Libertà di stampa, Italia sempre peggio

Indice della libertà di stampa di Reporter senza Frontiere: l’Italia scivola (udite! udite!) al 73mo posto. Un risultato devastante, considerando che i paesi censiti sono 180 e che, all’ultimo posto, al 180mo, si piazza l’Eritrea, che quest’anno riesce a battere, in peggio, la Corea del Nord. L’Italia, dunque, si colloca a metà strada fra la Finlandia e l’Eritrea. Non geograficamente, ma in fatto di libertà di stampa. Reporter senza Frontiere, la Ong che difende i giornalisti in tutto il mondo, divide il mondo in quattro categorie, contrassegnate da altrettanti colori: bianca, gialla, arancione, rossa e nera. Fa veramente impressione vederci in fascia arancione, assieme a tante altre ex dittature. Davanti a noi si piazza in Nicaragua, dittatura fino al 1990 e con una trentennale guerra civile alle spalle. Appena dietro di noi c’è la Moldavia, che era parte dell’Unione Sovietica fino al 1991, ha vissuto un anno di guerra civile una volta indipendente e tuttora deve far fronte al problema di un’intera regione fuori dal controllo governativo. Situazioni drammatiche, dunque, che lasciano ancor più sbalorditi nel confronto. L’Italia è una democrazia liberale stabile sin dal 1948, eppure ha livelli di libertà di stampa ed espressione pari a quelle di Stati che hanno vissuto traumi come quelli che abbiamo appena visto. Stando nel nostro continente, siamo penultimi Ue: peggio di noi c’è solo la Grecia. Un altro caso completamente alieno nella comunità europea.

E’ incredibile vedere chi è posizionato meglio di noi: a parte tutta l’Europa, ci sono molte altre realtà classificate più tolleranti e rispettose dei diritti dei loro giornalisti, anche se solitamente non li consideriamo paesi liberi: Haiti, Mauritania, Burkina Faso, Madagascar, Niger, giusto per fare qualche esempio. E quasi tutte le ex dittature totalitarie comuniste, oltre alla già citata Moldavia, sono ormai meglio di noi: Estonia, Polonia, Repubblica Ceca e Slovacchia, forse proprio per reazione al passato, sono ai primi posti in fascia bianca; Lettonia, Lituania, Slovenia, Romania, Croazia, Bosnia, Serbia, Ungheria, Georgia, sono comunque piazzate meglio di noi.

Sarà un pregiudizio politico? Non sembra. Se c’è un pregiudizio in Reporter senza Frontiere è una visibile inclinazione liberal, di sinistra. E l’Italia ha governi di sinistra almeno dal 2013. Si poteva pensare a un pregiudizio contro Berlusconi e il suo “conflitto di interessi”, ma quando c’era lui al governo, l’Italia era fra il 39mo posto (nel 2003) e il 57mo (nel 2011) con alti e bassi a seconda degli anni, ma sempre in posizione decente, in fascia gialla, da paese libero con qualche difficoltà. Un peggioramento come quello avvenuto nel 2014 è un caso unico nella storia degli indici annuali di libertà di stampa. Dunque non si può parlare di pregiudizio politico. Quindi, dove è il problema?

Nella criminalità organizzata, prima di tutto. Forse si vede e si sente poco, perché i media nazionali tendono a sottovalutare il problema. Ma la stampa locale vive nel terrore. Fra vittime di micro e macro criminalità, nei soli primi 10 mesi del 2014 si contano 43 casi di aggressioni fisiche ai giornalisti e 7 casi di distruzione delle loro proprietà (soprattutto auto incendiate) a scopo intimidatorio. Troppi, veramente troppi per un paese che vuole essere “normale”.

Ma c’è un’altra forma di persecuzione, più silenziosa, sottile, legale, che ci rende diversi da tutti gli altri. Ed è costituita dalla massa di querele. Le cause “ingiustificate” (secondo Reporter senza Frontiere) per diffamazione sono cresciute dalle 84 del 2013 alle 129 del 2014 (solo i primi 10 mesi). La maggior parte delle querele sono state sporte da politici eletti in parlamento. Il che si configura come un caso di censura di Stato. E lo è, a tutti gli effetti, perché indica la permanenza di una classe politica che non accetta critiche pubbliche.

Il risultato di questo indice di RsF è sorprendente, eppure non dovrebbe sorprendere. Non dovrebbe sorprendere, soprattutto, chi si occupa professionalmente di dare notizie. Fra minacce di querele e minacce fisiche, oltre ad una cronica mancanza di liquidità delle case editrici, si fa il giornalista a proprio rischio e pericolo, senza troppe soddisfazioni da una parte e con mille e più paure dall’altra. Svolgere inchieste è diventato proibitivo, per editori e giornalisti. Esprimere critiche o dare notizie che possano dar fastidio a politici eletti, sia a livello locale che nazionale, è sempre più difficile. Esprimere critiche o dare notizie che possano dar fastidio a magistrati è sempre stato impossibile, a meno di non volersi suicidare professionalmente. Non sono luoghi comuni. Non è facile piagnisteo. Anche i Reporter senza Frontiere se ne sono accorti.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 19:07