Siria, Assad rilancia

Rinfrancato dai successi militari che i suoi soldati stanno ottenendo sul campo contro le milizie del Califfato nero nel nord del Paese, grazie anche all’incondizionato sostegno dell’aviazione russa, il presidente siriano Bashar al-Assad, in un discorso tenuto nei giorni scorsi a Damasco davanti al nuovo Parlamento, ha affermato che l’esercito siriano non si fermerà fino a quando l’ultimo centimetro di terra siriana non sarà stato riconquistato.

I 250 nuovi deputati, usciti eletti dalle elezioni parlamentari che si sono svolte lo scorso 13 aprile nelle aree sotto il controllo governativo, hanno interrotto più volte con applausi scroscianti il discorso del presidente. Assad ha ribadito la posizione ufficiale siriana sui negoziati con l’opposizione, che sono condotti sotto l’egida delle Nazioni Unite. Il governo siriano resta fermo sul testo del documento presentato lo scorso marzo a Ginevra dall’Ambasciatore Bashar al-Jaafari, negoziatore di Damasco, al rappresentante delle Nazioni Unite per la Siria, Staffan de Mistura: gli uomini di Assad torneranno al tavolo negoziale solo a condizione che l’obiettivo dei colloqui di pace con l’opposizione sia la formazione di un governo di unità nazionale presieduto dallo stesso Assad e non un “organo esecutivo di transizione” senza Assad, istanza sostenuta dall’opposizione. E su questo punto Assad ha dichiarato di non voler transigere. Al riguardo il presidente siriano ha affermato di non aver ricevuto finora alcuna risposta dalle Nazioni Unite; per il leader siriano le trattative non sono quindi neppure iniziate.

Il presidente siriano ha riconosciuto che il cessate il fuoco tra il regime e l’opposizione moderata, concordato nel mese di febbraio con i buoni auspici del Gruppo di sostegno internazionale sulla Siria e delle Nazioni Unite, aveva permesso al suo esercito di concentrarsi sul fronte della battaglia al Califfato, il cui risultato è stata la liberazione in marzo dell’antica città di Palmira. Come è stato fatto a Palmira – ha aggiunto Assad – verrà liberato ogni centimetro del territorio occupato dai terroristi e dai nemici della Siria. “Non abbiamo altre opzioni se non la vittoria totale”, ha promesso davanti ai deputati in piedi in una standing ovation. Era la prima volta, dal giugno 2012, che Assad non interveniva in Parlamento. Le elezioni di aprile si sono svolte regolarmente e massiccia è stata l’affluenza al voto. Il partito Baath, al potere da più di mezzo secolo in Siria, e le liste collegate hanno riportato la maggioranza assoluta dei seggi. Il nuovo Parlamento ha eletto per la prima volta una donna come presidente, Hadia Abbas. Abbas, 58 anni, fedelissima di Assad, è professore di agraria all’università di Deir el-Zor, è stata deputato dal 2003 al 2007 ed è dirigente del partito Baath. Il discorso di Assad ha suscitato reazioni molto negative negli Stati Uniti. Il portavoce della Casa Bianca, Josh Earnest, ha definito scoraggianti le parole di Assad e ha criticato duramente la rigidità delle posizioni del presidente siriano che rischia di aggravare ulteriormente il caos nel Paese e allontanare le prospettive della fine della drammatica guerra civile. Mark Toner, portavoce del Dipartimento di Stato, è arrivato a definire il discorso parlamentare di Assad come “un deja-vu”, un “Assad versione vintage” di prima della rivoluzione. Nei prossimi giorni gli americani interverranno sui governi russo e iraniano, i principali alleati del regime siriano, perché esercitino ogni pressione su Assad per un pieno rispetto del cessate il fuoco con le forze dell’opposizione moderata. Da Mosca, che co-presiede con Washington il Gruppo di sostegno internazionale sulla Siria, la Casa Bianca si attende un intervento deciso sul presidente siriano.

Sono ormai cinque anni che la Siria è martoriata da una sanguinosa guerra civile che ha ucciso quasi 300mila persone, obbligato ad espatriare oltre 4 milioni di siriani e altri sette sono stati costretti ad abbandonare le loro case ormai distrutte. Il conflitto ha favorito poi la diffusione in Siria dei jihadisti del Califfato nero che hanno conquistato quasi un terzo del Paese. Le Nazioni Unite, attivatesi forse con ritardo, stanno sponsorizzando difficili negoziati di pace che non vedono però nessuna soluzione. Se si vuole dare l’ultima chance alla Siria o a quello che ne rimane è giunto il momento che tutta la Comunità internazionale si mobiliti, concretamente e non solo a parole, al fianco delle Nazioni Unite e che ciascuno eserciti la propria influenza sulle parti in conflitto perché vengano finalmente deposte le armi e ridata pace e speranza ad un popolo ormai disperato.

Aggiornato il 01 aprile 2017 alle ore 17:24