Il rischio che al secondo turno delle elezioni presidenziali francesi potessero passare Marine Le Pen e Jean Luc-Mélenchon è stato altissimo. Due leader populisti, entrambi ostili all’ideale europeo, pur se con diverse ragioni. Rispettivamente hanno ottenuto il 22,47 e il 19,16 per cento dei voti. I socialisti non hanno neanche gareggiato e sono rimasti fuori, a causa del mal governo di François Hollande. La destra repubblicana e gollista è anch’essa fuori, per differenti ragioni, e per effetto delle proprie divisioni interne. Vince il centro, della destra e della sinistra o, se si vuole, né di destra né di sinistra, di Emmanuel Macron. Se Nicolas Dupont-Aignan, candidato d’ispirazione gollista, con il suo 4,95 per cento, non avesse mortificato la candidatura di François Fillon, al ballottaggio ci sarebbero stati Emmanuel Macron e François Fillon.

Quali indicazioni trarre dal primo turno presidenziale dei cugini d’Oltralpe? È noto che il nostro e il loro sistema politico manifestano evidenti storiche analogie.

1) Vince Macron, né di destra né di sinistra, nel solco però della tradizione liberale e sociale, propria dell’europeismo di destra e di sinistra;

2) I partiti della destra liberale e della sinistra sociale non vincono, ma possono ancora vincere, a patto che si mostrino di essere in grado d’indicare le nuove ragioni su cui l’Europa merita di essere ricostruita;

3) I partiti di destra e di sinistra non hanno ancora perso la guida delle democrazie europee, ma possono perderla, definitivamente, se rincorrono la chimera dei cosiddetti “sovranisti”, che rischiano di oscurare ancora di più l’identità e la forza economica dei popoli europei;

4) La reazione naturale contro il mondialismo, il globalismo, che minaccia le certezze dei vecchi Stati nazionali, non si può tradurre nel protezionismo (Donald Trump) o nel sovranismo (Brexit). Infatti ha una sola risposta: più Europa;

5) Le democrazie europee dispongono di tutti gli strumenti, culturali e militari, per sconfiggere il terrorismo e l’integralismo islamico. Devono semplicemente cooperare di più tra loro, attraverso i propri apparati logistici e di difesa;

6) La sinistra perde consensi se non fa la sinistra. Però può diventare forza di governo soltanto se si rinnova e abbandona i populismi della vecchia, ideologica, sinistra;

7) La profezia di Maurice Duverger è ancora valida: le elezioni non si vincono sbandierando programmi radicali, estremi e rivoluzionari. Anche le fasi rivoluzionarie richiedono scelte di equilibrio (“au centre”), capaci di rassicurare e interpretare una massa d’interessi diffusi, nel superamento degli squilibri più gravi.

Questa è la stagione che nega la “destra” e la “sinistra”. Ma, per quanto si vogliano abbandonare le categorie spaziali della vecchia politica, chi rifiuta la destra e la sinistra deve poter dimostrare di conoscere, e di saper scegliere, tra i programmi di azione politica propri della destra e della sinistra. L’attuale fase post-ideologica agevola i movimenti non allineati sulle posizioni ideologiche tradizionali. Tuttavia, la saggezza del “centro politico” non sta tanto nella dimenticanza dei valori della destra e della sinistra, quanto nella capacità di farsene interpreti, avendo la consapevolezza di doverne far uso, prevalente, ora a destra ora a sinistra, senza nessun rischio di appartenenza ideologica.

Aggiornato il 02 maggio 2017 alle ore 20:01