È vivo Babchenko, il giornalista russo dato per morto

Ucciso, anzi no. La stampa internazionale è caduta in una colossale fake news. Arkady Babchenko, giornalista e scrittore russo, feroce critico di Vladimir Putin, sarebbe caduto in un agguato, freddato dai colpi di pistola di un killer, nel suo appartamento di Kiev. Testimone dell’omicidio, la moglie del cronista. Babchenko, secondo le notizie delle agenzie di stampa internazionale sarebbe morto in ambulanza, prima di raggiungere l’ospedale. Ma nel corso della giornata odierna si registra il clamoroso colpo di scena. Alla conferenza stampa prevista a Kiev sull’omicidio di Aleksej Babchenko, si è presentato lo stesso giornalista russo. Vivo. La sua finta morte farebbe parte di un’operazione dei servizi segreti ucraini per sventare l’assassinio. “Chiedo scusa a tutti – ha detto Babchenko – e a mia moglie, per l’inferno che ha dovuto sostenere. Ma non c’era alternativa. Ringrazio i servizi ucraini per avermi salvato la vita”. Il giornalista ha dichiarato davanti ai giornalisti increduli che “l’operazione speciale è stata preparata per due mesi. Io sono stato messo al corrente un mese fa. Hanno lavorato come matti. Il risultato di questo lavoro è stata un’operazione che ha portato alla cattura di un uomo”. Secondo quanto sostengono i servizi di sicurezza ucraini su Twitter, “è stato scoperto un piano per assassinare Babchenko. Ed è stata presa la decisione di organizzare un’operazione speciale durante la quale siamo riusciti a raccogliere prove inconfutabili dell’attività terroristica dei servizi speciali russi nel territorio ucraino”.

Ieri era stato diffuso persino l’identikit del killer. L’assassino, barba grigia, sarebbe stato un uomo tra i quaranta e i quarantacinque anni. Per gli inquirenti ucraini, Babchenko sarebbe stato colpito alla schiena da tre proiettili mentre rientrava nel proprio appartamento. Frattanto, si erano registrate le reazioni internazionali all’omicidio-farsa del giornalista. Il primo ministro ucraino Volodymyr Groysman aveva detto che “la Russia è responsabile della morte del giornalista. Sono convinto che la macchina repressiva russa non gli abbia perdonato la sua onestà e i suoi principi”. La replica russa non si era fatta attendere. Per il ministro degli Esteri Serghei Lavrov, si era trattato di “un’altra tragedia a Kiev: Arkady Babchenko è stato ucciso all’ingresso di casa sua e il primo ministro ucraino ha dichiarato immediatamente che i servizi segreti russi sono responsabili. È un modo deplorevole di condurre gli affari internazionali”. Sull’omicidio del reporter russo era intervenuto  anche il presidente del Parlamento europeo, il giornalista Antonio Tajani, nel corso dell’assemblea plenaria a Strasburgo. Tajani, ricordando Babchenko, aveva pronunciato un accorato appello alla libertà di stampa internazionale.

Arkady Babchenko ha servito la Russia in entrambi i conflitti in Cecenia: 1994-96 e 1999-2009. Dopodiché, nel 2000, ha lasciato le forze armate per occuparsi quasi esclusivamente di giornalismo. Ha lavorato come corrispondente di guerra per Moskovsky Komsomolets e Zabytyi Polk. In seguito, ha scritto su Novaya Gazeta e ha firmato una serie di libri. Uno di questi, dal titolo “La guerra di un soldato in Cecenia”, è stato pubblicato anche in Italia, per  Mondadori. Babchenko è sempre stato un feroce critico del presidente russo. Il giornalista si era schierato contro la destabilizzazione dell’Ucraina da parte della Russia. Nel febbraio dello scorso anno ha scritto un post su Facebook in cui si è dichiarato indifferente per l’incidente aereo del Natale 2016, in cui ha perso la vita l’intero coro Alexandrov Ensemble. A quel punto, sul social network, si è scatenata una campagna d’odio nei confronti del giornalista. Tra gli attacchi ricevuti, il giornalista ha menzionato quelli del deputato ultranazionalista Vitaly Milonov e del senatore Frants Klintsevich. Addirittura, il network Tsargrad diretto da Alexander Dugin, molto vicino a Putin, ha inserito Babchenko al decimo posto tra i cento russofobi più pericolosi. Sono questi i motivi che hanno spinto Babchenko a lasciare la Russia per trasferirsi prima a Praga e poi a Kiev, dove lavora per la tivù Atr. Eppure, anche in Ucraina, il giornalista non si sente “più sicuro”.

Aggiornato il 30 maggio 2018 alle ore 18:43