Terrorismo, attentati e contromisure

La dinamica degli attentati sanguinari di Dacca e prima ancora di Istanbul, Bruxelles e Parigi viene studiata fin nei minimi particolari dagli esperti delle forze di sicurezza di tutto il mondo. Si cerca di affinare ogni possibile strategia di contromisura ad una minaccia terroristica che appare di giorno in giorno di ardua lettura.

Una prima fredda e brutale considerazione che fanno gli esperti di sicurezza nei Paesi occidentali è che se il lavoro a monte dei Servizi segreti non è riuscito a identificare possibili aspiranti terroristi kamikaze, è poi praticamente impossibile fermarli prima che compiano gli attentati, com’è accaduto pochi giorni fa a Dacca, o all’aeroporto di Istanbul o al Bataclan di Parigi o nella metropolitana e nell’aeroporto di Bruxelles. Contro jihadisti ben armati, addestrati e soprattutto determinati a morire uccidendo il maggior numero possibile di “infedeli”, tutto quello che in caso di un attentato improvviso le forze di sicurezza possono fare, anche quelle speciali, è agire il più rapidamente possibile per limitare il numero di vittime.

In tutti i posti, in Europa e altrove nel mondo, ritenuti obiettivi sensibili per attentati terroristici, quali aeroporti, porti, stazioni ferroviarie, metropolitane, stadi e tanti altri luoghi pubblici, si sono moltiplicati i controlli di sicurezza, schierati decine e decine di poliziotti e di soldati di guardia, installati nuovi metal detector e apparecchiature per il rilevamento di esplosivi. Le file dei passeggeri in attesa del controllo bagagli diventano chilometriche, le attese per entrare in uno stadio per assistere ad una partita di calcio o ad un concerto sono lunghissime; ma secondo molti esperti tutto questo apparato di sicurezza, benché necessario, serve purtroppo a poco. Se i terroristi volessero comunque colpire quei luoghi così protetti i poliziotti di guardia, specialmente quelli che indossano l’uniforme, sarebbero i primi obiettivi degli assalitori, i primi a essere uccisi e l’aggressione terrorista andrebbe avanti lo stesso.

Secondo il colonnello Frédéric Gallois, ex capo della Gign, l’unità d’élite della gendarmeria francese, ora a capo di una società di sicurezza privata e grande esperto di contro-terrorismo, di fronte agli attentati jihadisti, come quelli recenti, non esiste una soluzione tattica ideale, ci saranno purtroppo sempre vittime ma almeno bisogna provare a limitarne il numero. Nel recente attentato all’aeroporto internazionale di Istanbul sono morte 45 persone che sarebbero potuto essere centinaia se la polizia turca non fosse intervenuta per tempo. Secondo la stampa turca, il piano degli attentatori era quello di entrare nel terminal delle partenze internazionali, trafficatissimo a quell’ora, prendere più ostaggi possibile e attendere la polizia prima di farsi esplodere, provocando così tantissime vittime. Uno dei poliziotti di guardia all’ingresso del terminal notando però i cappotti che i terroristi indossavano nonostante il caldo, per nascondere i loro giubbotti esplosivi e i mitra, si è insospettito e ha neutralizzato un primo aggressore, costringendo gli altri due a cambiare il piano e a passare all’azione. Gli attentatori non hanno quindi potuto appostarsi per uccidere con i mitra ma si sono fatti subito esplodere.

A Dacca, purtroppo, è successo il contrario. Gli assassini hanno fatto irruzione nel ristorante Holey Artisan Bakery senza incontrare alcuna resistenza. Si sono barricati con gli ostaggi, che hanno diviso tra locali e stranieri, questi ultimi uccisi barbaramente. Tra di loro i nostri poveri connazionali. L’assalto delle forze di sicurezza bengalesi è avvenuto solo undici ore più tardi, quando il massacro si era già compiuto.

In Europa le polizie stanno rivedendo i metodi di intervento in caso di attentati con presa di ostaggi: la tendenza è di avere team più snelli formati da poliziotti scelti, pronti ad entrare in azione in pochissimo tempo con l’obiettivo di liberare i civili catturati. La nuova strategia dell’anti-terrorismo prevede inoltre un rafforzamento del lavoro e un’intensificazione del ruolo dell’intelligence che deve cercare di infiltrarsi tra i gruppi che possono diventare potenziali fiancheggiatori dei terroristi. Maggiori controlli sulle reti di comunicazione, sui social, sui canali di approvvigionamento delle armi e della logistica. La prevenzione è prioritaria. Via libera poi a più pattuglie di poliziotti in borghese nei luoghi sensibili con ampia licenza di uso della armi. Il modello di Israele dove gli agenti di polizia e i soldati sono autorizzati a neutralizzare potenziali terroristi è diventato oggetto di studio da parte dei responsabili della sicurezza europea. La repentina reazione di un poliziotto può far abortire un attentato; bisogna ribaltare l’effetto sorpresa che è stato un punto di forza dei terroristi fino ad ora.

Gli assassini ci proveranno in tante altre occasioni, ma non sono immortali: la risposta della nostra sicurezza dovrà essere pronta ed efficace e alla fine la guerra contro il terrore sarà vinta.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 19:10