Come in molti Paesi, una serie di iniziative si svolgono in Francia in occasione della Giornata mondiale contro la pena di morte, che dal 2003 si celebra il 10 ottobre di ogni anno. Il governo francese – che come quello italiano è in prima fila nella campagna per l’abolizione universale – ha mobilitato su questo tema anche tutta la rete diplomatica e degli istituti di cultura all’estero, con film, mostre e tavole rotonde sull’argomento, mentre gli eventi principali si svolgono a Parigi dall’8 al 10.
Originale e molto efficace il concorso internazionale di arringhe contro la pena di morte per giovani avvocati francofoni promosso dal Ministero degli Affari esteri e dello sviluppo internazionale, dal Consiglio Nazionale Forense, dall’Organizzazione Internazionale della Francofonia e dall’Ong Ensemble Contre la Peine de Mort. I finalisti, selezionati con competizioni nazionali nei mesi scorsi, hanno perorato in toga nella sede dell’avvocatura la causa dell’abolizione nei rispettivi Paesi: Benin, Burkina Faso, Camerun, Libano, Marocco, Niger, Tunisia e Repubblica del Congo – Brazzaville.
“Oggi non siamo qui per difendere un imputato, ma per condannare la pena di morte” ha esordito la libanese Michèle Mansour, che ha poi ricordato l’insieme dei valori cui dovrebbe informarsi uno Stato democratico ed ha escluso che fra questi possa trovare posto “l’assassinio giudiziario”.
Michèle Ndoki, del Camerun, ha segnalato che sebbene nel suo Paese non vi siano state esecuzioni dal 1997 vi sono ancora 77 condannati nei bracci della morte, poiché in alcuni casi il Codice Penale prevede la pena capitale come obbligatoria.
La tunisina Yasmine Attia, per la quale “la pena di morte rappresenta il fallimento morale dell’umanità”, ha ricordato che la Tunisia è stato il primo Paese arabo a riconoscere, poco dopo l’indipendenza, il diritto di voto alle donne (nel 1957) e ad adottare una Costituzione (nel 1959), concludendo fra gli applausi: “Sia il primo Paese arabo ad abolire la pena di morte”. Già nel 1995, del resto, con Nessuno tocchi Caino avevamo tenuto a Tunisi una conferenza su “La pena di morte nel diritto internazionale e nelle legislazioni dei Paesi arabi”, che fu una tappa importante nel percorso abolizionista.
Notevole a questo proposito l’arringa della marocchina Nezha Loufa, che ha toccato un punto particolarmente delicato prospettandone una soluzione teorica: “Anche nell’Islam la vita umana è sacra. È vero che la sharia prevede molti casi di condanna a morte; ma prevede anche sempre la possibilità di non farvi ricorso. Il perdono non è mai escluso”. Il Marocco – ricorda – ha ratificato il Patto internazionale sui diritti civili e politici del 1966, ma non il suo secondo Protocollo facoltativo del 1989, che prevede che nessuna persona soggetta alla giurisdizione di uno Stato Parte sia giustiziata e che ciascuno Stato Parte abolisca la pena di morte nell’ambito della propria giurisdizione (salvo eventuali riserve per il solo tempo di guerra e per delitti di “gravità estrema”). Tuttavia, è all’esame del Parlamento marocchino un progetto di riforma del codice penale che ridurrà i casi per cui la condanna capitale potrà essere comminata.
Fra le personalità francesi impegnate nelle iniziative di questi giorni, il ministro degli Esteri Laurent Fabius (che annuncia il lancio di un concorso di slogan abolizionisti per i giovani francofoni di tutto il mondo e la sponsorizzazione del secondo concorso internazionale “Disegnami l’abolizione” organizzato da Ensemble Contre la Peine de Mort), l’ex ministro della Giustizia e avvocato Robert Badinter (protagonista durante la prima presidenza Mitterrand del percorso che portò all’abolizione in Francia proprio il 9 ottobre del 1981), il segretario di Stato Matthias Fekl, il celebre avvocato Henri Leclerc e l’ambasciatrice Patrizianna Sparacino-Thiellay, incaricata dei diritti umani, della dimensione internazionale della Shoah e del dovere della memoria: una funzione che la Francia ha istituito per la prima volta nel 2003.
(*) Antonio Stango, segretario del Comitato Italiano Helsinki per i diritti umani, membro della Lega Italiana dei Diritti dell’Uomo (Lidu) e componente del Consiglio direttivo di “Nessuno tocchi Caino”, è stato nominato a settembre coordinatore del Congresso mondiale contro la pena di morte da parte dell’organizzazione internazionale Ensemble Contre la Peine de Mort, con sede a Parigi.
Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 19:07