Hulagu Khan il condottiero mongolo nipote di Genghis Khan intorno al 1250 formò l’esercito più potente della storia, oltre centomila uomini bene addestrati. Nel 1256 conquistò l’altopiano dell’Iran, ma il vero desiderio del Mongolo era la presa di Baghdad, importantissima capitale del califfato Abbasidi. Nell’inverno 1257 incominciò l’assedio della città. Sebbene Hulagu Khan non fosse musulmano e molti dei suoi soldati fossero cristiani, ebbe paura del giudizio di Dio se avesse abbattuto il califfo musulmano al-Mostàssam. Chiese al califfo la resa, ma questi rifiutò. Verso la fine di gennaio l’imponente esercito mongolo sferrò l’attacco finale sia sulla riva orientale che su quella occidentale del Tigri. I 500 mila uomini di questo incapace e corrotto califfo non seppero difendere Baghdad che cadde il 10 febbraio 1258. I vincitori provocarono un bagno di sangue e incendiarono la biblioteca di Baghdad, all’epoca la più grande al mondo. Rimaneva il problema dell’eliminazione del califfo, il “sostituto” del Profeta. Come versare il suo sangue sulla terra, e non subire l’apocalisse? Per non rischiare, su proposta di un dotto persiano, Nassireddin Tuossi, avvolsero il califfo in un tappeto di lana per farlo morire lentamente. Se fosse arrivato il finimondo, mentre il califfo era in agonia, l’avrebbero liberato. Non successe nulla: il califfo morì e la Persia si liberò da secoli di dominio arabo.
Torniamo ai giorni nostri. I politici di oggi, in ogni parte del mondo, non sembrano all’altezza di quelli della storia; ci accontenteremo. Insomma Barack Hossein Obama, con i suoi 5+1 hanno paura che accada il finimondo se irritano il califfo di Teheran. Rimandano e rinviano la firma del contratto sul nucleare con la dittatura religiosa di mese in mese, di anno in anno. Questo continuo rinvio mette in ombra l’autorevolezza dei governanti occidentali, che per sostenere i mullà hanno calpestato tutti i valori dell’illuminismo e continua a “negoziare”. Il regime dal canto suo ricorre a “negoziare” e reagisce con la repressione interna e fomenta la crisi in Medio Oriente, ma questo lo porta verso la morte lenta. Partiamo con ordine sulla questione nucleare iraniana: i piani nucleari super segreti dei mullà furono svelati nell’agosto 2002 dal movimento d’opposizione al regime. Il 14 agosto 2002 gli esponenti dei Mojahedin del popolo in una conferenza stampa a Washington rivelarono, con documentazione inoppugnabile, i due siti di Arak e Natanz dove si proseguiva a pieno ritmo e in totale segretezza la produzione dell’acqua pesante e l’uranio arricchito. Le varie Intelligence e l’Agenzia internazionale per l’energia atomica dell’Onu solo successivamente hanno confermato le rivelazioni dei Mojahedin del popolo. Il movimento d’opposizione iraniano, per l’amore della sua nazione, ha continuato a svelare i segreti piani nucleari del regime despota, che sono rivelati attendibili. C’è una parte della tifoseria del regime iraniano che sostiene i progetti nucleari dei mullà hanno scopi civili. Lasciamo questi Hooligan (interessati) alle loro grida. L’Iran è il secondo paese possessore di petrolio e di gas naturale e in 35 anni questo regime non ha mai preso un passo in favore della nazione iraniana. Anzi, la bomba nucleare gli serve per aver mano libera nella repressione interna e per poter esportare liberamente le sue crisi. Dall’insediamento di Rouhani, in relazione ai negoziati “seri” sono aumentate le impiccagioni in Iran e la presenza dei pasdaran in Iraq e in Siria.
Nella più totale confusione politica dell’Amministrazione di Obama, incapace di intraprendere una strategia solida volta a stabilizzare il Medio Oriente, si offre un abbraccio alla teocrazia al potere in Iran che si rileva mortale. La proroga dei “negoziati” ha palesato la debolezza della politica estera di Obama e il regime iraniano aveva bisogno della firma dell’accordo per non sprofondare nella crisi economica. La somma di due debolezze ha prodotto una ancora più grande. I 5+1 scongelano 700 milioni di dollari al mese all’Iran che ne perde più di 1000 a causa dell’abbassamento del prezzo dell’oro nero. Al contrario del nipote di Genghis Khan, Barack Obama è meno consapevole delle conseguenze del suo abbraccio mortale coi mullà. Oltre a non avere la levatura storica è anche mal consigliato dai suoi consiglieri “iraniani” a Washington. Ecco perché una firma su una negoziazione civile rimane tuttora un mero miraggio. In ogni caso il regime del velayat-e faghih, se firmerà o no in futuro il contratto sul nucleare, non rinuncerà mai alla produzione delle armi nucleari.
Aggiornato il 01 aprile 2017 alle ore 17:45