L’Ajc sugli scontri a Gaza

David Harris, direttore esecutivo dell’American Jewish Committee (Ajc), ha rilasciato il seguente comunicato sulla situazione a Gaza.

“In questi difficili momenti al confine con Gaza, siamo al fianco di Israele. È necessario essere assolutamente chiari. Quest’ultimo ciclo di violenze è stato scatenato da Hamas, una organizzazione terroristica - definita tale sia dagli Usa che dalla Ue - la cui costituzione e retorica riguardo i loro obiettivi auspica nientemeno che il genocidio di Israele e del popolo ebraico. I critici di Israele vorrebbero farci credere che si tratterebbe di una “pacifica protesta dei residenti di Gaza”, a cui l’esercito israeliano risponderebbe con la forza. Si tratta di un travisamento totale dei fatti, forse causato dal rancore, dalla scarsa conoscenza dei fatti o da un goffo tentativo di imparzialità. Non sono pacifiche proteste. Il loro scopo è di sfondare il confine con Israele riconosciuto dal diritto internazionale, entrare nel territorio israeliano e, come è stato più volte ripetuto dai portavoce di Hamas, massacrare ebrei – proprio così, massacrare ebrei – spesso in nome di comandamenti religiosi. Cos’altro può fare Israele se le armi non letali non hanno fermato dimostranti che cercano di entrare nel Paese per devastarlo? Ci dicano le altre nazioni cosa farebbero davanti a una situazione simile, invece di fare la predica ad Israele da casa loro, come alcuni stanno facendo. Tragicamente, quando c’è una crisi del genere ne vanno di mezzo persone innocenti. Ma l’ethos di Israele è sempre quello di tenere basso per quanto umanamente possibile il numero di vittime, mentre allo stesso tempo deve affrontare folle di persone tra cui numerosi terroristi e provocatori. A suo credito, gli Usa sono rimasti fermamente al fianco di Israele in queste settimane di crescente violenza a Gaza, difendendo il diritto assoluto di Israele di proteggere i suoi cittadini. Siamo grati a Washington per la sua lucidità morale, mentre altri, troppi, brancolano nella nebbia. Per quanto riguarda Hamas, sta ripetendo la stessa cinica strategia che abbiamo già visto tante volte: strumentalizzare donne e bambini, cercare la vittima, per poi ritrarre Israele nella peggiore luce possibile. Incredibilmente, nella comunità internazionale c’è chi ha abboccato in pieno all’amo, scegliendo per qualche motivo di ignorare il carattere e lo scopo di Hamas. Non dimentichiamo che quando nel 2005 Israele terminò il ritiro completo e assoluto dalla Striscia, Gaza ebbe, per la prima volta nella sua Storia, la possibilità di governare se stessa. Le precedenti potenze occupanti, tra le quali troviamo l’Egitto, l’avevano dominata con il pugno di ferro. Ma invece di tracciare un percorso di sviluppo politico, sociale ed economico, il popolo di Gaza espulse l’Autorità Palestinese che si trovava al governo, mettendo Hamas al suo posto. Per Hamas, a sua volta, la distruzione di Israele è sempre stata molto più importante della costruzione di Gaza, eccetto quando c’è da costruire tunnel per i terroristi e fabbriche di armi con cui sparare agli israeliani. In conclusione, dal 2007 si sono gettate al vento innumerevoli opportunità, una enorme quantità di fondi internazionali sono stati deviati, è stato fatto il lavaggio del cervello ad una intera generazione di bambini, e generalmente, la situazione a Gaza è andata di male in peggio. Eppure c’è ancore chi si rifiuta di ritenere Hamas responsabile, perché nella loro testa bisogna sempre e solo parlare di Israele. Per costoro, complici di Hamas, Israele non ha nessun diritto legittimo di difendersi, né le viene mai dato alcun credito per il flusso giornaliero di aiuti umanitari che fa entrare a Gaza, anche in tempo di guerra. Ricordiamo - di nuovo - che Gaza si è dichiarata nemico dello Stato Ebraico. Per i suoi complici, i palestinesi di Gaza non hanno mai colpe, sono sempre le vittime, non sono mai responsabili. E a proposito, per i suoi complici Gaza ha sempre solo un confine, quello con Israele. In realtà ne ha due, visto che confina anche con l’Egitto, altra nazione araba. Dato che siamo un’organizzazione impegnata da tempo nella ricerca di una pace duratura tra Israele e i palestinesi, possiamo solo sperare che un giorno saliranno persone più sagge al governo a Gaza. Se Gaza avrà mai un futuro migliore, dovrà ripensare profondamente le sue strategie, iniziando dalla ricerca di una coesistenza con Israele, invece di alimentare scontro e conflitto permanenti”.

Aggiornato il 17 maggio 2018 alle ore 16:02