La fine dell’ultimo comunismo di Chavez

Nelle vacanze di fine anno ho avuto il “coraggio”, si fa per dire, di visitare il “violento” Venezuela, dove ho scoperto un sacco di cose. Ho scoperto soprattutto che i venezuelani sono gente per bene, vogliosa di vivere e di lavorare, anche se stremata e scoraggiata dalla corruzione e dalle politiche collettiviste del riesumato comunismo di marca chavista.

Sapevo che nelle elezioni politiche del dicembre scorso la Mesa de la Unidad, un cartello di partiti antiChavez, aveva conquistato la maggioranza assoluta dei due terzi del Parlamento, contro i 55 seggi del Partito socialista unito del Venezuela (Psuv) guidato Maduro. Ho toccato con mano che le elezioni sono state una sconfessione generalizzata delle politiche collettiviste di Chavez. La sorpresa è stata nel vedere la centrale piazza Simon Bolivar di Caracas occupata, per una settimana, dai sostenitori di Maduro, in una manifestazione patetica, inneggiante alla rivoluzione chavista, contro l’esito elettorale conseguito dalla «destra».

Il disco “el pueblo unido jamas sera vencido”, tentava di rigenerare emozioni rivoluzionarie. Ma, i disastri di venticinque anni di chavismo erano lì a pesare come macigni, proprio sulle spalle dei più poveri. Il disco degli Inti Illimani era evocativo, come nel sessantotto italiano. Ma, le poche migliaia di persone convenute, increduli e smarrite, dimostravano quanto grande fosse, e sia, l’abisso che passa tra le svanite emozioni rivoluzionarie e il totale fallimento del collettivismo economico.

Il Comandante Chavez (si faceva chiamare così), non si è limitato a trasferire in mano pubblica il petrolio e le fonti energetiche, ma ha anche espropriato intere aziende produttive del settore immobiliare, turistico, agroalimentare. Il risultato è che tutti gli alberghi sono fermi alla manutenzione di diciassette anni fa e i prodotti alimentari di prima necessità sono razionati come in un’economia di guerra.

Girando per Caracas si vedono frequenti, lunghe, code di persone che pazientemente fanno la fila fuori dai centri commerciali. Chiedi risposte e scopri che il regime ha disposto per decreto il contingentamento della vendita dei prodotti alimentari primari, che il sistema non riesce a soddisfare, e diventano disponibili per ogni persona, per due soli giorni settimanali, secondo regole d’accesso ritmate dall’ultimo numero della carta d’identità personale.

Il costo quasi nullo della benzina (50 litri di verde per un centesimo di euro, si proprio così: un centesimo di euro) non è in grado di animare un’economia che registra un’inflazione superiore al 100% l’anno e un livello delle retribuzioni medie inferiore a 20 dollari al mese, uno dei più bassi del mondo. Il fallimento del chavismo è documentato. La sua fine è segnata. L’art. 72 della Costituzione prevede la revoca di ogni ufficio pubblico per referendum popolare e la stragrande maggioranza dei venezuelani si prepara a questo evento, ben sapendo che il paese si salva solo con la revoca popolare dell’incarico del Presidente Maduro.

Il 5 gennaio si è insediata la nuova Assemblea Nazionale. Dispone di molti strumenti per arrestare la deriva comunista in atto. Gli stendardi dei movimenti di liberazione che sventolano ancora la bandiera del Comandante Chavez in Venezuela e in alcune parti dell’America latina, saranno presto, per forza di cose, ammainati. Ai suoi eredi, non resta che il conflitto istituzionale, che Maduro ha già tentato di sollevare provocando la decisione della Corte Suprema di Giustizia (TSJ) di sospensione di tre deputati di opposizione eletti nello Stato di Amazonas.

La Mesa de la Unidad ha risposto eleggendo il nuovo Presidente dell’Assemblea nella persona di Henry Ramos Allup, che ha raccolto il giuramento dei tre deputati sospesi. Il Psuv minaccia la denuncia del Parlamento per oltraggio alla Corte di Giustizia. Ma, ogni tentativo di camuffare, con artifici pseudogiuridici, un tracollo politico ed economico inesorabile, pare destinato a fallire, perchè la reazione delle forze di opposizione è intenzionata a tenere lo scontro in atto rigorosamente dentro i confini della legalità.

È immaginabile che le Forze Armate, un’istituzione di governo in Venezuela, non soltanto uno strumento a difesa della sovranità nazionale, accompagnino questo passaggio, assecondando la nuova maggioranza verso il ritorno alla piena democrazia.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 19:06