“È stato un voto fasullo. Non ha nessun valore”. Si è scritto e detto molto sulla crisi in Catalogna nelle ultime settimane. Ma quella di Marco Taradash è un’analisi lucida che diffida dai nazionalismi e da chi, anche da noi, sente l’impellente bisogno di tifare o più semplicemente condividere le istanze separatiste di Barcellona. La sua è una lezione che difende lo Stato di diritto, le libertà individuali e il sogno degli Stati Uniti d’Europa. Sua è anche una velata polemica contro i libertari nostrani vicini negli ultimi giorni al governo regionale catalano: “Non si capisce per quale motivo l’indipendenza si misura sulle comunità e non sulle singole persone. Il loro è uno stravolgimento totale del libertarismo”.
È passato qualche giorno dal voto e a bocce ferme è possibile fare un po’ di ordine. Che dice?
È stato un voto fasullo. Non c’è stato nessun controllo sulle votazioni e quindi il governo regionale ha potuto dire tutto quello che voleva.
Il referendum era incostituzionale…
Il referendum partiva da una base incostituzionale e illegale. Si è svolto in forma illegale e penso che non abbia nessun valore.
Questo referendum ha diviso l’opinione pubblica. Lei, se ha “tifato”, per chi ha “tifato”?
(ride, ndr) Ho tifato per lo Stato di diritto e per la Costituzione del Regno Spagnolo e ho tifato perché venisse applicata la legge. Quindi certamente contro la Catalogna, poi la Guardia Civil ha attaccato innocenti votanti invece di prendere di mira i responsabili del referendum. Quindi, nei seggi, chi si occupava dell’organizzazione e dello scrutinio dei voti. Doveva intervenire diversamente. Ciò non resta che al di là delle violenze che ci sono state e che si verificano spesso anche da noi, il referendum doveva essere bloccato.
Al di là dell’incostituzionalità, ritiene che le istanze separatiste fossero giuste o sbagliate?
Sono assolutamente sbagliate quando nascono all’interno di uno Stato democratico e di diritto che garantisce uguali libertà politiche e civili a tutti. Quindi non c’è nessuna ragione per un nazionalismo piccolo all’interno di uno Stato nazionale che offre a tutti la possibilità di esprimersi e di vivere in libertà. Non c’è nessuna ragione.
E del comportamento di Mariano Rajoy che cosa pensa?
Penso che sia stato poco duro. Nel senso che avrebbe dovuto impedire le elezioni e non ci è riuscito. Però questo errore deve essere corretto adesso attraverso la via diplomatica prima che con la via militare. Via giudiziaria più che militare. Io mi auguro si riesca a trovare un compromesso per cui si crei una situazione federalista in Spagna che recuperi in parte quei diritti di autonomia concessi dal governo spagnolo all’epoca di José Luis Zapatero e che sono stati bloccati dalla Corte Costituzionale. È questo il vero problema.
Cioè?
La Catalogna si è ribellata contro la Corte Costituzionale più che contro il governo, ma in uno Stato di diritto i poteri sono separati e quindi non aveva alcuna ragione di ribellarsi attraverso una rottura dello Stato.
In molti nelle ultime settimane hanno accostato la Catalogna all’Irlanda del Nord. Lei è d’accordo?
Più che all’Irlanda del Nord, dove la lotta era tra Cattolici e Protestanti, si potrebbe accostare al resto dell’Irlanda, all’Irlanda del Sud. Allo Stato che oggi si chiama Irlanda, insomma. Quella era una situazione che veniva vissuta in termini di colonizzazione e all’interno del Regno Unito si è raggiunto un compromesso onesto che non ha danneggiato nessuno.
Invece a Barcellona?
Invece non c’è alcuna ragione che la Catalogna chiedesse un’indipendenza, anche perché subito dopo toccherebbe ai Baschi. E poi non è vero che tutta la Catalogna fosse favorevole all’indipendenza. Solo il potere di governo ha giocato questa carta, una carta assurda dove non c’è nessuna discriminazione. I Cattolici irlandesi pativano una discriminazione di fatto, non è questa la situazione della Catalogna.
E delle centinaia di feriti che cosa pensa?
Penso che la polizia, la Guardia Civil, abbia agito brutalmente. Però sono situazioni che ovunque si verificano e dove si verificano la richiesta è quella di punire i colpevoli e di avere dei processi. È stato un errore di Rajoy e del suo governo, ma niente di più.
Invece i Mossos d’Esquadra (la polizia regionale, ndr) sono rimasti fermi di fronte alle urne. Che idea si è fatto su questo?
Mi auguro che vengano puniti secondo la legge.
Più in generale del diritto all’autodeterminazione che dice?
Penso che nel XXI secolo sia un diritto pericoloso ovunque, perché produce nei territori colpiti rischi di guerre e peggioramento delle condizioni di vita degli abitanti. Però bisogna valutare caso per caso le situazioni.
Anche in Kurdistan?
Io non ho condiviso il referendum: la regione già godeva in Iraq di un’ampia autonomia. Peggio mi sento invece nell’Europa degli Stati di diritto dove la richiesta d’indipendenza è soltanto la matrice di un nuovo nazionalismo e di futuri scontri giudiziari o, peggio armati, che non devono essere assolutamente consentiti.
Molti che in Italia lottano contro la Padania libera si sono schierati al fianco dei separatisti. È giusto secondo lei?
È contraddittorio, però quando vedo che anche tutte le televisioni sono schierate con l’indipendenza catalana mi domando se un domani si schiereranno con un eventuale richiesta di secessione del Lombardo Veneto, magari dopo il successo del referendum consultivo del 22 ottobre. Mi pare una situazione di generalizzata idiozia.
E ai libertari nostrani schierati con i catalani cosa direbbe?
Quelli non li capisco proprio. A meno che non siano coerenti fino in fondo e dicano “voglio l’indipendenza del mio condominio” e poi anche “dal mio condominio”. Perché non si capisce per quale motivo l’indipendenza si misura sulle comunità e non sulle singole persone. È uno stravolgimento totale del libertarismo. È una forma di multiculturalismo neppure etnico, ma politico, in contrasto con qualsiasi teoria libertaria.
Che cosa pensa del comportamento dell’Ue?
L’Ue vive l’imbarazzo di essere in realtà un’unione di Stati più che un’unione federale. Finché non avremo gli Stati Uniti d’Europa e quindi un governo federale a Bruxelles, si dovrà sempre passare attraverso il filtro degli Stati nazionali. Questi hanno temporeggiato perché temevano di avere un’influenza negativa sulla situazione spagnola. A questo punto, però, penso che l’Ue, o almeno la sua parte politica, cioè gli Stati più importanti, dovrebbero mandare messaggi chiari. Dire alla Catalogna: “Ti puoi scordare l’indipendenza” e suggerire al governo di Madrid di aprire alla discussione su un rapporto federativo con Barcellona.
Aggiornato il 04 ottobre 2017 alle ore 21:53