Intelligence “umana” che può anche fallire

A poche ore dagli attentanti di Bruxelles, l’Intelligence di tutta Europa è finita sotto accusa per l’incapacità di collaborare e fornire informazioni utili alla prevenzione. Forse sembrerà un provocazione, ma il finale non poteva essere diverso.

Se qualcuno avesse osservato con attenzione quali notizie uscivano sui media nei giorni precedenti la tragedia di Bruxelles, avrebbe notato che gli allarmi si susseguivano. La Germania sembrava ad altissimo rischio, due giorni prima della strage in Belgio a Istanbul veniva rinviata una partita di calcio per un allarme bomba, mentre a Londra, Scotland Yard dichiarava di aspettarsi attacchi simultanei in città. I Servizi segreti di tutto il mondo guardano sempre nel posto sbagliato? Può essere, ma forse c’è un’altra possibilità. Quante informazioni e quanti canali per trasmetterle esistono oggi? Qualsiasi numero poniamo all’inizio è la quantità di zeri che lo segue a fare impressione. Il quantificatore in miliardi non basta. In questo immane flusso di dati come è possibile estrarre le informazioni corrette? Si potrebbe obiettare che i Governi hanno gli strumenti tecnologici utili a intercettare qualsiasi tipo di comunicazione, ma non basta averle, perché poi è necessario interpretarle e, a questo punto, entra in gioco l’uomo.

Nessuna macchina al mondo è ancora in grado di estrarre un significato da un insieme di basi dati destrutturate, di rendere concreta quell’attività di “sense making” che è tipica degli essere umani, con i tempi che sono loro propri. I criteri sulla base dei quali i sistemi analizzano le informazioni sono comunque “umani”, così se in uno scambio di email vengono rilevati i termini “Londra, bomba, marzo” probabilmente la macchina farà una segnalazione che potrebbe rivelarsi l’innocente programma: “Il week-end che faremo a Londra la prima settimana di marzo sarà una bomba”. Quella stessa macchina, se non programmata, potrebbe trascurare “Bruxelles, aeroporto, ritiro bagagli”, che oggi acquisterebbe un significato ben diverso. Il tema della sicurezza s’incrocia con quello del controllo e dell’impossibilità di attuarlo nel contesto delle nuove tecnologie. Mai come oggi una frase del critico d’arte Federico Zeri suona come di agghiacciante attualità: “Stiamo morendo per eccesso di informazioni”.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 18:59