Discriminazioni in Russia: illegale il fermo di Yuri Guaiana

La Lega Italiana dei Diritti Dell’Uomo evidenzia la totale illegalità del fermo a Mosca di Yuri Guaiana e di quattro cittadini russi, attivisti del movimento Lgbt, semplicemente per avere tentato di consegnare alla Procura generale una petizione internazionale perché si indaghi sulla sorte di centinaia di omosessuali perseguitati, detenuti e torturati in Cecenia, dove la loro esistenza è stata perfino negata dal presidente Ramzan Kadyrov.

 “La Repubblica di Cecenia – afferma Antonio Stango, presidente nazionale della Lidu – è parte della Federazione Russa ma al suo interno, sotto il regime di Kadyrov, vigono forme di sharia. Questo già in sé smentisce la pretesa di Vladimir Putin di ergersi a baluardo contro il fondamentalismo; ma nell’intera Russia è in vigore dal giugno 2013 una legge che punisce la “promozione di relazioni sessuali non tradizionali in presenza di minori”, che – al di là della terminologia priva di senso giuridico – è in realtà diretta a discriminare gli omosessuali in aperta violazione del diritto internazionale. Yuri, con cui avevo parlato prima della sua partenza per Mosca, sapeva di poter andare incontro a misure repressive da parte delle autorità russe; ha quindi scelto di svolgere ugualmente, secondo il metodo nonviolento, quella iniziativa, peraltro badando a non violare alcuna legge. Il suo fermo e quello degli attivisti russi confermano dunque che in Russia non solo ci sono leggi discriminatorie, ma che la prassi amministrativa e di polizia è un’estensione peggiorativa di quelle stesse leggi. In epoca sovietica – ricorda Stango, che è uno dei maggiori esperti della storia dei diritti umani in Russia – era in vigore un articolo del Codice penale della Repubblica Socialista Federativa Sovietica Russa, inserito analogamente nei codici delle altre repubbliche sovietiche, che puniva con la reclusione fino a 5 anni l’omosessualità maschile (mentre quella femminile non era presa in considerazione). Quell’articolo è stato abolito nei codici penali degli Stati ex sovietici (in Russia nel 1993), ma gravi discriminazioni permangono: la Lidu non può quindi che sostenere la campagna internazionale per il rispetto dei diritti civili e contro le discriminazioni in Russia e in particolare nella Repubblica Cecena, sulla quale Yuri e tutti i firmatari della petizione hanno giustamente richiamato l’attenzione”.

Aggiornato il 11 maggio 2017 alle ore 20:12