Sguardo al Marocco   con Abou Ayoub

Il Nord-Africa resta una macroregione in trasformazione, soprattutto, con il diffondersi di organizzazioni legate allo Stato islamico. In Marocco per rafforzare lo stato di Diritto si è ricorso alla giustizia di transizione e alla verità storica sulle colpe del passato regime e oggi si tenta di rafforzare la ragione dei diritti umani e dello stato di Diritto. Ne parliamo con l’ambasciatore del Marocco in Italia, S. E. Hassan Abou Ayoub.

In ambito giuridico il Marocco è stato oggetto di dibattiti dopo l’istituzionalizzazione della Commissione equità e riconciliazione per una risoluzione equa e duratura dei fascicoli legati alle gravi violazioni dei diritti umani che hanno segnato le epoche precedenti. Quali sono i risultati anche in ambito di diritto ad oggi?

Il Marocco ha fatto una scelta di società basata sul rispetto delle libertà e dei diritti umani. Quella scelta è stata fatta nel periodo che ha preceduto l’indipendenza attraverso l’adozione della sua prima Costituzione, secondo la quale il Marocco è una monarchia costituzionale, democratica, parlamentare e sociale. Quella Costituzione suggella il bipartitismo e la pluralità delle opinioni. Alla stregua di tutte le altre Nazioni, il processo di riforme in Marocco è stato accompagnato da diverse vicissitudini. Quel progetto di società è stato contrastato da una minoranza marginale che mirava all’insediamento di un regime repubblicano, poi da una corrente ideologica che voleva insediare un regime comunista. Quello che nella nostra storia chiamiamo gli anni di piombo sono quelle tappe storiche che contraddistinguono ogni processo di riforma istituzionale. Nella loro storia, la Spagna, la Francia, gli Stati Uniti hanno dovuto affrontare gli stessi problemi. La risposta voluta da Sua Maestà il Re, con il sostegno del popolo marocchino, è stata di affrontare le conseguenze di quegli anni attraverso un dibattito nazionale pubblico promosso dall’Istanza per l’Equità e la Riconciliazione (Ier). Si tratta di uno dei rarissimi esempi di giustizia transazionale che consente a un popolo di riconciliarsi con la propria memoria. Quella scelta fondamentale ha dato ai cittadini marocchini, donne e uomini, la consapevolezza dell’importanza dei diritti umani in ogni processo per l’emergenza di una società moderna.

Recentemente, durante una conferenza sullo stato di Diritto, lei ha dichiarato: “Prima del diritto alla conoscenza è fondamentale il diritto all’educazione, perché una persona formata è in grado già di differenziare fra buona e cattiva informazione”. Può illustrarci meglio la sua opinione?

L’accesso all’informazione così come viene offerta, grazie alle nuove tecnologie, dai social network, presuppone un livello minimo di alfabetizzazione. In maniera generale, una persona analfabeta è privata del diritto elementare all’accesso all’informazione. Una persona istruita possiede oltre alla capacità di decifrare un testo, quella di assorbire i concetti e gli strumenti di uno spirito critico. Quella persona ha quindi la capacità di discernere e di usufruire pienamente dei vantaggi offerti dallo stato di Diritto. Una persona informata si sentirà più cittadina rispetto a colei alla quale sfugge l’essenziale del dibattito pubblico.

L’Europa è alle prese con il multiculturalismo e con il “fallimento dell’integrazione”. Il Marocco si caratterizza per essere una terra di accoglienza. Ci può descrivere la pluri-identità del Paese e come il Marocco affronta oggi tali problemi?

L’Europa si è costruita attorno ad uno zoccolo giudeocristiano con dei valori condivisi che hanno dato spazio a una varietà di attitudini rispetto alla diversità identitaria. Se i diritti alla libertà di culto sono sanciti da tutte le Costituzioni europee e dalla Carta dei diritti umani, la relazione tra lo Stato e la religione varia invece da una nazione all’altra. Tra il modello francese di laicità e la centralità della chiesa anglicana nel Regno Unito o i Patti Lateranensi in Italia, esistono notevoli differenze. L’inserimento dell’Islam a un livello demografico significativo in Europa ha generato, con difficoltà variabili, il problema della sua integrazione nel corpus dei valori e delle regole che sorreggono l’assetto sociale. L’estrema sensibilità della questione migratoria di fronte all’emergenza di correnti politiche populiste ha trasformato il cantiere istituzionale per il riconoscimento dell’Islam come parte culturale e identitaria della nuova Europa, in un dibattito dove si contendono passione e raziocinio. Nel caso preciso del Marocco, la situazione è fondamentalmente diversa. La nostra monarchia costituzionale ha uno statuto spirituale nella persona del Re che è la guida di tutti i credenti. La monarchia è il garante dei diritti delle comunità monoteiste a praticare la loro fede religiosa in tutto il Regno del Marocco. La Costituzione del 2011 ha sancito il pluralismo identitario del Marocco in quanto Paese. Possiamo dire in un certo senso che ha prevalso la via della saggezza, poiché il Marocco ha scelto di non scegliere un’identità e di accettare la sua realtà plurale.

L’Italia è un cantiere aperto in Marocco e il Marocco è un cantiere aperto per l’Italia, un’antica amicizia. Quali prospettive per il prossimo futuro?

Il Regno del Marocco, come Stato-Nazione, sovrano e autonomo risale ad alcuni millenni durante i quali è stato segnato da varie influenze mediterranee, romana, fenicia, euro-asiatica, ecc.. Non poteva quindi che essere uno dei più antichi partners dell’Italia. Gli accordi commerciali esistenti risalgono alle Repubbliche Marinare di Venezia e Genova, prima del conseguimento dell’Unità d’Italia. La globalizzazione degli scambi, l’accordo di libero scambio tra il Marocco e l’Unione europea, la strategia vincente del Marocco in Africa fanno sì che oggi l’Italia e il Marocco abbiano un’opportunità unica per dare un senso all’Eurafrica e farne un’alternativa credibile per affrontare le sfide comuni in materia d’invecchiamento demografico, di surriscaldamento del pianeta e di opportunità d’impiego.

C’è qualcosa che differenzia il Re del Marocco dagli altri leader arabi e nordafricani nell’affermazione dei princìpi costituzionali e di diritto?

Ritengo sia sbagliato, metodologicamente parlando, paragonare cose che non si possono paragonare ed è sbagliato credere in particolare all’esistenza di un modello istituzionale unico in grado di soddisfare tutte le specificità nazionali, secondo la formula “one size fits all”. La monarchia marocchina costituisce un patrimonio nazionale che risale a 14 secoli fa. Le scelte costituzionali del Marocco, all’indomani dell’indipendenza nel 1956, hanno dato al nostro regime il carattere di una monarchia costituzionale che ha saputo adattarsi alle evoluzioni dell’ambiente locale, regionale, nazionale e internazionale.

(*) Consiglio direttivo di “Nessuno tocchi Caino” e membro della Lega Italiana per i Diritti dell’Uomo

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 19:07