanno in piedi grazie al gasdotto North Stream che pompa materia prima energetica dal porto di Vyborg sulla costa russa alla centrale di smistamento di Greifswald dove il gasdotto si collega alla rete onshore tedesca. In prospettiva i due Paesi hanno in programma di mettere in funzione il North Stream 2 che, raddoppiando l’infrastruttura esistente, consentirà di moltiplicare il quantitativo di gas russo da immettere sul mercato europeo. Trump se ne lamenta perché non vede spiragli per l’industria petrolifera statunitense per entrare nel mercato del vecchio continente con il proprio gas, almeno fino a quando la Germania continuerà a spalleggiare la concorrenza russa. “Ci si aspetta che noi proteggiamo la Germania con i nostri apparati di difesa e i nostri soldi e poi loro, i tedeschi, vanno e pagano miliardi di dollari all’anno alla Russia”.
Questo è pressappoco il ragionamento di Trump, che non fa una grinza. Anche l’Italia potrebbe dire qualcosa di analogo. La signora Merkel è stata la più inflessibile nel pretendere che Roma si adeguasse alla politica delle sanzioni contro Mosca, ben conscia del fatto che ciò avrebbe mandato in rovina più di un comparto del sistema produttivo italiano che faceva affari d’oro sul mercato russo. Di più, è stato imposto da Bruxelles, sotto la pressione di Berlino, che l’Italia cessasse ogni collaborazione con Mosca per portare a compimento il progetto del South Stream che avrebbe trasferito il gas russo direttamente in Italia, passando per i Balcani. Noi l’abbiamo pagata tutta e a caro prezzo la rappresaglia contro Vladimir Putin, reo di aver annesso la penisola di Crimea alla Federazione Russa, strappandola a un’Ucraina divenuta inopinatamente Paese ostile agli interessi di Mosca. Ma la signora Merkel se n’è lavata le mani e quel conto salato lo ha lasciato a noi. E questo sarebbe il sogno europeo? Piuttosto è un incubo.
Ora, Donald Trump attacca la Germania per proteggere gli interessi del suo Paese che non sono sovrapponibili ai nostri. Nondimeno, ci rende un grande servizio consentendo di smascherare l’ipocrisia sulla quale è stato costruito l’ultimo pezzo, in ordine di tempo, dell’edificio comune europeo. Dietro l’atteggiamento volutamente aggressivo dell’inquilino della Casa Bianca nei confronti dei principali partner europei si cela una visione geopolitica che ha in odio il multilateralismo, com’è stato declinato negli anni recenti in Europa, mentre ben si dispone a un rafforzamento degli accordi bilaterali con i singoli Paesi del vecchio continente.
Il governo italiano, che da questa congiuntura potrebbe guadagnare parecchio, ha davanti a sé due scelte alternative. Ignorare le crescenti attenzioni che l’alleato americano rivolge all’Italia e appiattirsi sulla politica del braccio di ferro che Merkel (e Macron) vorrebbero ingaggiare con Trump in nome e per conto di tutta l’Unione oppure discostarsi dalla cieca obbedienza ai diktat dei padroni del vapore europeo e andare, in totale autonomia, a “vedere le carte” che Washington ha in mano. In proposito, potrebbe essere indizio di un buon avvio di relazioni il fatto che Trump, nel contestare alla Germania il rapporto con la Russia sulla questione energetica, abbia invece elogiato l’Italia per aver proseguito nella costruzione della Trans Adriatic Pipeline (Tap) che dal 2020, data del suo completamento, si stima porterà in Europa 10 miliardi di metri cubi all’anno di gas dal giacimento di Shah Deniz in Azerbaijan, attraverso il terminale della pipeline in fase di realizzazione a Melendugno in Puglia. Ambientalisti, governatore Michele Emiliano e casinisti grillini permettendo. Dopo le fatiche del vertice Nato e del faccia-a-faccia in programma a Londra con la premier Theresa May, Trump si prepara al meeting tanto atteso con Vladimir Putin. Facciamo gli scongiuri perché da quell’incontro esca la soluzione per riaggiustare i rapporti tra l’Occidente e la Federazione Russa.
È l’ora per il nostro Paese di liberarsi dei lacci che l’hanno tenuto legato alla fedeltà all’Unione europea e di riprendere a giocare in proprio sullo scacchiere internazionale. Trump ci vuole interlocutori privilegiati in Europa? Ci stiamo, ma il premier Giuseppe Conte, atteso a fine luglio a Washington per un primo bilaterale, faccia come quel tale falso beduino dei cerchi che, alle richieste dei visitatori di vedere gli animali esotici, rispondeva: tu pagare moneta ..tu vedere cammello. E oggi la “moneta” che ci sta più a cuore è la stabilizzazione libica che deve realizzarsi sotto l’egida dello stellone italiano e non la “Marianne” francese. Is that ok, Donald?
Aggiornato il 12 luglio 2018 alle ore 12:12