Si aspettano solo le scuse dei giornali progressisti - e non - in Italia come in America e in mezza Europa. La truffa mediatica infatti adesso è stata scoperta e conclamata addirittura in un processo contro un parente della pretesa vittima. Che ha ammesso che in realtà Layla Ghandour - la tenera bimba palestinese di otto mesi “fatta morire” dai media internazionali per colpa del cattivo esercito israeliano che non si sarebbe peritato di spararle addosso mentre gli eroici parenti se la portavano dietro durante uno dei venerdì della rabbia di Gaza - era già deceduta per il terribile male che la aveva minata sin dalla nascita. Mentre la sua morte sotto il muro di protezione israeliano dai terroristi islamici sarebbe stata tutta una messinscena. Per giunta a pagamento. Sì, Hamas avrebbe pagato i genitori perché se la portassero dietro e la facessero vedere alle telecamere. Per la cronaca quel maledetto 14 maggio la tv satellitare Al Jazeera la definì “la faccia della strage di Gaza”, persino “Il Giornale” ne parlò come della “neonata uccisa”. E il “New York Times, il più autorevole giornale del mondo, declamò così: “un simbolo è nato”. E forse era vero, il simbolo di “Hollywood Palestina” - in arte “Pallywood” - quello più macabro.
In realtà già pochi giorni dopo i fatti si venne a sapere che la bimba soffriva di “dotto arterioso”, malattia cardiaca congenita. E che era morta poche ore prima degli scontri per cause mediche assolutamente indipendenti. Sembra addirittura che Hamas sia stato costretto a rimuovere il suo nome dalla “lista dei martiri”. Per evitare le proteste dei parenti di chi invece si era fatto ammazzare o saltare in aria per davvero. Comunque Layla è stata mostrata alle telecamere e tanto è bastato perché i genitori ottenessero la macabra ricompensa: circa due mila euro in shekel israeliani. Moneta corrente anche a Gaza. Il tutto rivelato in udienza da un cugino della bambina che ha puntato il dito contro Yahya Sinwar, uno dei capi militari di Hamas, artefice della messinscena a uso e consumo di giornali e tv sempre di bocca buona quando viene loro offerto un assist per prendersela con lo stato ebraico. Alla ricostruzione storica di questo squallido avvenimento, come si diceva, mancano solo le scuse e i mea culpa dei media di mezzo mondo.
Da "Al Jazeera" al "New York Times", passando per i maggiori giornali italiani. Ma, al contrario, in rete la leggenda della neonata uccisa dalle Idf (Israeli defence forces) continua ad avere seguito e fortuna. E in Italia, con un paese ormai dall’immaginario grillin leghista, a maggior ragione.
Aggiornato il 27 giugno 2018 alle ore 13:27