Le prossime Olimpiadi invernali si svolgeranno a Pyeongchang, in Corea del Sud, nel 2018. Questo evento quadriennale che fa incontrare atleti, giovani o maturi, di tutti i continenti, costituisce il sogno di una vita agonistica che rimarrà probabilmente un miraggio per i rappresentanti russi. Il Comitato Paralimpico Internazionale (Cpi) ha infatti sentenziato che la Russia, a causa dello scandalo doping, non potrà partecipare alle gare di qualificazione delle Olimpiadi invernali, respingendo il 29 gennaio 2017 il ricorso di Mosca.
La pubblicazione del rapporto McLaren sul doping nello sport russo, costituì per il Cpi l’arma per escludere la Russia dalla partecipazione ai Giochi Paralimpici di Rio, a differenza del Comitato Olimpico Internazionale (Cio) che sospese solo gli atleti precedentemente coinvolti nell’assunzione di sostanze dopanti. Il Cpi ha tuttavia affermato che il divieto a partecipare ai giochi in Corea potrebbe essere rimosso nel caso le Autorità di Mosca dimostrino di collaborare e soddisfare i criteri richiesti dal Cpi stesso nel novembre 2016.
Il Comitato Paralimpico dovrebbero rispettare pienamente tutti i requisiti del sistema anti-doping internazionale, garantire il lavoro delle organizzazioni mondiali in materia anti-doping, escludere tutte le persone coinvolte nell’uso del doping e non conferire incarichi di dirigenza nel Comitato a funzionari pubblici. Il capo del Comitato Paralimpico Russo ha commentato il verdetto del Cpi accusandolo di non aver valutato la tabella di marcia per la risoluzione delle questioni presentata l’11 gennaio dal Comitato stesso.
Aleksej Karpenko, senior partner dello Studio legale Forward legal, specializzato in diritto dello sport, ritiene che pur essendo il numero di atleti paraolimpici accusati di doping inferiore a quello degli olimpici, il Cpi perseguirebbe una politica più dura rispetto al Cio per “relazioni personali ostili” tra la dirigenza del Cpi e i rappresentanti russi. La piaga del doping che umilia lo sport è forte e non sembra retrocedere anche dopo le squalifiche. Gli episodi che hanno coinvolto gli atleti russi, secondo gli investigatori, avrebbero avuto inizio dal 2011, trasformandosi da metodica per il miglioramento delle proprie prestazioni sportive, in un vero e proprio processo istituzionalizzato e disciplinato volto a vincere il maggior numero di medaglie possibili. Il tutto con la copertura delle Federazioni sportive che ne traevano enorme prestigio.
La mancata partecipazione alle Olimpiadi è certamente motivo di grande delusione per un atleta. Ancor di più quando ciò e legato al non rispetto delle regole da parte di altri sportivi. Ancor di più quando l’atleta è già stato colpito nel corpo e nel suo animo da un destino avverso. Le Olimpiadi sono l’evento sportivo mondiale di maggiore risonanza. Si svolgono ogni quattro anni e per la maggior parte delle discipline bisogna qualificarsi e in alcune è presente solo un’atleta per nazione.
La gara olimpica è pervasa dalla sensazione di un legame forte con le nostre origini. Chi vince una medaglia alle Olimpiadi è nella storia dello sport mondiale, moderno eroe, emulo dei protagonisti delle epiche gare in Olimpia. È la gara della vita e vincerla è la realizzazione di un sogno vissuto più volte in precedenza. La vittoria in una gara olimpica e la medaglia mostrata al collo sono frutto di un’impresa eccezionale che l’atleta riesce a coronare dopo lunghe ore di allenamento e grandi sacrifici. Per questo molti si dopano, volendo aumentare al massimo le possibilità di vittoria, oltrepassando però il confine del lecito, falsando quello che è il vero spirito dell’agonismo “che vinca il migliore”.
I sogni di gloria per molti atleti paralimpici potrebbero svanire a causa di un ristretto numero di soggetti che hanno infranto le regole della lealtà sportiva. È certamente giusto il richiamo del Cpi alle autorità russe, ma è sbagliato il metodo. Colpire anche coloro che a costo di immani sacrifici, vogliono gareggiare sfruttando le sole e proprie forze fisiche, non ricorrendo a energie artificiali, è un messaggio iniquo se paragonato alla scelta del Cio di escludere solo i dopati. Soprattutto come nel caso di atleti che, già minati nel fisico da handicap conseguenze di malattie o incidenti, cercano di superare questi ostacoli con grande forza d’animo, coraggio e impegno maggiore dei normodotati per riacquistare una fiducia nelle loro capacità e dare così un senso positivo alla loro vita. Giusto punire i colpevoli ma aiutare gli onesti atleti russi a realizzare i loro sogni permettendo loro di partecipare alle Olimpiadi di Pyeongchang, per confrontarsi con gli avversari di altri Paesi in uno spirito di correttezza e vera lealtà.
(*) Associate Analyst think tank “Il Nodo di Gordio”
Aggiornato il 31 maggio 2017 alle ore 11:50