Terrorismo jihadista:   riguarda solo gli ebrei?

 terrorista islamista di origine tunisina, e molte altre sono rimaste ferite. L’uomo era al volante di un camion del peso di 19 tonnellate e si è diretto a tutta velocità addosso alla folla radunata per festeggiare il Giorno della Bastiglia, la festa nazionale francese, travolgendo uomini, donne e bambini per oltre 2 km di strada e marciapiede.

Il 2 luglio, nove cittadini italiani sono stati massacrati dagli islamisti nell’attentato terroristico avvenuto in un ristorante di Dacca, in Bangladesh. Sono stati torturati e uccisi con “lame molto taglienti”, maneggiate da sorridenti terroristi che hanno risparmiato la vita a coloro che conoscevano il Corano. È da circa un anno che i poveri bengalesi sono colpiti da strazianti massacri del genere. Ma le vittime non sono state i ricchi stranieri non musulmani, ma anonimi blogger musulmani, accusati di “blasfemia” e uccisi con “lame affilate” – cinque vittime nel 2015 e uno studente di legge nel 2016, ma anche un sacerdote indù.

Lo stesso dicasi in Siria e Iraq, dove i tagliatori di teste dello Stato islamico hanno dapprima preso di mira molti giornalisti occidentali, poi hanno espulso e ucciso i cristiani di Mosul e alla fine sono sbarcati a Parigi per sterminare i civili occidentali.

Due settimane fa, una tredicenne israeliana è stata pugnalata a morte mentre dormiva nel suo letto. Come in Bangladesh, il terrorista arabo palestinese ha usato un coltello per uccidere Hallel Yaffa Ariel. Non si tratta di un semplice atto omicida, ma di un massacro che associa erroneamente l’idea di costruire una casa all’omicidio di una ragazzina. I quotidiani italiani l’hanno perfino privata della sua identità. Il Corriere della Sera, il secondo principale quotidiano italiano ha scritto: “Tredicenne americana uccisa in Cisgiordania”.

Quando quattro israeliani sono stati uccisi il mese scorso nel ristorante Max Brenner di Tel Aviv, tutti i medi stranieri hanno “sbagliato” ancora una volta i titoli. Da Le Monde a Libération, la stampa francese ha usato la parola “sparatoria” invece di terrorismo. La Cnn ha riportato dell’attentato mettendo fra virgolette la parola “terroristi”. La Repubblica, il più grande giornale italiano, ha definito i terroristi arabi palestinesi “aggressori”.

Cosa significano questi titoli distorti? Che noi in Occidente crediamo ingenuamente che esistono due tipi di terrorismo: “il terrorismo internazionale” che colpisce gli occidentali a Nizza, Parigi, Dacca, Raqqa o in Tunisia; e il terrorismo “nazionale”, fra gli arabi e Israele, di fronte al quale gli ebrei israeliani devono ritirarsi e arrendersi. C’è anche “il terrorismo senza volto”, come a Orlando, dove un musulmano americano di origine afgana ha massacrato 50 americani e che tutti, come al solito in America, si sono rifiutati di chiamare terrorismo “islamico”. È la reazione del pacifista, “colui che nutre il coccodrillo, sperando di essere l’ultimo ad essere mangiato”, secondo Winston Churchill. Il problema è un altro: che siate pacifisti o guerrafondai, gay o eterosessuali, atei o cristiani, ricchi o poveri, blasfemi o devoti, francesi o iracheni, il terrorismo jihadista non fa discriminazioni. Ognuno di noi è un obiettivo: il terrorismo islamista è genocida.

Nonostante gli slogan facili come “Je Suis Charlie”, sono pochissimi in Occidente quelli che hanno mostrato solidarietà ai vignettisti francesi di Charlie Hebdo. La maggior parte degli europei pensava che quei giornalisti fossero in caccia di guai e li hanno trovati. O peggio ancora, come ha detto l’editorialista del Financial Times, che erano “stupidi”. Ma dopo il 7 gennaio è arrivato il 13 novembre. Da allora, nessuno ha ancora detto che le vignette su Maometto sono responsabili degli attacchi terroristici di Parigi.

Mentre lo Stato islamico schiavizzava e stuprava centinaia di ragazze yazide, le nostre intrepide femministe occidentali erano molto occupate a battersi per un referendum irlandese sulle nozze gay. È chiaro che non avevano a cuore il destino delle loro “sorelle” yazide o curde. Queste vittime sono state occultate nel lontano ed esotico Oriente, come i blogger musulmani laicisti in Bangladesh.

È giunto il momento di ricordare la famosa poesia di Martin Niemöller, un pastore luterano tedesco che fu imprigionato in un campo di concentramento per 7 anni dal regime nazista tedesco: “Prima vennero per i socialisti, e io non alzai la voce perché non ero un socialista. Quindi vennero per i sindacalisti, e io non alzai la voce perché non ero un sindacalista. Quindi vennero per gli ebrei, e io non alzai la voce perché non ero un ebreo. Quindi vennero per me, e non vi era rimasto più nessuno che potesse alzare la voce per me”.

Allo stesso modo, quando i terroristi islamisti colpiscono i blogger dissidenti musulmani, le lontane donne yazide o le ragazzine ebree – ed esse vengono ridotte in schiavitù, fustigate, stuprate o uccise – tutti noi in Occidente dovremmo preoccuparci. Gli islamisti stanno solo affilando i loro coltelli su di loro, prima di giungere da noi. Se noi oggi non alziamo la voce, domani saremo puniti per la nostra indolenza.

(*) Gatestone Institute

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 18:59