Juncker-Tsipras: prove di compromesso

Cercasi soluzione “accettabile per tutti”. Per salvare la faccia e salvare l'Europa (e i crediti di Frau Merkel). E sarebbe già un successo, visto come si erano messe le cose (a cominciare dai due piani di salvataggio nel 2010 e nel 2012, rispettivamente da 110 e 130 miliardi, fino ad arrivare all’esito delle elezioni di domenica scorsa). Alexis Tsipras arriva nella capitale d’Europa e parla da uomo di governo, per continuare a sperare nella sua rivoluzione morbida, tipico di chi nasce incendiario e muore pompiere.

E di acqua ne ha trovata tanta anche nei palazzi delle istituzioni Ue, a cominciare prima dall’abbraccio un po’ goffo di Juncker e poi da quel prendersi per mano fino allo studio del presidente della Commissione che suscita l’ilarità dei giornalisti e l’imbarazzo del giovane Alexis. Come a dire che mamma Europa è sempre pronta a riaccogliere chiunque, e a riportarlo sulla retta via, qualsiasi cosa accada. Accade allora che da Francoforte, fonti giornalistiche parlano di una Bce che avrebbe rimandato al mittente la richiesta della Grecia di un supplemento di 10 miliardi in buoni del tesoro come “finanziamento ponte” nell’attesa che Atene negozi un nuovo accordo con i creditori, mentre il ministro delle Finanze Varoufakis, al termine dell’incontro con Mario Draghi, implorava l’Eurotower di sostenere le banche greche, “per poter sopravvivere con i nostri titoli di stato a breve termine”.

Negli stessi minuti, a Bruxelles Juncker e Tsipras sondavano alleati e avversari per capire se ci fossero le condizioni per chiudere la partita entro pochi giorni, magari con una riunione straordinaria dell’Eurogruppo a poche ore dall’inizio del summit dei leader Ue, in programma il 12 e 13 febbraio. “Non abbiamo ancora un accordo, ma stiamo andando nella direzione giusta”, dirà il leader di Syriza in un micro press point senza domande, con il presidente del Parlamento europeo, Martin Schultz. Trovare un accordo che accontenti tutti, e che rigetti il più lontano possibile la tentazione di mostrare al mondo un’Europa sempre più dilaniata dalle sue contraddizioni e dal suo stesso peccato originale: un’unione monetaria senza unione politica ed economica.

Tsipras non ha esitazioni, quando si tratta di ricordare ai suoi interlocutori che una soluzione “accettabile per tutti” deve tenere conto anche e soprattutto della volontà del popolo sovrano e del mandato che da esso ha ricevuto il suo governo, oltre che delle regole e degli impegni chiesti dalle entità sovranazionali. Un compromesso, dunque, che punti a “correggere, e non a smantellare, il quadro delle regole europee, che la Grecia vuole continuare a rispettare”, perché solo così, rileva Tsipras, l’Europa potrà davvero fare un passo avanti decisivo verso i suoi cittadini. Insomma, se si vuole evitare la Grexit, l’uscita della Grecia dall’eurozona, ognuno faccia un passo nella direzione dell’altro. Passi che si annunciano probabilmente dolorosi, ma necessari.

E’ lo stesso presidente stabile del Consiglio Ue, il polacco Donald Tusk, succeduto al belga Herman Van Rompuy, ad ammettere che il negoziato salva-Grecia, la cui sede naturale è l’Eurogruppo, sarà “difficile” e richiederà ascolto, dialogo e soprattutto la disponibilità della Grecia “a fare sforzi determinati”. Questo perché si sappia, a partire naturalmente da Tsipras e dal suo governo, che i sacrifici per Atene non sono finiti. “Compromesso”, dunque, significa nessuna flessibilità senza compiti a casa, anche se il premier greco trova una sponda nel governo socialista francese (dopo Bruxelles, Tsipras è volato a Parigi da Hollande) dal cui entourage filtrano dichiarazioni, riportate dal quotidiano le Monde, più o meno simili a quelle del leader di Syriza: “Bisognerà trovare un equilibrio tra il rispetto della scelta democratica fatta dai greci e il rispetto degli impegni presi da ogni Paese dell’Unione”.

Come a dire che la scelta popolare non è poi così marginale nella gestione politica di un’Europa su cui pesa ancora questa strana idiosincrasia ai meccanismi della democrazia diretta. E mentre il portavoce della Merkel fa sapere che la troika non si tocca, perché “ha funzionato bene” ed è dunque “ragionevole” che continui a collaborare con i Paesi in difficoltà, il Ppe scandisce che in Grecia il cammino delle riforme “deve continuare”, altrimenti “i greci si renderanno presto conto che le promesse di Tsipras sono solo bugie elettorali”, mentre il leader degli euro liberali, Guy Verhofstadt, chiede in un tweet “un vero piano di riforme strutturali, prima di qualsiasi accordo”, perché “solo con le riforme e affrancandosi dalla politica clientelare, la Grecia potrà essere davvero competitiva”.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 19:05