Molte sono le problematiche del territorio caucasico dalla fine dell’epoca sovietica. Tra queste ritroviamo il territorio dell’Ossezia del Sud, rivendicata dalla Georgia ma di fatto indipendente. Per comprendere meglio le problematiche di tale territorio e il ruolo di questo contesto geografico con il diritto internazionale ne parliamo con il sociologo Mauro Murgia, dal 2013 rappresentante ufficiale del Mae Ossezia del Sud in Italia.
Come nasce l’Ossezia del Sud, quale è il suo ruolo nel contesto caucasico e cosa chiede alla comunità internazionale?
“Gli Osseti sono un popolo antichissimo il quale è del tutto differente da ogni razza circostante. Non Sono essi, al pari dei Circassi, un popolo misto, ma costituiscono uno stipite primitivo, schietto, inalterato, non misto ad alcuna razza, il quale discende in linea retta da uno dei figlioli di Jafet. Questo figlio chiamavasi Oss, ed essi si dicono in loro linguaggio Ossi”. (G.G. Khol, 1828). Basterebbe questa piccola citazione, per chiarire immediatamente che, quando si pensa e si parla di Ossezia ed osseti, ci si riferisce ad un Popolo, con propria lingua, territorio storico ed amministrazione autonoma. L’Ossezia del sud ha pagato e paga, ancora oggi, il suo essere centralità Caucasica, il suo essere crocevia. La Georgia, per quasi 100 anni, ha tentato in tutti i modi di impossessarsene, complice l'Urss e, complice, dopo, un occidente attento più allo smembramento della ex Urss, che ai diritti dei popoli. L’Ossezia del Sud, oggi, dopo i massacri subiti, il genocidio ad opera georgiana del 20 giugno del 1920 e, dopo la guerra di liberazione (come altro chiamarla) terminata nel 1992, i profughi, nell’ordine di centinaia di migliaia, costretti a rifugiarsi nell’Ossezia del Nord, e l’ultima, nell’ordine di tempo, aggressione del 2008, tenta faticosamente di percorrere una propria strada di Stato autonomo e di riconoscimento internazionale. Secondo i parametri di Montevideo, l’Ossezia del Sud ha il diritto al riconoscimento internazionale ma, questo non sembra smuovere la comunità internazionale.
Da quanti Paesi è riconosciuta e quale è il suo “status” in ambito di diritto internazionale e in sede di Nazioni Unite?
Solo nel 2008, la Russia di Putin, dopo la tragica aggressione georgiana che è costata tanti morti anche alla stessa Russia, ha riconosciuto l’Ossezia del Sud e l’Abkhazia. Seguita da Nicaragua e Venezuela e, poi, Vanuatu, Nauru e Tuvalu. Lo Status internazionale è paradossale, stante i riconoscimenti esistenti e, l’Onu che continua a definire Ossezia del sud, Repubblica “de facto”. La strumentalità di questa situazione viene dall’evidenza della impossibilità del parlare. L'Onu non concede diritto di parola. Non concede la possibilità del presentare le proprie ragioni. Così in Europa e in tutti gli organismi internazionali. La Georgia parla e parla, mentre le due Repubbliche Caucasiche, Ossezia del Sud e Abkhazia, vengono costrette al silenzio. Solo nei colloqui di Ginevra, che si tengono ogni 4 mesi, con georgiani, americani, Ue, Russia, l’Ossezia del Sud e l’Abkhazia possono parlare ma, dopo più di venti colloqui in questi anni, niente cambia e i georgiani rifiutano di sottoscrivere un patto di non aggressione.
Anche il Partito Radicale è intervenuto in tale contesto, attraverso Marco Perduca che da deputato aveva presentato un’interrogazione sulla questione del rifiuto dei visti agli abkhazi ed osseti del sud. Ci può spiegare meglio la problematica?
