In Italia la questione dell’uscita dell’Inghilterra dall’Unione europea non scalda i cuori. Gli italiani la considerano come se non li riguardasse. Appare loro una faccenda europea nel senso che tocca ciò che sta al di là delle Alpi, non al di qua. E già questo la dice lunga sulla lungimiranza dei nostrani governanti e governati. I pochi che in alto la dibattono, puntano sulla valutazione degli interessi nazionali e europei, e domandano se ci convenga come nazione singola oppure convenga agli Stati europei nel complesso.
Com’è noto, il Regno Unito, geograficamente appartenente all’Europa, ne è stato sempre fuori politicamente, quando più quando meno. L’adesione del Regno Unito alla Unione europea ma non all’Euro vuol dire che non è membro come gli altri. E l’aver negoziato di recente clausole speciali significa che inclina a mantenere un piede dentro e uno fuori. Ma adesso arriva il referendum. I britannici dovranno scegliere dove stare. A fronte di tutti quelli che, oltre la Manica e qui sul Continente, stanno a calcolare quanto e chi guadagnerebbe o perderebbe in termini economici, un liberale deve chiedersi, al contrario, quale scelta serva al meglio gli ideali del “governo rappresentativo” che la Madre dei Parlamenti ha generato e sparso fuori dei propri confini.
Alla luce dell’esperienza basata sull’europeismo di Bruxelles si deve concludere che gli ideali britannici hanno impollinato meno l’Ue di quanto l’Ue abbia impollinato il Regno Unito. In termini di Istituzioni e Leggi, questo ha significato un affievolimento degli ideali britannici, il quale costituisce un danno secco per la causa della Libertà. Basti pensare all’erosione della common law per l’influenza di quella peste europea che va sotto il nome di positivismo giuridico (direttive, prescrizioni, regolamenti, istruzioni: tutto scritto per ogni minuzia!). Dunque io parlo sì dell’interesse italiano e dell’interesse europeo, ma dell’interesse a mantenere e rafforzare il pilastro dell’ordine liberale. Se questo scopo può essere meglio perseguito e conseguito con la “Brexit”, sia benedetta! Tre volte, negli ultimi mille anni, i britannici hanno salvato la libertà degli Europei. La prima volta con Elisabetta I contro l’onda orrida degli spagnoli oscurantisti. La seconda volta con Nelson e Wellington contro il rivoluzionarismo di Napoleone. La terza con Churchill, il più grande del millennio, che tenne testa a Hitler.
Se questo immenso legato storico fosse annacquato e disperso in una Ue più pensosa della giustizia sociale che della libertà, più tesa ad omogeneizzare e standardizzare le libertà specifiche di ciascuno Stato anziché a preservarne ed esaltarne le peculiarità, più preoccupata di sopravvivere a prescindere piuttosto che attrezzarsi a vivere all’altezza delle ambizioni, ebbene la perdita sarebbe incalcolabile. Alle strette, non avremmo un faro su cui orientarci; una vicina terra dove rifugiarci; un esempio da seguire; un’esperienza da mettere a frutto. Ecco, infine, la mia personale conclusione: spero che il Regno Unito decida di restare fuori dell’Unione europea per potervi andare a respirare quella buona aria d’indipendenza e libertà nella sicurezza che mi fa sentire colà più cittadino inglese che italiano in patria.
Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 19:01