Belgio, la jihad  in un Paese pacifico

Una cellula jihadista si preparava ad ammazzare poliziotti a Bruxelles, per strada e in commissariato. Le indagini condotte dalla polizia belga hanno permesso di sgominare la banda a Verviers, prima che potesse colpire. Lo scontro è stato molto duro, nella serata di giovedì scorso: due morti (fra gli aspiranti terroristi) e tredici arresti. Contemporaneamente, in Francia, altri due sospetti dell’attentato al Charlie Hebdo, venivano arrestati.

L’aspetto più preoccupante di questa notizia è che, secondo le autorità belghe, il raid di Verviers non è in alcun modo legato all’attentato di Parigi della settimana scorsa. Si trattava di due cellule terroristiche non coordinate fra loro, anche se mosse dalla stessa ideologia. Le indagini in Belgio sono partite prima dell’attentato in Francia, secondo quanto espone il procuratore Marc Van Der Sypt in conferenza stampa. Quando è scattato il raid delle teste di cuoio belghe, gli jihadisti erano ormai pronti a colpire, il loro attacco era imminente. Nel loro covo sono state trovate uniformi della polizia belga (per permetter loro di mimetizzarsi e attaccare di sorpresa il loro bersaglio), grandi quantità di armi, munizioni ed esplosivi. Quanti morti avrebbero potuto provocare, nel caso avessero portato a termine il loro attentato a Bruxelles, è facile immaginarlo. E’ un aspetto inquietante perché dà la misura dell’intensità di attacco a cui è sottoposta l’Europa, soprattutto da parte degli jihadisti di ritorno dalla Siria e dall’Iraq. Questa cellula avrebbe potuto seminare morte e distruzione nella capitale belga nemmeno ad una settimana dalla strage di Parigi, non ancora ben assimilata, tantomeno digerita dall’opinione pubblica. E’ una notizia che dà l’impressione che, nel nostro continente vi siano tante cellule terroristiche, pronte ad attivarsi e organizzarsi da sole, senza aver bisogno di alcun ordine o coordinamento centrale, pronte a colpire i bersagli da esse stesse decisi. Si tratta dell’evoluzione del micro-terrorismo che abbiamo visto nei giorni prima di Natale. In quel caso i “lupi solitari” usavano auto, asce e coltelli contro civili a caso. Qui sono “cellule solitarie”, più numerose e organizzate, che usano armi da fuoco ed esplosivi, sempre contro bersagli scelti da loro, apparentemente casuali agli occhi di chi dovrebbe difendere la vittima.

L’incapacità di difendersi da questo nuovo terrorismo è dimostrata proprio dal caso francese. Dopo i piccoli attacchi della vigilia di Natale, le autorità avevano dispiegato anche 300 militari, affiancandoli alle forze di polizia, per proteggere luoghi pubblici e possibili bersagli sensibili. Ciò non ha impedito ai fratelli Kouachi di massacrare la redazione del Charlie Hebdo. Dopo la strage, i francesi hanno mobilitato 88mila uomini, fra polizia ed esercito, per dare la caccia ai terroristi e prevenire altri attentati. Nonostante tutto, ciò non ha impedito ad Amedy Coulibaly di prendere ostaggi nell’HyperCacher e fare altre quattro vittime. Questi risultati sono la miglior propaganda jihadista, in Europa e nel Medio Oriente.

Il fatto che i terroristi volessero colpire la polizia di Bruxelles denota anche l’incapacità, per non dire l’impossibilità, di prevenire politicamente (oltre che militarmente) il nuovo terrorismo. Il Belgio ospita istituzioni internazionali, ma non era a quelle che i terroristi miravano. Il Belgio in sé è un Paese di molto basso profilo, non si ricordano molto i suoi interventi all’estero, non si distingue per la guerra contro l’Isis in Iraq e Siria contrariamente alla Francia, non è certo un Paese “imperiale”, come potrebbero essere visti gli Stati Uniti, non è nell’occhio del ciclone mediorientale, come Israele. Il Belgio ha una sola sfortuna, ha commesso un solo “errore”, che ora potrebbe rimproverarsi: ospita una delle più numerose e radicalizzate comunità musulmane d’Europa, concentrata soprattutto ad Anversa e nelle periferie di Bruxelles. Ha dato pieni diritti ai suoi cittadini musulmani ed è stato generoso con gli immigrati, generosissimo con quelli che, fra loro, negli ultimi tre anni, sono partiti volontari per andare a combattere in Siria. Si calcola ne siano partiti 350, il tasso più alto d’Europa in rapporto alla popolazione di un paese.

La vulgata secondo cui la Francia ha incassato l’attacco di Parigi a causa della sua politica interventista era quasi rassicurante nella sua ingenuità: non attaccar briga con Paesi islamici e vivrai in pace, questa era la morale della favola. Il fallito attentato a Bruxelles, invece, dimostra che nemmeno lasciando in pace musulmani locali e paesi islamici all’estero si può avere la garanzia di una vita pacifica. Di fronte a questo nuovo terrorismo, nessuno è realmente al sicuro.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 18:58