“Mura migranti”

Le “Mura migranti”. Da Berlino, al Brennero, ai confini magiari, fino ad arrivare sul Bosforo. Chiudono ai migranti, soprattutto a quelli economici, che vanno in scia alle grandi migrazioni epocali da Paesi in guerra, come Siria, Libia, Iraq. E tutto ciò fa sì che la “Finestra di Overton” (“bidirezionale”, per costruzione, nel senso che ciò che oggi è tabù domani potrebbe divenire pratica lecita) scivoli, nel caso delle migrazioni, dall’accoglienza indiscriminata al respingimento sistematico. E questo accade per un semplice motivo: le anime belle presuppongono che tutti condividano le loro regole umanitarie e il relativo illuminismo. Niente di più falso, nella realtà. Perché, ormai è chiaro: i veri profughi aventi diritto all’asilo sono solo una trascurabile percentuale di coloro che assaltano i confini comuni della Ue; il resto, sono migranti economici che non hanno titolo per restare. Né ci si può augurare che interi continenti si riversino su un fazzoletto di suolo come la Ue!

Tutti i profughi economici, però, sono gli strumenti e carne da cannone di politiche ben più aggressive di gruppi radicali, organizzazioni criminali e Stati in decomposizione che giocano con i flussi di diseredati come arma di ricatto verso l’Occidente, il loro vero nemico. Ma, a nulla servono le parole (nel bene e nel male) per cercare di arrestare enormi masse di disperati in movimento. Il mare non si prosciuga con un secchiello bucato! Quindi, o si riedita una politica di potenza, usando eserciti e cannoniere per impedir loro di passare e di muoversi, blindando i confini europei, o si individuano misure alternative più efficaci e pacifiche. Molti chiedono di eliminare il welfare per chi si dichiara “profugo”, non tenendo in minimo conto che esiste l’articolo 10 della Costituzione, in materia di asilo politico.

Ci si è accorti solo ora dell’abisso storico e culturale incolmabile tra i profughi economici provenienti da tutto il continente africano, rispetto a quelli degli Stati mediorientali. Per esempio, i palestinesi hanno un livello medio molto alto d’istruzione, come i libanesi e, ancor di più, i siriani e gli irakeni. C’è da chiedersi come mai molti di costoro non siano venuti finora a bussare alle nostre porte. Un esempio per tutti: Arafat era un personaggio assai ambiguo e infido. Ma aveva il pallino di far studiare all’estero i suoi giovani e migliori fedayn. Poi, è venuto Hamas con il suo radicalismo islamico e così, anche per i palestinesi, è sceso l’oscurantismo della sharia.

Ed è vero che più del 95 per cento dei profughi economici che provengono dall’Africa continentale e da quella mediterranea non hanno alcuno skill o formazione superiore che possa creare valore aggiunto per i Paesi di accoglienza. Quindi, quanti più di loro entreranno, tanto più rapidamente diverrà intollerabile la pressione relativa sui nostri sistemi di welfare, favorendo così la criminalizzazione progressiva dei nuovi e vecchi arrivati. Il rischio vero è quello di assistere, in futuro, a veri e propri progrom di furia popolare anti-immigrati alla vecchia maniera. Questione di massa critica: più aumenta la densità di questa popolazione di gente venuta da fuori (che facendo lavori precari, o vendendo mercanzie di nessun valore aggiunto, o spacciando droga non paga un soldo di Irpef e di Iva), più crescerà la ribellione degli autoctoni. Il problema vero è “come” farli restare a casa loro, senza che muoiano di fame e di guerre.

Per questo vanno individuate politiche comuni rigorose e restrittive. Sull’immigrazione l’idea di Renzi di un Fondo europeo per l’Africa deve essere ben approfondita, per divenire credibile. Davvero tutti sanno che, attualmente, sono le colossali holding cinesi a spremere come un limone le risorse dell’Africa? La mia idea di sempre è la seguente: non se ne esce, finché non ci saranno trattati internazionali che impongano a “tutti” di lasciare almeno il 30-40 per cento delle royalties ai popoli africani, da versare in un Fondo mondiale per lo sviluppo. Sarà, poi, quest’ultimo a emettere, come dovrà fare parallelamente l’Europa per l’Africa mediterranea, bonds che vanno a finanziare grandi progetti infrastrutturali e microimprenditoria locale, come succede in India da tempo.

Ovvero: i Governi africani formulano i loro piani di sviluppo e una strategia per il piccolo credito ad artigiani, piccoli commercianti, etc. e, attraverso i bond, il Fondo bandisce gare internazionali per la costruzione delle infrastrutture e per la costituzione e il funzionamento degli istituti creditizi che concedono piccoli prestiti a privati. Ritengo che occorra favorire in ogni modo, con soldi buoni, l’autosufficienza alimentare e l’agricoltura di sussistenza africane. Questa è la “grande” politica, per me. Il resto, sono solo “chiacchiere e distintivo”.

Aggiornato il 01 aprile 2017 alle ore 17:33