Sì, il Partito Radicale ed il bravo, mi si permetta di dirlo, senatore Marco Perduca, si sono impegnati per cercare di risolvere questa grave situazione. Nella scorsa legislazione Marco Perduca ha speso il suo tempo per i diritti delle Repubbliche Caucasiche, organizzando un incontro (cosa non facile e scontata) tra il presidente della Commisione Affari Esteri del Senato, Lamberto Dini e il ministro degli Esteri della Abkhazia presente in Italia e, lo stesso senatore, senza alcun indugio ha dichiarato che le Repubbliche hanno diritto al riconoscimento internazionale e, se ciò non avviene, è perché le ragioni geopolitiche e il confronto-scontro occidente e Federazione Russa, lo impediscono. Si tratta, quindi, di Paesi schiacciati nei propri diritti da logiche che niente hanno a che vedere con la ragione elementare del riconoscimento. Inoltre, il Senatore Perduca ha presentato una interrogazione al Ministro degli Esteri, chiedendo il perché e le motivazioni dei costanti rifiuti della concessione dei visti ad osseti ed abkhazi, che intendevano recarsi in Italia per studio o affari. Questa dei visti, è una storia esemplare per comprendere quella che io definisco la “stupidità politica europea”. Il Rifiuto del visto agli studenti, (come nel caso dei 10 studenti abkhazi che dovevano recarsi in Assisi per un anno, per un corso di studio), rappresenta l’accondiscenza pedissequa ai voleri Usa e georgiani, nell’accanimento contro tutte le istanze dei popoli caucasici. Solo un mese orsono, l’Ungheria non ha concesso il visto ad una squadra di calcio abkhaza, che doveva partecipare ad un torneo internazionale. Ecco, quindi, la sostanza quotidiana del vivere in Ossezia del sud e Abkhazia: l’impossibilità di movimento verso l'Europa ed altri Paesi.
Quali sono le maggiori difficoltà che incontri in Italia nello svolgere il tuo ruolo da rappresentante ufficiale del Mae Ossezia del sud?
Lavorare per l’Ossezia del sud in Italia, rappresenta, giorno dopo giorno, una sfida continua per l’affermazione di diritti elementari. Rappresentare questo Paese significa scontrarsi, ogni momento, contro il blocco, silenzioso ma forte, della burocrazia anti-osseta. Parlo della Farnesina, delle Prefetture, dei Consolati e, purtroppo, di tante forze politiche sorde ad ogni appello che lanciamo. Anche a sinistra, parlo della sinistra istituzionale, si fa molta fatica a poter parlare e far passare l’emergenza dei diritti. Paradossalmente, c’è un maggiore ascolto nel centrodestra che nel centrosinistra di governo. Abbiamo presentato richieste ufficiali al Mae, al ministro Gentiloni ma, mai una risposta, un invito per esporre le nostre ragioni.
Nelle ultime settimane siete stati ricevuti anche da Papa Francesco presso la Santa Sede. Avete chiesto al Pontefice di intervenire in ambito internazionale sulle vicende che caratterizzando l’Ossezia del Sud, ricordando anche la cristianità degli osseti del sud. Che risultati avete ottenuto da tale incontro?
Sì, abbiamo sperato nel Vaticano e in Papa Francesco che abbiamo avuto l’onore d’incontrare brevemente, il tempo di consegnare i nostri documenti sulle Repubbliche. Credo che il Papa conosca bene la situazione dell’Ossezia del sud e della Abkhazia. E' vero, si tratta di Paesi profondamente cristiani, dove non esiste conflitto religioso e che guardano al Vaticano, a Papa Francesco con fiducia e pazienza. So che è difficile, ma basterebbe un suo segnale, un piccolo segno per portare alla attenzione del mondo l’ingiustizia del mancato riconoscimento internazionale. Abbiamo presentato una richiesta ufficiale alla Segreteria di Stato ed a Monsignor Gallagher, per un incontro rappresentativo della situazione delle Repubbliche ma, fino ad oggi, nessuna risposta.
Ti stai adoperando molto per far conoscere la storia, la cultura e le tradizioni dell’Ossezia del Sud in Italia. Ci illustri le iniziative che più hanno riscosso successo?
Gli ultimi anni, in particolare dal 2013 ad oggi, sono ricchi di iniziative a favore dell’Ossezia del Sud. Se si pensa che fino a 3 anni fa, su internet si trovavano solo info georgiane, o a favore degli stessi, oggi abbiamo ribaltato questo modo di fare. Su Ossezia del sud, ed anche Abkhazia si trovano una valanga di informazioni che spiegano la situazione delle Repubbliche. Decine di convegni internazionali con la presenza del Ministro degli esteri della Ossezia del sud in tante occasioni. Una rete capillare di rappresentanti regionali per l’Ossezia del Sud. Rapporti culturali e protocolli tra università italiane e delle Repubbliche, 13 città con protocolli di amicizia con città ossetine, tante delegazioni italiane nel Paese, mostre fotografiche per far conoscere il Paese e tante altre iniziative, stanno a dimostrare la profonda amicizia che si crea, quando la gente conosce, quando l’informazione la raggiunge. Si dimostra il vecchio detto del conoscere, ed io, insieme a tanti altri, come le formiche giorno dopo giorno stiamo sgretolando il muro della negazione dei diritti.
Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 19:03