Nord Corea: Kim mostra i missili e crea caos internazionale

Lunedì è stato compiuto con successo un altro test missilistico in Corea del Nord, l’88esimo da quando è al potere il giovane dittatore Kim Jong-un. Questa volta non si tratta di un nuovo missile a medio raggio, come era il caso dello scorso test del 14 maggio, ma di un vecchio Scud. Ha compiuto un volo di 450 km prima di inabissarsi nel Mar del Giappone. Proteste da parte di Tokyo e di Seul. Nuovo sconcerto internazionale e dichiarazioni di condanna. Si tratta di un’ennesima violazione delle sanzioni Onu, che vietano alla Corea del Nord sia i test nucleari che quelli missilistici, per evitare che il regime eremita, più instabile e isolato che mai, possa dotarsi di armi di un proprio deterrente nucleare.

Il test di lunedì ha un’importanza più politica che tecnologica. Lo Scud è un’arma già schierata e sperimentata (anche sul campo) da mezzo secolo e viene costantemente aggiornato. Da un punto di vista politico, la Corea del Nord vuole mandare due messaggi: intende ignorare le proteste della comunità internazionale e vuole spingere la Corea del Sud a trattare. A Seul, dopo l’impeachment alla presidente Park Geun-hye (nazionalista), è stato eletto il progressista Moon Jae-in, che si è detto immediatamente pronto a riaprire i negoziati. Se non ha ancora accennato a mettere in pratica i suoi propositi, lo si deve proprio all’atteggiamento bellicoso del Nord. Ma a Pyongyang, Kim Jong-un e i suoi sperano, evidentemente, che, con test, minacce e pressioni, Moon si rechi nel Nord in condizioni di inferiorità.

Lo scopo di lungo periodo di una politica simile è più oscuro. Pochi analisti, in Corea del Sud così come negli Usa, credono che la Corea del Nord si stia preparando a una guerra. Più probabilmente, stando alla stessa dottrina del Partito enunciata da Kim, il regime comunista sta dando la priorità al programma nucleare e missilistico per garantire la sua stessa invulnerabilità. Poiché una Corea del Nord capace di minacciare con l’arma atomica le basi americane nel Pacifico, o gli stessi Stati Uniti continentali, diverrebbe inattaccabile. Il regime ha evidentemente fiducia nella sua tenuta interna. Anche l’Urss è sempre stata inattaccabile, specie da quando si è dotata dell’arma nucleare nel 1949, ma alla fine è implosa per collasso economico.

La fine del regime nordcoreano non è ancora prevedibile. Nessuno, nemmeno la Cina, ha veramente il polso della situazione nel regime eremita. Nel frattempo, la Corea del Sud, il Giappone e gli Usa sono obbligati, per motivi di sicurezza, a prendere sul serio la minaccia nucleare posta dal regime comunista. La prima risposta di Trump è militare e non poteva essere altrimenti. In Corea del Sud è stata schierata una batteria di missili anti-missile Thaad, capaci di intercettare un ordigno anche al di fuori dell’atmosfera, dunque con una gittata molto più lunga dei Patriot. Benché lo schieramento dei Thaad sia puramente difensivo, può aprire un contenzioso con la Cina. Il perché è facile da capire: il radar dei Thaad copre anche lo spazio aereo della costa orientale cinese, irta di basi missilistiche, aeree e navali. Quindi Pechino può considerare lo schieramento difensivo americano in Corea del Sud come una minaccia indiretta nei suoi confronti. Con Barack Obama il contenzioso sui Thaad era durato a lungo e, alla fine, il presidente democratico aveva rinunciato a dispiegarli. Con Trump, molto più decisionista, lo schieramento è avvenuto subito dopo il suo incontro con il presidente cinese. Potrebbe essere un segnale (sempre politico) alla Corea del Nord: anche la Cina lascia fare gli americani, dunque anche la Cina si sta stancando dell’imprevedibilità del giovane Kim.

Nel lungo periodo, anche la minaccia della piccola Corea del Nord rischia di innescare una più ampia corsa agli armamenti. Trump ha twittato a gennaio, e ha ribadito a metà maggio, che la Corea del Nord non si doterà di missili balistici intercontinentali capaci di colpire il suolo americano. Non glielo permetterà. E l’opzione militare, per impedirglielo, è sempre stata sul tavolo, in tutte le amministrazioni americane, quella di Trump inclusa. Anche escludendo che si arrivi a questo punto, si apprestano comunque le difese americane. Subito dopo l’ultimo test nordcoreano, l’agenzia per la difesa anti-missile (Mda) ha annunciato un test anti-balistico nella base aerea di Vandenberg, California. Si cercherà di intercettare un missile a lungo raggio nei cieli del Pacifico. La stessa amministrazione ha anche annunciato nuovi finanziamenti e una brusca accelerazione al programma anti-missile, in particolare al Mokv: un intercettore a testata multipla, capace di distruggere più testate, nello spazio, con un solo lancio. Il Mokv, se schierato, potrebbe creare gravi complicazioni diplomatiche anche con la Russia e la Cina, che schierano già missili balistici intercontinentali con testata multipla e vedrebbero la nuova arma difensiva statunitense come un modo per ridurre la credibilità del loro deterrente nucleare. Il retro-pensiero degli strateghi di Mosca e Pechino è che gli Usa, col pretesto di rispondere alla minaccia nordcoreana, preparino la guerra contro Russia e Cina. Volente o no, la politica delle provocazioni di Kim Jong-un è molto efficace nel creare attriti fra le grandi potenze. Creare caos internazionale è un altro espediente utile alla sopravvivenza, per un regime isolato ed economicamente fallito.

Aggiornato il 30 maggio 2017 alle ore 21:32