L’America, l’Occidente e la sindrome di Putin

Vladimir Putin avrebbe messo gli occhi sulla Francia e sull’Italia. Almeno a dare ascolto ai warning lanciati dagli analisti dell’intelligence americana.

A Washington l’allarme sarebbe scattato a seguito dell’intensa attività diplomatica svolta dal Cremlino per offrire una sponda ai movimenti populisti che, di qua e di là delle Alpi, rischiano di prendere il potere nei prossimi mesi. Nel mirino vi sarebbero non solo le dichiarazioni di stima per il leader russo rilasciate da Marine Le Pen e da Matteo Salvini, ma anche visite sospette organizzate dai supporter europei nella Mosca dei nuovi demoni. Alla black list dei simpatizzanti di Putin gli spioni di Langley hanno aggiunto il Movimento Cinque Stelle, anch’esso in odore di simpatie putiniane. Ce lo vedete Luigi Di Maio con tanto di colbacco a insegnare i congiuntivi ai capi del Cremlino? Ma tant’è: dopo Donald Trump ora sarebbero i populisti europei le quinte colonne del presunto espansionismo russo. Strano che non si siano ricordati di includere nell’elenco dei cattivi Silvio Berlusconi, l’amico più fidato di Zar Vladimir. Forse perché lo considerano politicamente morto? Segno che questi assi hanno capito tutto della politica italiana. Non c’è da stupirsi se poi, in Occidente, le cose vanno male. Per le teste d’uovo statunitensi Putin è come il manto della misericordia: buono per coprire tutte le malefatte, le stupidità, le miopie che hanno contraddistinto la politica estera del gigante Usa sotto l’amministrazione di Barack Obama.

La Russia come capro espiatorio di tutte le nefandezze compiute sull’asse Washington-Berlino-Parigi-Londra? Comodo! Perché non averci pensato prima? Il mondo precedente all’era Obama non era quel giardino fiorito che ci si poteva attendere, però reggeva. Ma già dalla fine dello scorso decennio qualcuno di qua e di là dell’Atlantico ha pensato bene di rovesciare il tavolo. Allora via con le maledette “primavere arabe” e con l’allargamento a Est delle zone d’influenza della Nato. Quello che è successo lo sappiamo: è storia. C’è mancato poco che finissimo precipitati in una nuova guerra globale con fronti aperti dalle acque baltiche alle pianure ucraine, giù lungo la dorsale caucasica fino al Medio Oriente e, scavalcato il Mar Rosso, al Nord Africa. Vogliamo dire che è stata tutta colpa di Putin? Se serve prendersi in giro facciamolo pure, ma sappiamo benissimo che è una balla. Dove starebbe questo espansionismo russo? Ma se la Nato ha piantato i missili fin sotto il naso dei capi del Cremlino? Ci si lamenta del colpo di mano in Crimea. E l’incendio della piazza di Kiev, su cui hanno soffiato potenti i venti occidentali dell’istigazione alla ribellione ai poteri legittimante costituiti, ce lo scordiamo? E la politica delle sanzioni economiche che, in origine, avrebbe dovuto strozzare l’economia russa allo scopo di creare disordine e moti di protesta in quel Paese? Fingiamo pure che fosse stata pensata per una giusta causa, ma la realtà non la si può cambiare a suon di menzogne. Ora che le cose in Occidente non girano per il verso giusto abbiamo trovato la tesi consolatoria: è tutta colpa di Putin che allunga i suoi tentacoli nella politica interna degli Stati che vuole sovvertire.

Se le cose vanno uno schifo e i populismi avanzano non bisogna attribuirne la responsabilità a un establishment ossessionato dal compito di fare gli interessi dei pochi a danno dei molti, a una globalizzazione sbagliata che impoverisce le comunità locali per favorire le grandi concentrazioni capitalistiche transfrontaliere, ai mercati che hanno scelto la volatilità della speculazione finanziaria piuttosto che puntare sulla solidità della manifattura, a strutture di potere sovraordinate agli Stati nazionali che hanno riscritto la geografia produttiva del pianeta. Tutto questo non vale niente: il demonio è uno solo e abita al Cremlino. E se domani in Francia e dopodomani in Italia, la gente, stufa di essere presa per i fondelli dalla vecchia politica dominata da quelli del “politicamente corretto”, si butta tra le braccia del primo capopopolo che gli promette la luna, la colpa di chi è? Provate a indovinare.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 19:08