Dalle ruspe di Calais   sorge la nuova Europa

A Calais la polizia sta procedendo allo sgombero della cosiddetta “giungla”, la bidonville messa in piedi negli anni per ospitare, sotto ripari di fortuna, la massa di immigrati in transito verso l’Inghilterra. L’azione di forza è conseguenza indiretta dei risultati dell’ultimo vertice europeo che hanno premiato il governo britannico riconoscendogli il diritto d’impedire l’ingresso nel proprio Paese ai migranti indesiderati. Ma è anche una mossa politica del governo di Parigi in vista del non lontano appuntamento elettorale per la scelta del futuro presidente della “Republique”. Nella regione del Nord-Passo di Calais il partito di Marine Le Pen raccoglie uno straordinario consenso proprio sulle proposte mirate a frenare l’invasione migratoria. Adesso che la situazione è al limite del collasso il gabinetto della sinistra progressista di Manuel Valls ne scopre il potenziale deflagrante in termini di voti e decide di correre ai ripari azionando la leva securitaria. Ma la decisione presa a Parigi non è isolata, essa è in linea con la scelta presa dalla maggioranza dei paesi partner dell’Unione di fare muro contro l’esplosione del fenomeno migratorio.

Si potrebbe dire che l’Europa abbia deciso di fare l’Europa, a partire dalla difesa dell’integrità e della sicurezza dei suoi territori. Questa presa di coscienza dovrebbe essere salutata con favore anche in Italia dove da tempo si lamenta l’incapacità della Ue di fare passi avanti in direzione dell’unità politica dell’Unione. È significativo che l’Europa riconosca di non essere soltanto mercato e regole ma anche altro: ragione e identità. Dovremmo esserne felici, invece in Italia, dove imperversa la fede cieca nel multiculturalismo, la maggioranza politica che ci governa gira con il lutto al braccio, biascicando di un’imminente “fine dell’Europa”. I menagramo acquattati nei palazzi del potere vaticinano di un’apocalisse pronta a scatenarsi per colpa degli altrui reticolati. Ancora una volta questa mala pianta di mestatori prova a raccontare una realtà rovesciata. Starnazzano come oche del Campidoglio per la distruzione di qualcosa - lo spirito europeo - proprio nel momento nel quale quel qualcosa inizia ad avere un’identità definita. Piuttosto che abbaiare alla luna i nostri leader dovrebbero smetterla di fare demagogia e prendere in seria considerazione opportuni piani di difesa per impedire che la massa umana in movimento si riversi in Italia.

Il nostro Paese, per la sua particolare collocazione geografica, ha almeno tre punti deboli d’accesso: il Canale di Sicilia, la Venezia Giulia e la costa adriatica della Puglia. Non bisogna essere dei geni per intuire che, chiusa la rotta balcanica, gli immigrati potrebbero ritentare la sorte sui barconi dalla Libia, oppure, attraversando la Croazia, passare il confine a Gorizia o rischiare, dalle coste dell’Albania e della Grecia, la traversata dell’Adriatico per approdare sulle spiagge del Salento, come accadde 25 anni orsono ai tempi della prima grande ondata migratoria dai paesi dell’ex-blocco sovietico. Morale della favola: se non si interviene per tempo potremmo assistere a breve a un’invasione in piena regola del nostro Paese.

Matteo Renzi e Angelino Alfano perseverano nel loro delirio: sono ancora convinti d’imporre agli altri partner una visione del futuro d’Europa che la maggioranza dei paesi Ue rifiuta con fermezza. Il disvelamento di questa banale verità conduce i nostri patetici governanti ad assumere i toni tragici del cupio dissolvi: l’Europa è morta, è tutto finito. Ma dove hanno la testa? Il fatto che la posizione italiana sia stata bocciata non vuol dire che il mondo sia crollato. Se funerale deve essere celebrato è al buonismo dell’accoglienza illimitata, figlio prediletto dell’ideologia catto-comunista. Comunicateci giorno e ora delle esequie, sarà nostro gradito dovere, e fonte di convinta soddisfazione, scortare la salma al luogo della sua definitiva sepoltura.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 19:10