Russiagate, Manafort cercò di corrompere testimoni

Tentativo di corruzione di alcuni testimoni. È l’accusa depositata ieri da Robert Mueller ai danni di Paul Manafort. Per queste ragioni, secondo il procuratore speciale deve tornare in carcere l’ex lobbista del governo filorusso ucraino di Viktor Yanukovich, che, nel 2016, ha guidato la campagna elettorale di Donald Trump, fino a quando, proprio nell’agosto di due anni fa, sono iniziate a circolare le ipotesi di finanziamenti illeciti russi. Nell’ambito del Russiagate, Manafort è uno dei pochi finiti in carcere nell’ambito delle indagini di Mueller. Si è costituito lo scorso ottobre, finendo agli arresti domiciliari a seguito di un pagamento di una cauzione. Su Manafort pendono dodici capi d’accusa che vanno dalla cospirazione contro gli Stati Uniti alla frode fiscale, dal riciclaggio ai pagamenti illeciti a politici e imprenditori europei per conto dell’Ucraina.

Lo scorso febbraio, contro Manafort ha testimoniato il suo ex socio in affari Rick Gates. Secondo il piano accusatorio di Mueller, Manafort avrebbe ripetutamente tentato di fare pressioni su due testimoni a suo carico. Si tratterebbe di persone coinvolte nello scandalo dei finanziamenti attraverso conti offshore al cosiddetto “gruppo di Hapsburg”: politici europei pagati per agire in favore del governo filorusso ucraino. Si tratterebbe di un’azione illegale perché condotta senza la registrazione come agente di un governo straniero, così come impone la legge statunitense. Frattanto, domenica scorsa il presidente americano ha attaccato ancora l’Fbi via Twitter, accusando l’agenzia di aver spiato Manafort prima, durante e dopo le presidenziali. Ma, nel tweet successivo, Trump ha preso le distanze dall’ex direttore della sua campagna elettorale.

Aggiornato il 05 giugno 2018 alle ore 17:34