Macron e il suo profilo

Auguri di buon lavoro, Monsieur le Président de la République! Da oggi, Emmanuel Macron non è più soltanto un mio ex collega dell’ École nationale d’administration, bensì il più giovane capo di Stato straniero al quale spetta il rispetto dovuto al suo rango.

Sarà utile, quindi, fare un punto di situazione sul suo profilo, sugli “enjeux” (poste in gioco) e sugli “chantiers”, ovvero sui grandi progetti di trasformazione della società francese, che la storia e il suo programma elettorale presidenziale non mancheranno di ricordargli. Nel tracciare un profilo della sua personalità, il quotidiano “Le Figaro” (8 maggio 2017) lo rappresenta come una figura che, per carattere, non si lascia mai imprigionare in un ambito specifico della conoscenza, spaziando dalla letteratura, al teatro, alla filosofia, alla politica e all’economia. Le sue preferenze? Essere “un teatrante quando frequentava l’Ena; un énarque quando discettava con i filosofi; un filosofo presso i banchieri: un banchiere di fronte ai socialisti”. Diciamo subito che Macron non ha alcuna esperienza di politica estera, come Nicolas Sarkozy e François Hollande al loro arrivo all’Eliseo. E, pur tuttavia, in materia i presidenti della Quinta Repubblica svolgono un ruolo fondamentale e unico in Europa. Il più pregnante e assorbente, tra l’altro, che genera un’esposizione grandissima della figura presidenziale nei confronti del resto del mondo.

Ovvio, quindi, che molta parte della restante responsabilità dovrà gravare su di un ottimo Governo, che Macron nominerà a breve, subito dopo le legislative del prossimo giugno. Sarà quindi di vitale importanza per lui disporre di una squadra eccellente. Potrà procedere da perfetto outsider, nel caso che il suo partito nuovo di zecca, “La République en marche”, ottenga una propria maggioranza in Parlamento. In caso di coabitazione, o “Anatra zoppa” all’americana, il bilancino del potere dovrà articolarsi in base a una robusta miscela di rappresentanti della vecchia partitocrazia. Cosa che non mi auguro e, soprattutto, non Le auguro, Monsieur le Président! Il secondo aspetto riguarda la sicurezza interna, cavallo di battaglia di Marine (Le Pen, la cito solo con il prenome, però. Così come ha voluto lei nel presentarsi per la campagna elettorale), affrontato tuttavia in modo obiettivamente demagogico, opposto alla visione pragmatica di un uomo di Stato come quella di Macron, énarque e poi ispettore delle finanze, che rappresenta una delle massime aspirazioni degli alti burocrati francesi.

Così fin da ora sappiamo che il nuovo inquilino dell’Eliseo (che si definisce un “gollista mitterandiano”) sbarra la strada all’espulsione delle famose “fiche S” (persone ritenute pericolose per la sicurezza dello Stato) e al disconoscimento della cittadinanza per i “foreign fighters” di ritorno, mettendo invece l’accento sulla cybersicurezza, in modo da oscurare tutti i riferimenti della propaganda jihadista su Internet. Poiché la minaccia incombente e più insidiosa sono gli individui “radicalizzati”, Macron pensa di contenerli con una sorta di mini Guatanamo transalpina, confinandoli temporaneamente in piccole strutture di detenzione preventiva, senza possibilità di comunicare con l’esterno. A tal fine verranno smantellate quelle finte associazioni religiose che incitano alla Jihad e mettono a rischio “l’incolumità della République”. La lotta senza quartiere al jihadismo prevede un notevole rafforzamento dell’intelligence nazionale, anche attraverso la creazione di un’unità speciale di supporto diretto all’azione presidenziale e destinata a operare orizzontalmente rispetto alle varie agenzie. Altro cavallo di battaglia del neo presidente, per quanto riguarda la sicurezza urbana, è rappresentato dal rilancio in grande stile della polizia di prossimità (“police de sécurité quotidienne”), che fa parte integrante della sua teoria di “tolleranza zero” nei confronti della microdelinquenza.

In questo senso, ovviamente, è previsto un rafforzamento dei poteri di polizia giudiziaria delle forze dell’ordine. In chiusura, una doverosa nota, diciamo così, “di colore”. Sapete perché Macron è uscito dal Governo Valls-Hollande e ha deciso di presentarsi alle elezioni presidenziali? Perché, ci dice, “avevo verificato dall’interno la vacuità del nostro sistema politico, che impedisce l’affermazione delle idee condivise dalla maggioranza, a tal punto di rendere fragili gli apparati (...) e che ha trasformato la vita dei francesi in semplice decoro all’interno del teatro delle ombre che le è congeniale”.

Il pomo della discordia con il “traditore” Valls? L’aver esercitato, in occasione dell’approvazione della legge Macron, i poteri previsti dall’articolo 49 comma 3 della Costituzione che contempla il passaggio forzato di una legge a iniziativa governativa. Dopo che lui, Macron, aveva sudato sette camicie per convincere uno a uno i rappresentanti del popolo a concedergli la loro fiducia! Capito la tempra del nostro uomo?

Aggiornato il 09 maggio 2017 alle ore 19:22